Lultimo vagone
Ginevra camminava con calma verso il supermercato, osservando la frenesia intorno a lei, soprattutto degli uomini, visto che lindomani era la Festa della Donna. Lei aveva sempre amato questa ricorrenza: suo marito le portava un mazzo di fiori e cercavano di festeggiarla insieme. Ma ormai, da qualche anno, dopo la morte del marito, Ginevra viveva sola.
A cinquantotto anni, consapevole delle tristi esperienze di alcune amiche, non aveva alcuna intenzione di ricominciare una vita con qualcuno.
“Tutti gli uomini perbene sono già sposati, con mogli che li tengono stretti. E vivere con il primo che capita non fa per me. Non voglio complicazioni. Sì, a volte è noioso, ci si sente soli, ma i figli e i nipoti mi vengono a trovare,” diceva alla sua amica Carla, seduta al tavolino di un bar. “Sai, Carla, mi sono abituata a questa vita senza mio marito, e non ho voglia di cambiare.”
Carla era sposata e il suo uomo era una roccia. Per questo le dispiaceva per Ginevra: una donna così, rimasta vedova troppo presto.
“Magari un giorno incontrerai la persona giusta,” cercava di darle speranza.
“Ma va, Carla, dove vuoi che trovi un uomo perbene? Non voglio nemmeno parlarne. Cambiamo argomento,” e così chiacchieravano a lungo dei loro figli, dei nipoti, delle cose da donne.
Ginevra si era davvero abituata a vivere da sola e non desiderava altro. La folla e il trambusto la stancavano, ma doveva fare la spesa. Era quasi sera, una primavera precoce, e fiocchi di neve bagnata cadevano pigri. Quel pomeriggio era passato suo figlio a portarle gli auguri.
“Mamma, ecco dei fiori per te. Domani non posso venire, andiamo in campagna con gli amici Se vuoi, vieni anche tu, sarai la benvenuta.”
“Grazie, tesoro, ma preferisco restare a casa. Ho anche un po di mal di testa, sarà il cambio di stagione,” rispose gentilmente.
Con la mente altrove, entrò nel supermercato, prese qualche cosa e si mise in fila alla cassa, osservando con distacco la frenesia festosa. Le faceva ridere vedere quegli uomini:
“Tutti improvvisamente ricordano di avere una donna cara e amata, e si affrettano a comprare mimose o tulipani. Fortunati loro, hanno solo un giorno allanno di trambusto. Noi donne, invece, siamo sempre di corsa: cosa comprare, cosa cucinare, cosa indossare”
Un profumo piacevole attirò la sua attenzione. Veniva dalluomo davanti a lei, con il carrello pieno di prodotti. Alto, con i capelli brizzolati, cercò di immaginarselo:
“Con quel profumo raffinato, sarà pure un belluomo,” pensò, avanzando lentamente in fila.
Si guardò intorno: tutte le casse erano aperte e ovunque cera coda. Ma i suoi pensieri tornavano sempre a quelluomo, forse perché quel profumo non le dava pace.
“Vestito bene,” osservò, guardandolo di spalle. Poi si spostò leggermente per vederlo di profilo. “Sarà il marito di qualcuna, con tutto quel carrello strapieno.”
Vide che luomo teneva il carrello con una mano e con laltra il telefono, rispondendo a monosillabi:
“Sì, ho comprato tutto. Sì, anche quello. Sì, arrivo presto.”
“Parla con la moglie, immagino. Con chi altro” pensò.
Lo sconosciuto, finita la chiamata, cercò di infilare il telefono in tasca, ma gli scivolò via. Ginevra reagì allistante, riuscendo ad afferrarlo prima che cadesse sul pavimento di piastrelle, dove si sarebbe sicuramente rotto. Luomo si voltò di scatto e la guardò con unintensità che le fece battere il cuore.
“Proprio quello che mi mancava, a quasi sessantanni,” pensò, rimanendo senza fiato.
“Grazie mille,” disse luomo, riprendendole il telefono dalle mani e sorridendo. “Ora sono in debito con te.”
“Figurati,” rispose Ginevra.
Arrivò il suo turno alla cassa e lui pagò in fretta, uscendo poco dopo con il carrello verso il parcheggio.
“Ecco, finita così. Mi sono agitata per nulla,” pensò Ginevra, mentre pagava.
Mise la spesa nella borsa e uscì con calma dal supermercato, trovandosi faccia a faccia con lo sconosciuto. Si era messo il cappuccio e sembrava stesse aspettando proprio lei.
“Antonio,” si presentò.
“Ginevra,” rispose, sentendosi di nuovo agitata.
“Ti sono molto grato per aver salvato il mio telefono,” sorrise Antonio. “Vorrei chiederti una cosa: potresti darmi il tuo numero?”
Come sotto ipnosi, Ginevra glielo dettò, ricambiando il sorriso. Antonio la ringraziò, si congedò e si diresse verso la macchina. Poco dopo, lauto scomparve nel turbinio di fiocchi di neve e nel traffico.
“Ma che è successo?” pensò stupita. “Tutto così in fretta, e gli ho dato il mio numero senza pensarci.” Si avviò lentamente verso casa.
Arrivata, sistemò la spesa e si cambiò in qualcosa di più comodo. Era ormai sera, il buio calava fuori dalla finestra, e decise di prepararsi una cena semplice e navigare un po su internet.
Ma accendendo la tv, si imbatté in un programma che adorava: canzoni cantate con il cuore da gente normale ma talentuosa. Ancora più interessanti erano le storie di vita, di come il destino prendesse strade diverse per ognuno, di come la felicità potesse arrivare quando meno te laspetti.
Mangiò davanti alla tv, portò il piatto in cucina senza distogliere lo sguardo dallo schermo, ma proprio allora iniziò la pubblicità. Il telefono era in camera e non sentì subito lo squillo. Quando rispose, una voce familiare la sorprese.
“Buonasera, sono Antonio. Posso passare da te?” chiese, con quel baritono che le fece quasi cadere il telefono.
“Sì, certo,” rispose subito, spaventandosi però di aver accettato così in fretta, senza riflettere.
“Grazie, ma non sarò solo.”
“Va bene,” disse Ginevra, e lui riagganciò.
“Oddio! Quindi non sarà solo. Viene con la moglie per ringraziarmi del telefono?”
Si immaginò subito la moglie: bella, giovane, curata. Gli uomini come lui di solito hanno mogli più giovani.
“Dovrei cambiarmi,” pensò. “Ma a che serve? Sarei comunque una poveretta in confronto a lei, con i miei quasi sessantanni”
Non si tolse nemmeno le calze calde quando, poco dopo, suonò il campanello. Ginevra aprì la porta e quasi cadde per lo shock: un cane peloso le saltò addosro, sfregandole il muso contro le gambe.
“Oddio, mi hai fatto prendere un colpo!” disse, fissando il cane.
“Non ti preoccupare, è Leo. Ti avevo detto che non sarei venuto da solo.”
Davanti a lei cerano Antonio, con un mazzo di rose rosse e i capelli ancora umidi di neve, e il cane peloso che scodinzolava felice.
“Pensavo venissi con tua moglie,” disse Ginevra.
“La moglie non cè più,” rispose lui sorridendo. “Cera, ma se nè andata in posti