Gina Moretti, 67 anni, aveva perso il marito più di dieci anni prima. Da allora, la sua vita scorreva tra la spesa al mercato, le passeggiate al parco e le telefonate dei figli, che ormai vivevano lontano. Non si aspettava sorprese; alla sua età, pensava, le emozioni forti erano roba da giovani.
Ma tutto cambiò un pomeriggio alla stazione Termini di Roma.
Gina era seduta su una panchina, immersa in un vecchio libro di Calvino, quando sentì una voce accanto a lei:
“Scusi, ma quello non è *Se una notte d’inverno un viaggiatore*?”
Alzò lo sguardo. Un uomo alto, coi capelli bianchi e un sorriso timido, la stava osservando.
“Sì,” rispose lei, chiudendo con cura il libro. “Lo conosce?”
“L’ho letto quarant’anni fa. Non l’ho mai dimenticato. Mi chiamo Enrico Bianchi.”
Gina non seppe perché, ma qualcosa in quella presentazione così semplice le scaldò il cuore. Cominciarono a parlare, prima del libro, poi dei treni, della musica, della vita. Il tempo passò così in fretta che quasi dimenticarono le destinazioni che li aspettavano.
Per settimane, iniziarono ad “incontrarsi per caso” in stazione. A volte Gina prendeva un caffè al bar, e lì compariva Enrico, col pretesto che il suo treno era in ritardo. Altre volte, lui diceva di essere lì solo per guardare la gente, ma entrambi sapevano che cercavano di ritrovarsi.
Un pomeriggio piovoso, Enrico trovò il coraggio di dire ciò che era nell’aria:
“Gina, viaggio da solo da anni, e credimi, non c’è niente di più triste che arrivare da qualche parte e non avere nessuno con cui condividerlo. Mi piacerebbe se un giorno mi facessi compagnia.”
Lei esitò. Era così tanto tempo che non si lasciava invitare, così tanto che non apriva la porta allignoto. Ma lo sguardo sincero di quelluomo spazzò via le sue paure.
“Va bene, ma la meta la scelgo io.”
Il sabato dopo salirono insieme su un treno per Orvieto. Camminarono per stradine di ciottoli, divisero un pranzo semplice e, al tramonto, si sedettero su una terrazza affacciata sulla valle. Enrico prese la mano di Gina, e lei non la ritirò.
“Sai?” disse lui con voce tremula. “Pensavo che lamore non avesse più posto nella mia vita.”
“Anchio,” rispose lei. “Ma pare ci sbagliassimo.”
Quel giorno fu linizio di qualcosa di nuovo. Cominciarono a viaggiare insieme, a leggere nei parchi, a cucinare ricette improvvisate. Scoprirono che la vita non finisce con i capelli bianchi, che potevano ancora sentire le farfalle nello stomaco come ragazzini.
Non era tutto semplice, però. Gina temeva il giudizio dei figli: “Un fidanzato alla tua età? Ma che te ne fai?” E Enrico, anche lui vedovo, portava con sé i ricordi di una moglie che aveva amato profondamente. Ma decisero di vivere il presente, senza chiedere permesso al passato né scuse al futuro.
Una sera, sul binario 14 dove si erano conosciuti, Gina gli sussurrò:
“Ti rendi conto? Se quel giorno non mi avessi parlato, saremmo ancora due sconosciuti di fretta.”
“Ecco perché non smetterò mai di ringraziarti per aver portato quel libro,” rispose lui sorridendo. “Perché grazie a quello, ho trovato la mia tregua.”
Quellamore, nato tra treni e casualità, gli insegnò che non è mai troppo tardi per ricominciare a sentire. Che anche quando la vita sembra essersi fermata, un incontro inaspettato può riportare la luce e il calore di un nuovo inizio.