Una coppia tornava felice da una cena di compleanno indimenticabile.
Beatrice rientrava con il marito dal ristorante dove avevano festeggiato il suo compleanno. La serata era stata perfetta. Cerano tante persone: familiari, colleghi di lavoro. Beatrice non conosceva molti di loro, ma se Matteo aveva deciso di invitarli, un motivo cera.
Lei non era il tipo da contestare le decisioni del marito; odiava i litigi. Era più semplice accettare la scelta di Matteo piuttosto che difendere la sua opinione.
“Beatrice, le chiavi non sono troppo in fondo alla borsa? Puoi prenderle?”
Aprì la borsa, cercando le chiavi al buio. Allimprovviso, un dolore acido la fece sobbalzare, e lasciò cadere la borsa per il colpo.
“Perché urli?”
“Mi sono punta con qualcosa.”
“Con tutto il disordine che cè lì dentro, non cè da sorprendersi!”
Beatrice non rispose, raccolse la borsa e ne tirò fuori con delicatezza le chiavi. Entrarono in casa e presto dimenticò laccaduto. Stanca, con le gambe pesanti, voleva solo una doccia prima di dormire. Al mattino si svegliò con un dolore lancinante alla mano: il dito era rosso e gonfio. Ricordò allora la sera prima, afferrò la borsa per capire cosa fosse successo. Cercando con attenzione, trovò in fondo un grosso ago di metallo arrugginito.
“Ma che cosa è?”
Non capiva come avesse fatto a finire lì dentro. Lo tirò fuori e lo gettò nel cestino. Poi si diresse verso larmadietto dei medicinali per disinfettare la ferita. Dopo aver fatta la fasciatura, Beatrice uscì per lavoro. Ma allora di pranzo, cominciò ad avvertire la febbre.
Chiamò il marito:
“Matteo, non so cosa fare. Ieri devo aver preso uninfezione. Ho la febbre, mal alla testa, mi sento tutta dolorante. Figurati, ho trovato un ago arrugginito nella mia borsa, ed è quello che mi ha punto!”
“Dovresti vedere un dottore, non si sa mai, potrebbe essere grave.”
“Non preoccuparti, ho disinfettato, passerà.”
Ma di ogni ora in ora, stava peggio. A meno di giornata finita, prese un taxi per tornare a casa, incapace di sopportare la folla del metro. Una volta a casa, crollò sul divano e si addormentò.
Sognò sua nonna Lucia, morta quando lei era piccola. Non sapeva come, ma era sicura fosse lei. Fragile e curva, il suo aspetto avrebbe spaventato molti, ma Beatrice sentiva che la nonna voleva aiutarla.
La nonna la portò in un campo e le mostrò quali erbe raccogliere, dicendole di preparare un infuso per purificare il corpo. Le spiegò che qualcuno le voleva male, ma doveva restare viva per difendersi. Il tempo stringeva.
Beatrice si svegliò su sudata. Credeva di aver dormito a lungo, ma erano passati solo pochi minuti. Sentì la porta sbattere: Matteo era rientrato. Scivolò dal divano e lo raggiunse nel corridoio. Quando la vide, rimase scioccato:
“Cosa ti succede? Guardati allo specchio!”
Beatrice si avvicinò. La sera prima, aveva visto il viso di una donna sorride. Adesso, non si riconosceva: capelli spenti, occhiaie, pelle grigia, sguardo vuoto.
“Ma che sta succedendo?”
Ricordò improvvisamente il sogno e disse al marito:
“Ho sognato la nonna. Mi ha detto cosa fare”
“Beatrice, vestiti, andiamo allospedale.”
“No, non ci vado. La nonna ha detto che i medici non potrebbero aiutarmi.”
Una violenta litigata scoppiò in casa. Matteo la chiamò pazza, di sognare fantasmi. Per la prima volta, si scontrarono con rabbia. Lui voleva portarla in ospedale con la forza.
“Se ti rifiuti, ti trascinerò io stesso per il culetto!”
Beatrice si divincolò, perse lequilibrio e cadde, urtando uno spigolo. Furioso, Matteo prese la sua borsa, sbatté la porta e uscì. Lei ebbe giusto la forza di avvertire il datore di lavoro, dicendo che sarebbe rimasta a casa qualche giorno.
Matteo tornò a tardo e chiese perdono. Tutto quel che lei gli disse fu:
“Portami domani nel paese dove viveva la nonna.”
Al risveglio, Beatrice pareva più un fantasma che una donna in salute. Matteo continuava a supplicarla:
“Beatrice, smettila con queste follie, andiamo allospedale. Non voglio perderti.”
Ma partirono lo stesso. Lunica cosa che ricordava era il nome del paese. Non ci tornava da quando i genitori avevano venduto la casa della nonna. Durante il viaggio, Beatrice dormì. Non sapeva nemmeno in quale campo andare, ma appena si avvicinarono, si svegliò e disse:
“È là.”
Riportata a casa, Matteo preparò la pozione seguendo le istruzioni. Beatrice iniziò a berla a sorsi, avvertendo un po di sollievo.
Salvo avvertirlo di nuovo, di notte. Sua nonna tornò nel sogno, sorridendo. Le disse di chi era colpa. Irène, una collega che voleva mettersi in mezzo a loro con la magia. Beatrice seguì le indicazioni della nonna per rimuovere la maledizione.
Dopo qualche giorno, Matteo le raccontò che Irène era a letto, malata gravemente, senza che i medici capissero il perché.
Il weekend successivo, Beatrice volle andare al cimitero del paese. Teneva in mano un mazzo di fiori, guanti per pulire la lapide. Ritrovò a fatica quella di Lucia. Arrivata, vide la foto di sua nonna sulla pietra. Era proprio lei, quella che laveva salvata.
Stette la a lungo, sussurrando:
“Nonna, scuso per non essere venuta prima. Pensavo bastasse la visita dei miei una volta allanno. Ma avevo torto. Ora verrò anchio. Se non fossi stata tu, forse non sarei più qui.”
Sentì una mano leggera sulla spalla, ma voltandosi non vide nulla, solo una lieve brezza.