Addio, la mia adorata suocera
Oggi è tornato di nuovo via! – esclamò Antonia Morosini, sistemando nervosamente i dolci al burro con i petali di zucchero su un vassoio. – Be’, possiamo bere il the o provare il mio amaro?
– Mamma, che amaro alle otto del mattino? – rise Sofia, ma gli occhi brillarono. – Comunque, per questa volta forse si può, visto che è una giornata speciale.
– Certo che è speciale! – Antonia alzò le braccia in un gesto teatrale. – Non ci vedevamo da sei mesi!
Luca, accanto alla finestra, sbuffò. Bene, né la suocera né la moglie avevano notato. Dalle prime luci del giorno avevano viaggiato da Roma fino a questo paesino in Toscana. Sofia, per rivedere la madre tanto attesa, lui, per adempiere al dovere coniugale. Antonia li accolse come figli perduti, trafitti da mille abbracci e commenti.
– Mamma, ti ho portato souvenir – disse Sofia, frugando nella borsa.
– Aspetta col souvenir! Guarda com’è dimagrita, invece! Luca, non la tiri a sufficienza?
Luca emise un gemito strozzato e fece un sorriso obbligato:
– La tengo idratata e nutrita. Tre pasti al giorno, precisi come orologi, come si deve.
– Bravino! – Antonia gli dette una spinta alaria. – E te invece, non ti fa abbronzare mai la sposa? Comunque, largo a te, sposino, tanto l’altro è un lodro incallito!
Mentre la madre scompariva in cucina, Sofia gli si avvicinò e sussurrò:
– Luca, per favore non iniziare… Solo una settimana, reggiti!
– Una settimana? – Esaminò il soffitto. – Avevamo detto solo weekend! Oggi sabato, domani domenica e via!
– Ti prego, è il sogno della mamma… Ha programmato tanto, – Sofia aveva le lacrime agli occhi. – Puoi lavorare da remoto, l’hai detto anche tu.
Giuseppe Morosini uscì dal corridoio, trascinando una cesta.
– Sposino caro, vieni, andiamo a pescare!
Luca sorrise, pregando di poter sfuggire alla suocera. Giuseppe era un tipo buono e sobrio, diverso da sua moglie.
– Con piacere! – si massaggiò le mani, come se volesse affrontare l’avventura.
– Ma che pescare?! – Antonia tornò con un vasetto d’amaro e bicchierini. – Dovete rilassarvi dopo il viaggio!
– La migliore ricarica è un cambio di ambiente – disse Giuseppe, freddo. – Siamo vicini, due ore al massimo. Sofia ti darà un aiuto, e torneremo a pranzo, come nuovi!
Luca iniziò a sentire un freddo gelido nel petto. Non vedeva l’ora di sottoporsi a qualcosa di diverso. Ma non era destino.
– Parlate, parlate, fa’ pure di me quel che vuoi. Poi vai pure ai poli, – lo blandì Antonia.
Giuseppe alzò le spalle e disse piano: – Non ti preoccupare, proseguiremo noi.”
Seduti intorno al tavolino di legno laccato, i movimenti di Luca si fecero sempre più rigidi.
– Ricordi quando avevi dieci anni, cara, e facevi quelle poesie per la festa di scuola? – Antonia si mise a scavare nel passato.
– Certamente, mamma – Sofia sorrise. – Ero seconda.
– Prima! – la corresse Antonia. – Seconda fu Maria Rossi, perché la sua madre era amica del preside.
“Eccoci,” pensò Luca, tracannando un sorso del vino amaro. Tecnicamente non era l’amaro, ma un vino dolce locale. Era quasi bello. “Conto fino dieci, come mi diceva quel Counseling Club,” pensò.
– E pensa a quando facevi l’università… Quel vestito color zafferano che ti feci cucire da me con tanti pizzi…
– Era bellissimo… – disse Sofia, docile.
– No, era bordeaux! – Antonia la corresse con enfasi. – Non avevi dimenticato nemmeno questo?
