“Sei un mostro, mamma! Non dovresti avere figli!”
Dopo il liceo, Giulia lasciò il piccolo paese di provincia per trasferirsi a Milano per studiare. Una sera, uscì con le amiche in discoteca e conobbe Luca. Milanese, bello, i suoi genitori erano partiti per un anno all’estero per lavoro. Giulia si innamorò perdutamente e presto si trasferì da lui.
Vivevano alla grande, i soldi arrivavano dai genitori. Ogni sera tra discoteche e feste in casa. All’inizio a Giulia piaceva quella vita. Non se ne accorse nemmeno, ma finì piena di debiti e assenze alle lezioni, e la sessione invernale andò male, con voti bassissimi. Rischiava di essere espulsa.
Giulia promise di rimettersi in riga e rifare gli esami. Si chiuse sui libri, e quando gli amici di Luca venivano, lei si rinchiudeva in bagno. Alla fine, passò la sessione. Ma cercò di convincere Luca a darsi una regolata. Era al suo ultimo anno, presto si sarebbe laureato.
“Dai, Giuli, viviamo una volta sola. La gioventù passa in fretta. Quando divertirsi, se non a vent’anni?” rispondeva lui, spensierato.
Giulia si vergognava di dire a sua madre che viveva con un ragazzo senza essere sposata. Quando chiamava a casa, mentiva: “Sono sposata, abbiamo fatto il municipale, ma faremo la festa quando i genitori di Luca torneranno.”
Un giorno, a lezione, Giulia si sentì male. Le girava la testa, aveva nausea. Non ricordava il suo ciclo, e con terrore capì che forse era incinta. Il test di gravidanza confermò tutto.
Era ancora presto, e Luca la convinse a fare l’aborto. Litigarono per la prima volta, tanto che lui se ne andò e sparì per due giorni. Giulia era disperata, lo aspettava in lacrime. Quando tornò, però, non era solo. Appeso a lui c’era una bionda ubriaca, che barcollava. Giulia, stanca e nervosa, perse le staffe e iniziò a urlare, cercando di cacciare la ragazza.
“Lei non se ne va! Se non ti piace, vai tu, isterica!” urlò lui, colpendola con un ceffone.
Giulia afferrò il cappotto e fuggì. A piedi, arrivò alla residenza universitaria. Con la guancia gonfia, il mascara sparso sul viso e gli occhi pieni di lacrime, bussò alla porta. La custode, impietosita, la fece entrare.
Il giorno dopo arrivò Luca, chiese scusa, giurò che non l’avrebbe mai più toccata, la supplicò di tornare. Giulia cedette. Per il bambino.
A fatica finì il primo anno. Aveva paura di tornare a casa. Cosa avrebbe detto sua madre? Ma anche restare a Milano era spaventoso. Presto sarebbero tornati i genitori di Luca, e lei con la pancia, un disastro.
Quando arrivarono, il padre di Luca, scoprendo che Giulia era di provincia e appena al secondo anno, iniziò un discorso sgradevole. Offrì dei soldi perché se ne andasse e lasciasse in pace suo figlio.
“Pensaci, che padre sarà? Pensa solo a divertirsi. E poi, chi ti dice che è davvero suo? Ti do un bel po’ di soldi. Prendili e torna dai tuoi. Fidati, sarà meglio per tutti.”
Giulia si sentì umiliata. Vorrebbe sprofondare dalla vergogna. Luca non la difese, ascoltava in silenzio. Lei rifiutò i soldi, ma poi se ne pentì. Prese le sue cose e tornò dalla madre.
Quando la madre la vide con la pancia sulla porta, capì tutto.
“Perché sei sola? Immagino che non ti sia sposata, no? Quel milanese si è divertito e ti ha cacciata?” disse, senza farla entrare. “Ti ha dato almeno dei soldi?”
“Mamma, come puoi dirlo? Non voglio i suoi soldi!”
