Maria era in cucina, con le mani immerse nell’acqua fredda. Dalla finestra, si intravedeva il crepuscolo serale che avvolgeva lentamente il quartiere.

Ginevra sta al lavandino, le mani immerse nellacqua gelida. Dalla finestra si intravede la sera che si avvicina lentamente sopra il quartiere di Bologna. Dal soggiorno arriva una risata, la voce di Eleonora domina gli altri chiara, squillante, piena di sicurezza. Quella risata la insegue da cinque anni.

Guarda il suo riflesso nella finestra: volto sbiadito, occhi rossi, labbra tremanti. Non è una debolezza, è il limite.

«Basta».

La porta si apre ed entra Andrea.

Ginevra dice sottovoce. Non vale la pena. Non farla entrare.

Non vale la pena? si volta a lui. Sempre la stessa cosa, Andrea. Sempre mi umili, e tu resti in silenzio.

Non voglio scenate. Lo sai, non cambia.

Lo so, risponde lei. Ma non starò più a tacere.

Si asciuga le mani, alza la testa e si dirige verso il soggiorno. Il cuore le batte forte, ma questa volta non cè paura.

Entra. Tutti ridono ancora. Eleonora è al centro, con un calice di vino in mano.

Ecco la nostra Ginevra! esclama. Proprio laltro giorno raccontavo a tutti come Andrea fosse scappato dalla finestra per vederla. Come è caduto e si è slogato il piede!

Ricordo, risponde con calma Ginevra. Piangeva, e io gli ho fasciato il ginocchio. Strano che ancora piango, ma oggi è dentro.

La risata si spegne. Un silenzio pesante cala sulla stanza.

Che vuoi dire? chiede la suocera, sollevando un sopracciglio.

Che cinque anni ho sopportato le sue prese in giro, dice Ginevra con chiarezza. Cinque anni sono rimasta in silenzio mentre mi umiliava davanti a tutti.

Non dire così, tenta di interromperla Eleonora. Sto solo parlando apertamente!

No, replica Ginevra. Tu non sei aperta. Sei crudele.

Tutti rimangono immobili. Nemmeno Valentina osa intervenire.

Mi chiami crudele nella mia casa? la voce di Eleonora trema.

Sì. Perché umiliare chi il tuo figlio ama è davvero crudele.

Andrea si alza. Per la prima volta da anni i suoi occhi sono seri.

Mamma, basta.

Eleonora lo fissa come se non lo conoscesse.

Anche tu contro di me, Andrea?

Non contro di te, ma per noi. Pensi di avere ragione, ma non vedi quanto ci ferisci.

La suocera resta muta, le dita stringono il bicchiere.

Volevo solo che tutto fosse come dovrebbe.

Io voglio solo rispetto, dice Ginevra. Non è necessario che tutto segua la tua ricetta.

Silenzio. Nessuno osa muoversi.

Ginevra prende il suo cappotto.

Ce ne andiamo.

Andrea annuisce.

Giusto.

Escono di casa. Fuori laria della sera è fredda ma leggera. Ginevra inspira a fondo, come se fosse la prima volta in anni.

Non sapevo che ti facesse così male, sussurra Andrea.

Ora lo sai, risponde lei. E non voglio che i nostri figli vedano la madre umiliata.

Lui la abbraccia da dietro le spalle.

Non succederà più.

Passa una settimana. La loro casa è piena di silenzio e delle risate dei bambini. Per la prima volta dopo tanto tempo Ginevra sente pace. Prepara una minestra di fagioli, e dalla stanza si sentono voci di bambini.

Il cellulare squilla. Sullo schermo: «Eleonora». Il cuore le balza.

Pronto?

Ginevra la voce dallaltra è dolce, incerta. Voglio chiederti scusa.

Ginevra rimane in silenzio.

Ho riflettuto molto questa settimana. Ho capito di essere stata ingiusta. Forse temevo di perdere mio figlio. Così, senza volerlo, ho perso te.

Le lacrime le rigano gli occhi.

Non voglio una guerra, dice. Voglio che i nostri figli abbiano una nonna che li ami.

Lo avranno, risponde Eleonora. Se mi permetti di essere così.

Vieni domani, sorride Ginevra. Farò una torta. Ma non per farmi giudicare, bensì per mangiarla insieme.

Daccordo, risponde Eleonora piano. Porterò anchio qualcosa. Fatto in casa. Senza Simeoni.

Il giorno dopo la casa profuma di vaniglia. Quando Eleonora entra, tiene una scatola con un fiocco.

Ho portato qualcosa, dice timida. Lho fatto io stessa.

Allora devessere la cosa più buona del mondo, replica Ginevra sorridendole.

Le due cominciano a sbattere la crema. Non cè tensione, non ci sono parole come armi. Solo due donne che si perdonano in silenzio.

Mia madre diceva che lamore si dimostra con i fatti, mormora Eleonora. Credo di averlo dimenticato.

Non è mai tardi per ricordarlo, risponde Ginevra, ponendo una mano sulla sua.

Andrea sta sulla soglia, osservandole con un sorriso.

La sera mangiano due torte una di Ginevra, laltra di Eleonora. Nessuno le confronta. Nessuno le critica. Perché questa volta la dolcezza è nel perdono, non nella crema.

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Maria era in cucina, con le mani immerse nell’acqua fredda. Dalla finestra, si intravedeva il crepuscolo serale che avvolgeva lentamente il quartiere.