Luca contò fino a venti. Giuseppe si era limitato a leggere il giornale, girandolo tanto. Luca si stava chiedendo se l’altra suocera avesse mai dato di volta all’aria.
– Ma quando ci regalerete dei nipoti? – Chiese Antonia improvvisamente, come una mazza. Luca quasi si strozzò.
– Mamma, lo sappiamo… Siamo contenti, ma aspettiamo di sistemare casa…
– Aspetta, aspetta! – la madre lo interruppe. – E chi ci pensa ai figli allora?
– Ieri – disse Luca, d’un tratto. – Ieri ho capito che merita il meglio.
“Ecco, adesso l’inferno,” pensò. Antonia lo guardò con aria severa:
– Voi uomini siete fatti diversi. Loro possono aspettare, ma la donna ha un orologio dentro!
– Sofia ha solo venticinque anni – disse Luca, calmo. – Abbiamo tempo.
– Tempo?! – La madre alzò le braccia. – Io avevo la tua età quando avevo Sofia! A tre! Ne ho ventitré adesso!
Giuseppe si alzò improvvisamente. “Andate voi due a prendere aria fresca” disse. Luca guardò Sofia, che sembrava implorarlo con gli occhi. La madre non si poteva controllare.
Il fresco era davvero bello. Luca inalò aria pulita, lontano da Torre Mordore.
– Non lascerò che ti stressi – disse Giuseppe, mentre camminavano insieme.
– Ma come fate voi due? – chiese Luca. – Lei vi rompe la testa tutti i giorni?
– Io esco – disse Giuseppe. – Al garage, in campagna… Ha il suo, noi il nostro. Così siamo felici.
A pranzo tornarono, e Antonia fu disgustata per il pesce.
– E questo? – sbraitò. – Mia madre avrebbe riso: questo è per la gatto!
“Comunque, Sofia sembrava stanca. Forse anch’io diventerò così,” pensò Luca, cupo.
Il pomeriggio fu un giretto in casa per rivedere i nuovi arredi. Antonia spiegò che aveva spostato qua e là i mobili in modo “più moderno”. Luca guardò fuori e vide Giuseppe smontare qualcosa da un mobile. “Il suo paradiso,” pensò.
A cena si mangiò tutto: pasatelli in brodo, insalata di farro, formaggi locali e un quarto di pizza con gli oli, davanti al fuocherello acceso.
– Luca, perché non mangi? In città mangerete solo quell’insalata di fast food?
– No, è buono qui – disse, ostinato. – Sofia cucina bene.
– Certo, ma non certo come me. Tantopiù che non ha tempo per… Là ha sempre lavoro.
Sofia guardò Luca con occhi indagatori. Ma lui sapeva. In fondo anch’io mi rifiutavo.
La notte lui e Sofia si accordarono, come toddler.
– Perdonami – sussurrò lei. – Non pensavo che sarebbe stato così difficile.
– Ce la faremo – disse Luca, abbracciando Sofia. – Giuseppe dice che domani andiamo a pesca, lungo il Lago di Monticchi.
– Se la mamma non ci fa andare…
– Allora andiamo senza chiedere.
La mattina seguente lo stratagemma quasi funzionò. Quando stavano per uscire, Antonia li bloccò in vestaglia.
– Dove andate all’ora questa?
– A pesca – disse Giuseppe, composto.
– Ma la mia figlia è appena arrivata!
– Mamma, siamo solo per due ore – Sofia si abbassò in viso.
– Due ore?! Bene, allora Sofia si sieda qui a prendere schwitzgurgel.
“Ecco, ci siamo,” pensò Luca. Sofia gli lanciò una garza testuale. “Per favore vai,” gli disse.
Il lago era meraviglioso. Giuseppe si rivelò un buon compagno.
– Perché non ti trasferisci qui? – chiese Luca quasi a bruciapelo.
– No, ho la mia vita qui. Il barista, il vino, il dottore… La Tosa è antisport. Non è mica male.
