Cuore di ghiaccio

Non unanima, ma un pezzo di pane secco

A Beatrice stava per compiere quindici anni quando i genitori le annunciarono che presto avrebbe avuto una sorellina o un fratellino. Scalciò e urlò.

“Mamma, perché vogliamo un altro figlio in famiglia? Avete deciso di fare un bambino alla vostra età? Io non vi basto più?” si infuriò la ragazza, sapendo che sarebbe arrivata una concorrente, e che da quel momento i genitori non avrebbero dedicato tempo e soldi solo a lei.

Fino a quel momento, il padre e la madre avevano soddisfatto ogni suo capriccio, ma ora improvvisamente parlavano di culle, passeggini e vaschette per il neonato. Che importanza avevano quelle cose, se Beatrice aveva bisogno di nuovi stivali?

Voleva vestirsi bene. Non era proprio una bellezza: grande, spigolosa, con lineamenti marcati. Ma credeva che vestiti eleganti potessero compensare, rendendola più attraente. Si agghindava per nascondere i suoi difetti e spremeva i genitori, che cedevano sempre. Larrivo di una sorellina avrebbe rovinato la sua vita.

Nacque la piccola Sofia. Beatrice non era affatto contenta di vederla. Sofia era una bambolina, con occhi azzurri e capelli biondi ricci. Già a pochi mesi cercava di aggrapparsi alla sorella maggiore, ma Beatrice la scacciava.

“Mamma, prenditi la tua Sofia, mi dà fastidio!”

Passarono gli anni, e Sofia crebbe diventando una vera bellezza. Beatrice rimase una ragazza comune di paese, senza pretendenti. Dopo le scuole, trovò lavoro come postina, consegnando la posta nel villaggio.

A diciannove anni, Sofia si innamorò perdutamente di Luca, un ragazzo venuto in paese per un tirocinio. Dopo una breve storia, lui sparì, lasciandola incinta.

“Tienilo,” disse la madre, “ormai non cè altro da fare. Io e tuo padre ti aiuteremo.”

Sofia partorì un maschietto, Matteo. Ma dalla sorella maggiore si sentì dire di tutto.

“Sei sempre stata una sognatrice, Sofia. Lamore? Non esiste. Guarda me, io non ci credo, e per questo non mi sono fatta ingannare come te. Tu vivi nella tua bolla, e ora ti tocca patire con quel…” Fece un commento sgarbato sul figlio di Sofia. “Nessuno ti ha mai insegnato niente, mamma e papà ti viziano insieme a Matteo.”

Beatrice non provava rimorso per nessuno. Ogni giorno rimproverava Sofia per aver avuto un figlio senza marito, ma lo faceva quando i genitori non potevano sentirla. Una volta le disse:

“A che ti serve questo Matteo? Sarebbe stato meglio lasciarlo allospedale, visto che non hai avuto il buonsenso di sbarazzartene prima.” Sofia scoppiò in lacrime.

La giovane madre voleva scappare di casa, pur di non sentire più quelle parole. Ma dove sarebbe andata? Senza soldi, senza marito. Fu allora che Beatrice annunciò di volersene andare in città.

“Ne ho abbastanza di voi. Me ne vado e vivo da sola.”

Finalmente aveva deciso di staccarsi dai genitori. Non aveva una professione, ma ormai la rabbia la divorava: tutta lattenzione andava a Sofia e Matteo, mentre lei superava i trentanni senza un uomo. Sperava di trovarne uno in città, magari più anziano.

Arrivata nel capoluogo regionale, lesse gli annunci di lavoro. Scoprì che poteva lavorare in edilizia e ottenere persino un alloggio, almeno una stanza in un dormitorio. Ci provò. Era forte, trasportava secchi di malta senza fatica. Imparò a intonacare. Diventò avida, accettando lavoretti in nero. Si dimenticò dei genitori, ormai aveva la sua vita. Se qualcuno le chiedeva di loro, rispondeva:

“Mi hanno ferita, me ne sono andata. Ora possono mordersi i gomiti. Guadagno da vivere e me la passo bene. Credono che li aiuterò da vecchi? Si sbagliano.”

“Beatrice, non hai unanima, ma un pezzo di pane secco,” le dicevano. “Come puoi parlare così dei tuoi genitori?” Non sapevano cosa fosse successo, ma capivano che era meglio non contrariarla.

A lei piaceva dare la colpa ai genitori per la sua sorte, e nessuno osava contraddirla. Per ora non pensava a una famiglia. Non aveva ancora incontrato luomo giusto, ma sognava uno con i soldi. Non un magnate, ma nemmeno un tirchio. Pensava tra sé:

“Mi serve un uomo benestante, generoso. Per me sarebbe perfetto.”

Con il suo aspetto, non poteva ambire a chissà che cosa, ma ci sperava. Aveva conosciuto qualche uomo, ma li spaventava subito con le sue pretese:

“Io ti do il mio amore, e tu cosa mi offri?” Naturalmente, dopo una frase del genere, sparivano tutti.

Edoardo, con cui era uscita un paio di volte, le disse chiaro:

“Beatrice, non hai idea di cosa sia lamore. Quando lo capirai, potrai fare domande. Ma fino ad allora, scusami, non ho motivo di coccolarti.”

“Ma guardalo! Dovrei forse studiare il Kamasutra per te?” ribatté furiosa.

“Non è di quello che parlo. Ma tanto, non capiresti…”

Si sentì umiliata. Si considerava intelligente, e ora questo Edoardo la trattava come unincapace. Poco dopo conobbe Giovanni e cambiò strategia. Invece di chiedere direttamente, si lamentò:

“Vivo da sola, nessuno mi aiuta. I miei genitori pensano solo a mia sorella e a suo figlio. Per loro sono come una figlia perduta.” Ma lui la interruppe:

“E la casa dei tuoi genitori? Se la lasciano a tua sorella, tu resterai a bocca asciutta.”

Quelle parole la turb

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