“E allora perché sei tornata da me? Noi due qui già vivevamo stretti. Pensavo che avessi vinto il biglietto d’oro, sposata con un milanese, una vita felice. E invece torni incinta. E dove staremo in quattro, con un bambino?”
“Perché in quattro?” chiese Giulia, confusa.
“Perché mentre tu facevi la bella vita a Milano, io ho trovato un uomo. E allora? Non sono vecchia, anch’io voglio un po’ di felicità. Ti ho cresciuta da sola, senza pensare a me. Ora posso vivere per me. È più giovane. Non voglio che ti guardi.”
“Dove devo andare, mamma? Devo partorire presto…” mormorò Giulia, trattenendo le lacrime.
“Torna da tuo marito. O chiunque sia. È lui che ti ha messo incinta, che si prenda cura di voi.”
La madre era irremovibile. Nessuna pietà, nessuna compassione nei suoi occhi. Non erano mai state vicine, ma ora sembrava di parlare con un’estranea, non con sua madre.
Giulia prese la borsa e se ne andò. Si sedette su una panchina e pianse. Dove poteva andare? Se nemmeno sua madre la voleva, chi l’avrebbe accolta? Per un attimo pensò di buttarsi sotto una macchina, ma il bambino dentro di lei si mosse, come se sentisse qualcosa. Non ebbe il coraggio di farlo morire.
“Giulia?” una voce la interruppe. Alzò gli occhi, ma le lacrime le impedivano di vedere bene.
“Sono io, Sofia. Andavamo a scuola insieme. Perché piangi?” Sofia si sedette accanto a lei e notò la pancia. “Sei incinta?”
Giulia scoppiò in lacrime e le raccontò tutto.
“Senti, vieni da me. I miei sono in campagna fino all’autunno. Puoi stare da me per un po’, non puoi dormire per strada. Poi vedremo.”
E Giulia accettò. Dove poteva andare? Le gambe cedevano dalla stanchezza e aveva fame.
“Mettiti comoda. Non essere timida,” disse Sofia, portandola in casa.
Giulia si lasciò cadere sul divano, stanca. Sofia corse in cucina.
“Ti faccio da mangiare. Sto facendo il tirocinio in ospedale. Studio per infermiera,” disse dalla cucina. “Ho sentito che studi a Milano?”
“Studiavo,” mormorò Giulia, chiudendo gli occhi.
Due giorni dopo, Sofia tornò dal lavoro tutta contenta.
“C’è una signora anziana nel mio reparto, non cammina dopo un ictus, ma è lucida. Oggi è venuta sua figlia, ma non la vuole a casa. Dice che abita in un’altra città, il marito non vuole. Vivono stretti con tre figli. Ha chiesto se troviamo qualcuno come badante. Ho pensato subito a te. Vuole vederci dopo le cinque.”
“Le hai detto che presto partorirò?” chiese Giulia.
“No,” ammise Sofia. “Ma andiamo comunque. Non si è presentato nessun altro. E cerca di non far notare troppo la pancia. Vedrai, ti prenderà.”
“Cosa? Come posso badare a una donna anziana incinta? Devi girarla, lavarla, cambiarla…”
“Ti insegnerò io. Non devi lavarla ogni giorno. Verrò ad aiutarti. Giulia, è la soluzione migliore. Avrai un tetto, e lei è tranquilla.”
“E quando partorirò? Come farò con un neonato e lei?”
“Quando sarà ora, penseremo. Io ti aiuterò. Dai, andiamo.”
Giulia aveva paura, ma se Sofia l’avesse sostenuta, poteva provarci. Almeno avrebbe avuto un posto dove stare.
Una donna corpulenta e scontrosa le accolse. Osservò Giulia da capo a piedi.
“IncintaAlla fine, dopo anni di sacrifici, Giulia trovò la forza di perdonare sua madre, ma questa volta fu lei a decidere i confini del loro rapporto, costruendo una vita serena per sé e per la piccola Alina, circondata dall’affetto sincero di Sofia e dalla memoria dolce della signora Anna che le aveva lasciato non solo una casa, ma anche una seconda famiglia.