*A Diritto Precario*
“Nonna Luisa, oggi alle sei c’è la riunione dei genitori di Luca. Devi andare tu alla scuola, perché io e Marco non abbiamo tempo. E per sicurezza, ti chiamo verso le cinque per ricordartelo,” annunciò la nuora Elisa dallingresso, stendendosi il rossetto davanti allo specchio.
“Elisa, cara, perché non ci vai tu? Non ci sento tanto bene, e con tutta quella confusione di genitori che parlano, mi viene solo lansia,” rispose Nonna Luisa, uscendo dalla sua stanza.
“Nonna Luisa, ma dai! Marco lavora fino a tardi, e io ho le scadenze al lavoro. Tanto stai sempre a casa, cosa cambia? È sempre la stessa storia” sbuffò Elisa, irritata.
“Elisa, non sto a casa a grattarmi la pancia, sai? Faccio le pulizie, la spesa, preparo la cena per Luca E poi, ho sessantasette anni, non sono più una ragazzina,” ribatté Nonna Luisa.
“Ma guarda un po, oggi ti sei svegliata col piede storto! Continui a farmi pesare che cucini per tuo nipote, come se non fosse lunico che hai! Marco, ma perché non dici niente? Parlaci tu!” Elisa era ormai fuori di sé, rivolta al marito.
“Mamma, dai. Vai e basta. Stai lì, ascolti, se chiedono soldi per qualcosa, mi scrivi e te li mando. Non è mica la fine del mondo. Non capisco perché dobbiamo sempre litigare,” rispose Marco con la sua solita calma.
“Comunque, oggi non posso. Avevo altri programmi” mormorò Nonna Luisa.
“Ah, bene! Allora goditi i tuoi programmi. Gli altri avranno i genitori, e il nostro sembrerà un orfano! Grazie per avermi rovinato la giornata!” urlò Elisa, sbattendo la porta.
“Appunto, gli altri avranno i genitori” disse Nonna Luisa, tornando in camera sua.
Marco rimase un attimo nellingresso, si aggiustò la cravatta, prese il computer e uscì a sua volta.
“Vado. Luca, non fare tardi a scuola, eh?” Dopo queste parole, anche lui sbatté la porta.
Nellappartamento scese il silenzio
Luca, dodicenne, era già pronto per andare a scuola. Gli ultimi minuti li passò a giocare alla console, con le cuffie nelle orecchie, ignaro di tutto. Anzi, completamente sordo alla discussione
Nonna Luisa sedette sul suo divanetto e fissò la finestra. In cinque anni in quella stanzetta, aveva memorizzato ogni dettaglio della vista: langolo del palazzo di fronte, il ciliegio, i cespugli di rose e un pezzetto della piazzetta. Lo conosceva a memoria, perché passava le serate e i weekend così, immobile, a guardare fuori. Le sembrava di essere la tata e la domestica di casa, e in effetti era proprio così. Ma una volta la sua vita era stata diversa
Luisa era nata in una famiglia modesta. Cresciuta educata e riservata, aveva fatto tutto come si deve: scuola, università, primo lavoro. Ma invece di restare lontana, era tornata al suo paese.
Lavorava in una fabbrica locale, dove aveva conosciuto il futuro marito, Vittorio, caporeparto. Si erano piaciuti subito e dopo qualche mese si erano sposati. Poi era nato Marco.
Luisa sognava una bambina, ma non era destino. Un giorno arrivò in fabbrica una tecnologa di città, Valeria, in missione per sistemare la produzione. E sistemò tutto, incluso il marito di Luisa.
Allinizio Luisa sperò che Vittorio tornasse, ma lui chiese il divorzio, dicendo che aveva sempre sognato la città. E Valeria era perfetta: bella, con un appartamento e una vita già avviata. Vittorio se ne andò, lasciando Luisa e Marco, anche se pagava sempre gli alimentisenza mai interessarsi davvero al figlio.
Luisa non si lamentò mai. Lavorò sodo, cercando di dare a Marco il meglio. Lunica cosa che la infastidiva era che il figlio le somigliava troppo: buono, remissivo, incapace di dire di no.
Marco crebbe, andò alluniversità, e un giorno annunciò che avrebbe portato a casa la fidanzata, Elisa. Luisa non fu entusiasta: si era abituata a vivere con il figlio, e ora sarebbe rimasta sola nel bilocale. Sperò solo che Elisa fosse una brava ragazza.
Quando Marco la presentò, Luisa non la apprezzò. Bella, sì, ma troppo vivace e prepotente. Si aspettava una ragazza più tranquilla per il figlio, ma non intervenne: Marco era grande, poteva scegliersi la moglie che voleva.
Presto si sposarono. Allinizio vivevano in affitto, poi comprarono un monolocale. Dopo qualche anno nacque Luca. Quando il bambino iniziò la scuola, Elisa si preoccupò della casa e di chi lavrebbe accudito.
“Marco, potremmo convincere tua madre?” chiese un giorno.
“A fare cosa?”
“Vendere il suo bilocale e il nostro, compriamo un trilocale. Avremo ognuno la nostra stanza, e lei potrà badare a Luca. Dovrà accompagnarlo a scuola, alle attività, controllare i compiti. Io sono appena stata promossa capoufficio, non posso rischiare la carriera. E lei è in pensione, cosa fa tutto il giorno?”
“Potremmo provare” disse Marco, insicuro.
A Nonna Luisa lidea non piacque.
“Elisa, non voglio intralciarvi. Qui sono padrona a casa mia, lì sarei a diritto precario Voi avete la vostra vita,” tentò di spiegare.
“Ma che dice, Nonna Luisa! Precario un corno! Verrà per aiutarci, cosa cambia?”
“Mamma, è vero. Avrai la tua stanza, staremo insieme,” aggiunse Marco.
Alla fine cedette. I due appartamenti furono venduti in fretta, e Elisa trovò subito un trilocale già ristrutturato.
“Elisa, vorrei portare alcuni mobili. Sono ancora buoni. E la mia macchina da cucire, potremmo noleggiare un furgone?” chiese durante il trasloco.
“Nonna Luisa, ma per favore! Non è il momento! Quella roba è vecchia, spenderemmo più di trasporto che di valore! E quando mai cuciresti? Dovrai badare a Luca!” tagliò corto Elisa.
In quel momento, Nonna Luisa capì che la trappola era scattata. I contratti erano firmati, tutto era fatto. Si trasferì nel trilocale, ma si sentì subito fuori posto.
Si alzava presto, ma restava in camera per non svegliare gli altri. Mangiava quando la chiamavano. Se voleva fare la doccia, Elisa era già lì, al telefono con unamica a tingersi i capelli.
Si chiuse in camera. Poi iniziò settembre. Nei giorni feriali si sentiva più libera, ma faceva solo la donna delle pulizie, la cuoca e la babysitter. La sera, sempre sola.
Ultimamente si sentiva stanca. I weekend erano peggio: amici e colleghi a casa, nessuno che la notasse. Per non restare rinchiusa, iniziò a passeggiare al parco.
Un giorno incontrò un uomo della sua età, Paolo. Anche lui solo: vedovo da anni, la figlia lontana che lo visitava raramente. Prima si vedevano per caso, poi si scambiarono i numeri. Paolo diventò la sua unica gioia
***
E quel giorno, Nonna Luisa aveva davvero altri programmi. Non poteva andare alla riunione: era il compleanno di Paolo, che laveva invitata a cena.
Per non scatenare Elisa, chiamò Paolo, gli fece gli auguri e promise di arrivare dopo.