La suocera non sopporta il genero.

Caterina non tollerava il figlio di sua figlia. Un ragazzone di provincia, di modi rozzi e ignoranti, faceva il camionista e di sera si chiudeva in camera a giocare a FIFA su PlayStation. Fece di tutto per tenere lontano Alessia da uno simile, ma lui aveva usato l’arma più vecchia e crudele: le aveva messo un figlio in pancia.
A quel punto non c’era più nulla da fare. Caterina aveva visto abbastanza soap opera da sapere che se avesse buttato via la ragazza dal grembo, avrebbe perso persino i nipoti. Così si risposero in fretta. Lui, per di più, propose di portarla in un appartamento affittato, pensa un po’! L’aveva sistemata accanto a sé, nella stanza più grande dell’appartamento di famiglia.
– Figlia mia, che fa di nuovo quel tuo Vincenzuccio con i suoi playstation, eh? – bofonchiò Caterina, inquieta. – Tu sei tutta la giornata con Giulia, dài, faresti bene a riposarti un po’!
– Mamma, lui si sgranchisce la mente così. Poi va a mettere a dormire Giulia, non tormentare mai lui, – borbottò la figlia. – Però smettila di pestargli i piedi.
No, non era poi così brutto, quel Vincenzo. Caterina dopo dieci anni che era vedova sapeva appena sostituire una lampadina. Lui aveva aggiustato tutti gli armadietti della cucina, messo un rubinetto nuovo, non parlare poi delle altre faccende da uomo. Ma meglio vivere con scaffali che non chiudono che permettere che il povero forestiero si appropri di quel loro appartamento tripletto. Aveva pure rovinato la carriera della figlia: Caterina aveva sempre sognato di diventare una ballerina e non ci era riuscita, ma Alessia aveva un talento puro per la danza. Ora, dopo il periodo di maternità, le toccava insegnare ai corsi della scuola di ballo parrocchiale. No, era proprio un malefico, quel Vincenzo, un malefico.
Eppure il genero sembrava non accorgersi del suo disprezzo. Camminava chiamandola “mamma”, credeva forse di averne una?
– Mamma, sei bravissima a cucinare! – le diceva ogni volta, lodando qualsiasi zuppa o stufato. A Caterina faceva pena: la sua cotoletta era di carne selezionata, mentre lui si beccava dell’arrosto di pollo con pane vecchio battuto.
– Sai, c’è chi davanti al computer guadagna veramente i soldi, – gli disse un giorno, servendogli minestra: densa per Alessia, acquosa per lui. – Guarda il figlio del nostro vicino, Luca, fa il programmatore.
– Anch’io ci avevo provato a fare l’informatico, – rispose Vincenzo, addentando un pezzo di pane secco pescato da chissà dove. – Ma poi mi hanno bocciato.
– Hai saltato le lezioni, – lo acchiappò Caterina. – A giocare ai playstation.
– Eh, mamma! – intervenne Alessia. – Vincenzo di notte lavora, tanto deve campare. Gli ho detto di iscriversi a distanza, ma non vuole.
– Capito, per lui pensare è un peso, mentre girare la manetta son troppi anni che ci sa fare, – commentò Caterina.
La figlia la zittì con un’occhiata, e Caterina se ne andò nel suo studio con un certo orgoglio.
Più dello stesso genero, Caterina non sopportava però la sua famiglia, incontrata solo una volta al matrimonio, e bastava. Così quando Vincenzo, chinando gli occhi, le disse che i genitori volevano venire a trovarli per un giorno, stava quasi per svenire: quel che mancava!
– Che stanzino albergo prendano, – decretò senza appello.
– Gliel’ho detto anch’io, – fece Vincenzo. – Ma hanno detto che per cena vorrebbero fare una visitina, presentarsi meglio.
Caterina stava per negare, quando Alessia, per antico rito familiare, intervenne:
– Che bello! Farò dei dolci, un rotolo al sesamo e voi fate quel ragù speciale!
Caterina sospirò: come poteva dispiacere alla sua figlia? Forse il latte materno era già finito…
– Va bene, – borbottò. – Passi a cena.
Come ipotizzò, i visitatori risultarono rumorosi e volgari, non portavano neppure un dono per Giulia e facevano commenti sarcastici sul costo delle camere d’albergo, oltre a elogiare l’ampiezza dell’appartamento dopo un’occhiata fugace.
Durante il pasto, la suocera di Vincenzo, osservando Caterina mentre gli faceva il riso con la carne, disse inaspettatamente:
– Suocera, non gliene dia troppi! Mangia come il diavolo. Lo abbiamo portato via dalla casa famiglia, e fino allora non faceva che divorare. Non pensava nemmeno alle sue sorelle che si avanzavano!
Caterina si scompì e passò lo sguardo tra Vincenzo, la suocera e infine la figlia. Alessia aveva smesso di mangiare e aveva lo stesso palese stupore.
– Non mi avevi mai detto nulla, – la esclamò la figlia.
– Ecco! – urlò la suocera. – Ecco l’ingrato! Lo abbiamo allevato, abbiamo strappato i pezzi di pane dal nostro cuore, e lui un bel giorno è scappato. Ha pensato di studiare, no? Gliel’abbiamo levata questa idiozia in fretta. Gli abbiamo ricordato quanti soldi abbiamo investito in lui, e soprattutto avevamo bisogno di far crescere le nostre figlie. Così lui è andato a lavorare: grazie a lui, una l’abbiamo sistemata, e adesso siamo qui a sistemare l’altra.
Caterina non fece dormire i visitatori. Aspettò che Alessia portasse a dormire Giulia e fece chiamare Vincenzo.
– E allora perché hai mollato gli studi a causa loro, eh? – gli chiese, indicando sprezzantemente la porta.
– Mamma, non parli male loro, – pregò Vincenzo. – Mi hanno adottato, mi hanno dato una casa, mi hanno riempito la pancia. Mai mangiato così bene! – ci fu una pausa, e aggiunse: – Ora che ci penso, però lei cucina meglio, davvero.
– E gli studi li volevi fatti da solo? – lo incalzò Caterina con sospetto.
– Sì, sì, volevo, – rispose Vincenzo. – Ma dopo dovevo far studiare la sorella, adesso invece ho Alessia e Giulia da far mangiare.
– Capito, – disse lentamente Caterina, rientrando nella sua stanza.
Da allora, la cotoletta del genero fu uguale a quella di Alessia. Una settimana dopo, Caterina, con uno sguardo neutro tornò a fare una frase casuale:
– Vincenzo, ho sistemato: ti assumeranno come amministratore. Ti sai regolare coi computer?
– Certo, sì… – balbettò lui.
– Perfetto. Sarà più o meno lo stesso stipendio, e avrai più tempo. Unica condizione…
– Sono d’accordo, – lo interruppe subito Vincenzo. – Sono d’accordo su tutto!
– Ti iscriverai e seguirai gli studi, – concluse Caterina.
Alessia si lanciò ad abbracciarla, e commosse disse:
– Mamma, sei la migliore!
– Ora cucino persino meglio di prima, – riconobbe Vincenzo.
Caterina strinse le spalle, fingendo che nulla fosse, ma dentro si chiese: no, magari non era così brutto, quel Vincenzo…
Ciao, tristezza! Che strano sogno…

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