Era difficile capire il contento di Giuseppe.
Tornati, trovarono Sofia in lacrime sul divano. Antonia non faceva che brontolare.
– Che succede? – chiese Luca.
– Niente… Non so… mamma…
– I neonati? – indovinò Luca. Sofia annuì.
– Forse domani ce ne andiamo – propose, piano.
– No, – disse. – Ti sgriderebbe per mesi.
Era giusto.
Ma in serata successe il miracolo. Il pasto fu rotto dal litigio che Luca aveva cercato di evitare.
– Hai visto Maria? – disse Antonia, improvvese. – Ha due figli ormai e nemmeno brontola per conti o lavoro.
– Mamma, non mi brontola niente – disse Sofia, schiva.
– Fasullità! Ti inventi sempre qualcosa!
– So che non ne abbiamo, ma… – Luca si alzò. – Sofia e io abbiamo provato. Si stiamo vadosi visiti, terapia… Non ci siamo riusciti.
La stanza si fece un po’ troppo tranquilla. Antonia si bloccò. Giuseppe smise di masticare. Sofia si nascondeva tra le mani.
– Perché… perché non me lo hai mai detto? – disse Antonia a voce bassa.
– Perché non permetto a nessuno di rompere la pace a casa nostra – disse Luca. – Sai che succede dopo? Sofia si mette a piangere, e peggiora.
– Luca, ti prego… – tentò Sofia, ma lui proseguì.
– Scusa, mammina, – si rivolse a lei. – Non puoi costringerla a pensare a quei dettagli quando ogni domanda tua la ferisce.
Silenzio. Antonia si sedette, e fu la prima volta che Luca vide una ruga che le scavò il volto.
– Non lo sapevo – disse lei, piano.
– Perché non vendevi mai parlarmi di queste cose? – Sofia singhiozzò.
– Perché non volevo rovinarti il sogno – disse, stringendole la mano. – Pensavo che, magari, ci saremmo riusciti…
“Va tutto bene,” disse Giuseppe, con voce soda. “La vita ha premuri per voi. Resterete bene, credimi.”
Mise una mano sulla spalla seria della moglie. Sorprendentemente, Antonia non si mise a protestare. Andò in cucina, e Luca la vide con gli occhi lucidi.
La sera successiva, trovò Sofia e sua madre in cucina.
– Perdonami, figlia mia – disse Antonia. – Io, davvero, non sapevo…
– Va tutto bene – disse Sofia, asciugandole la guancia. – Prometti che non lo chiederai più, va bene?
Antonia annuì, e Luca vide gli occhi dolci.
Gli altri giorni passarono tranquilli, quasi non credibili. Antonia preferì fare mille pietanze, ma parlava meno e si preoccupava meno. Era più matura, più tenera.
Lasciarono Castellina con un abbraccio faticoso. Forse il primo vero momento che avrebbe potuto chiamare un ricordo tenero.
– Addio, adorata suocera – scherzò Luca.
– Addio, sposino – Antonia sorrise. – Tienila bene.
Sul treno Sofia rimase in silenzio, guardando il paesaggio. Poi gli si avvicinò.
– Ti ringrazio.
– Per cosa?
– Per aver detto la verità. Penso che abbia capito… davvero.
Luca la strinse.
– Sai qualcosa? Pensavo di odiarla, ma forse era solo una nonna che non sapeva ascoltare.
Sofia rise piano.
– E ti chiede se vuoi lo spuntino, ma non urla più.
– Anche per me – disse lui. – Mi ha detto che non verrà più senza invito e non si fermerà per più di due giorni.
“Un miracolo,” pensò Luca. Le cose si stavano sistemando. L’aria di Roma era diversa, pulita. Forse c’erano persone a cui il cuore impara a perdonare.
Qualche mese dopo, Sofia telefonò. Teneva in premura il telefono con gentilezza.
– Mamma… credo che avrai presto un nipote.