Salve a chiunque legga queste righe. Mai avrei immaginato di ritrovarmi in una situazione dove il dolore ti assale con tanta forza da toglierti il fiato. Sentivo il bisogno di sfogarmi, forse qualcuno mi capirà, o forse la mia storia servirà da monito a chi la leggerà.
Mi chiamo Giulia, ho 45 anni. Con Massimo abbiamo vissuto insieme quasi un quarto di secolo – ventiquattro anni, pieni, o almeno così credevo, di amore, rispetto e sostegno reciproco. Abbiamo affrontato tante prove: le difficoltà dei primi anni di vita insieme, le notti insonni con i bambini, il mutuo, le malattie dei genitori. Ma tutto ciò lo abbiamo superato fianco a fianco. Ero convinta che lui fosse la mia roccia, il mio destino.
In tutto quel tempo, Massimo non mi aveva mai dato ragione di dubitare di lui. Non era perfetto, ma lo amavo così com’era. Mai ho controllato il suo telefono, mai fatto domande. Ero certa che il nostro matrimonio si fondasse sulla fiducia. Quanto mi sbagliavo…
Circa un mese fa, avevamo deciso di andare a trovare i suoi genitori in campagna – solo un paio di giorni, per staccare. All’ultimo momento, lui cancellò, dicendo di avere un lavoro urgente. Io non insistetti. Presi i ragazzi e partimmo. Ma la domenica, mia figlia si annoiò e insistette per tornare prima. Ripartimmo al mattino. Non potevo immaginare che quella decisione avrebbe cambiato la mia vita.
Quando entrammo in casa, all’inizio non capii cosa stesse succedendo. La porta della camera da letto era socchiusa, da dentro venivano suoni strani. Spinsi la porta e… Mio Dio. Sul nostro letto – quello stesso dove erano nati i nostri figli, dove ci addormentavamo tenendoci per mano – lui non era solo. Accanto a lui c’era una ragazzina. Una vera ragazzina, diciotto anni forse. Ancora oggi non so come non mi sia venuto un mancamento. Lei balzò su, afferrò i suoi vestiti e fuggì senza dire una parola. Massimo era paralizzato, non tentò nemmeno di giustificarsi.
Mio figlio, vent’anni appena, gli si avventò contro con i pugni. Solo a fatica riuscimmo a trattenerlo. Mia figlia, studentessa universitaria di ventidue anni, urlò che per lei non era più suo padre. Lo misero alla porta. Più tardi seppi che si era rifugiato in qualche albergo. Io… Io restai seduta in cucina, incapace di credere che tutto ciò stesse accadendo davvero a me.
Quello stesso giorno avviai le pratiche per il divorzio. Non potevo, non volevo più condividere nemmeno l’aria che respiravamo, figuriamoci la casa. Come aveva osato portare un’estranea – una bambina, praticamente! – sotto il nostro tetto? Nella nostra camera? Mi sentii sporca. Tradita. Non solo io, ma anche i ragazzi. Con un solo gesto, aveva distrutto la nostra famiglia.
Scoprii dopo che quella ragazza era più giovane di nostra figlia. Potete immaginare? Massimo ne ha quarantaquattro. Cosa gli era preso? Crisi di mezza età? Pazzia? O forse era sempre stato così, e io non avevo voluto vederlo?
Rivivo ogni istante degli ultimi anni. Non era felice? Viaggiavamo insieme, passavamo i weekend in compagnia, guardavamo film, cucinavamo l’uno per l’altro. Mi diceva sempre che mi amava. E io credevo. Ora capisco: le parole non contano nulla, se poi uno è capace di un tradimento simile.
Ogni sera mi addormento con un nodo in gola. A volte un tremito improvviso mi scuote quando rivedo quella scena in camera da letto. Non servono le lacrime, non le chiacchiere con i ragazzi, non le amiche. È una ferita che non si rimargina.
I figli hanno rifiutato ogni contatto con lui. Sono il mio unico sostegno. Ma vedo come soffrono. Non riescono a capire come un padre possa fare questo non solo a me, ma anche a loro. Gli ha portato via la famiglia. E tutto per cosa? Per una trombata con una ragazzina che fra qualche mese non ricorderà nemmeno il suo nome?
Non so come andare avanti. Tutto quello che sembrava solido è crollato. Mi sento persa, vuota. Non avrei mai pensato di essere una di quelle donne i cui mariti scappano con ragazzine. Credevo che il nostro fosse diverso. Ma ahimè, per quanto possa amareggiare, niente in questa vita è per sempre.
A volte mi guardo allo specchio e mi chiedo: dove ho sbagliato? Perché il destino mi ha colpita in questo modo? Ho fatto di tutto per essere una buona moglie, madre, padrona di casa. Mi sono data senza riserve – alla famiglia, alla casa, a lui. E questo è il mio premio.
Non so se un giorno riuscirò a perdonarlo. Probabilmente no. Ma una cosa la so per certo: sopravviverò. Per me. Per i miei figli. Per dimostrare che spezzare una donna è facile, ma il suo spirito no. E le lacrime non aiutano davvero. Ma purificano l’anima. E un giorno, tornerò a sorridere.
Che sia l’inizio di una vita nuova. Senza bugie. Senza tradimenti. Una vita in cui io sono la protagonista.