La suocera ha tradito mio figlio — da quel momento è diventato un’altra persona

La nuora ha tradito mio figlio — e da quel giorno è diventato un’altra persona.

Non so come tirarlo fuori da questo abisso. Non so come aiutarlo, mentre il cuore di una madre si spezza dal dolore e dall’impotenza.

Mio figlio, Matteo, è nato da un amore vero, forte. Io e suo padre gli abbiamo dato tutto: energie, tempo, speranze, la nostra gioventù. Lo abbiamo cresciuto onesto, gentile, empatico. L’unica cosa che desideravamo era vederlo crescere, trovare una brava ragazza, fare una famiglia e regalarci dei nipotini. Una piccola felicità umana, niente di più.

Ma è andata tutto storto.

Tre anni fa, quando Matteo aveva solo diciannove anni, si è legato a una donna che poteva quasi essere sua sorella maggiore. Divorziata, con un figlio, una vita complicata e, come si è capito dopo, un carattere ancora più difficile.

Anche ora non riesco a ricordare con calma il momento in cui ho scoperto che non poteva avere figli. Mio figlio mi disse: «Mamma, non illuderti. Non ci sarà nessun miracolo». Mi è mancata la terra sotto i piedi.

Ho vagato per casa in lacrime, supplicando mio marito di parlare con Matteo. Lui restava in silenzio, fumando una sigaretta dopo l’altra. Poi disse: «Se ci opponiamo, lo perderemo». Ci siamo arresi. Ho ingoiato il mio istinto di madre e ho accettato quella donna… per amore di mio figlio.

Ma era troppo furba. Occhi vispi, astuta. Più di una volta l’ho beccata a flirtare con altri, ho notato conversazioni sospette, sparizioni strane. Ma con Matteo era dolce, remissiva, gli sorrideva, gli accarezzava la guancia. E lui le credeva. A lei, non a me. Alla sua stessa madre, no, ma a lei sì.

Un giorno io e mio marito stavamo per andare a trovare degli amici in un paese vicino. Eravamo già alla stazione degli autobus quando mi sono accorta di aver dimenticato i biglietti a casa. Sono corsa indietro di fretta. E all’improvviso ho visto: davanti a casa c’era un’auto che non riconoscevo.

Non ho suonato il campanello. Avevo le chiavi in borsa, così sono entrata in silenzio, quasi senza fare rumore. Come se il cuore sapesse già che avrei trovato qualcosa di terribile.

In camera da letto, sul nostro letto, c’era lei. Con un tizio che, come ho scoperto dopo, era uscito dal carcere solo una settimana prima. Tutto il paese già si pentiva del suo ritorno. E lei se l’era portato a casa. Nella casa dove vive mio figlio. Sono rimasta di pietra.

Sapevo che se glielo avessi raccontato, Matteo non mi avrebbe creduto. Così ho mentito. L’ho chiamato al lavoro — faceva il barista in un caffè lì vicino — e gli ho detto che ero davanti alla porta, avevo dimenticato le chiavi. Che venisse ad aprirmi. Volevo che vedesse con i suoi occhi cos’era diventata colei che aveva chiamato sua moglie.

È arrivato in fretta. Ha aperto la porta, è entrato… e basta. Non una parola, non un urlo. È diventato rosso, si è seduto per terra e ha pianto. Come un bambino. Come quel piccolo che cullavo tra le brazie. Ripeteva solo: «Perché…?»

Da quel giorno non è più lo stesso. Come un’ombra. Non ride, non scherza, non parla. Cammina come sott’acqua. Lei vive ancora con lui. Continua a pavoneggiarsi, a mentire, a fingere che non sia successo niente. E lui… sembra morire lentamente.

A volte mi chiedo: forse ho sbagliato ad aprirgli gli occhi? Forse sarebbe stato meglio se fosse vissuto nell’illusione? Ma poi penso che non merita una bugia del genere. Nessuno la merita. Che soffra, ma almeno sappia la verità. Che faccia male, ma sia autentico. Perché essere traditi e non saperlo è cento volte peggio.

Tutto quello che voglio adesso è che mio figlio torni a vivere. Che riesca a lasciarla andare. Che trovi qualcuno di vero. Perché lui è buono, sincero, degno. E non l’ho cresciuto per vederlo soffrire mentre una donna con l’anima sporca gli calpesta il cuore.

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