Scinza, cara suocera
– Bene, nostro figlio è tornato? – Giulia Rossetti sistemava in fretta i dolci al cioccolato su un vassoio, i colori vivaci delle decorazioni di panna che luccicavano sotto la luce. – Bere un caffè o forse proveresti il mio amarone?
– Mamma, è presto per bere? – Isabella sorrise, ma il suo sguardo si indurì. – Tuttavia, un sorso lo posso permettere… è un giorno speciale, dopotutto.
– Perfetto! – Giulia batté le mani. – Dio, mi sento come se non la vedessi da anni!
Marco, con aria annoiata, fissò il balcone. La mattina, insieme a Isabella, aveva viaggiato da Roma a Firenze. Lei per rivedere la madre dopo tanto tempo, lui per compiere un dovere coniugale. Giulia li accolse come se fossero in viaggio da chissà quanto: abbracci, baci, commenti adulatori…
– Mamma, ho portato un regalo, – disse Isabella, frugando nella borsetta.
– Aspetta con i regali, fammi solo guardarti! Marco, riusciresti a nutrirla? Guardala, è sottile come un cannone!
Marco sorrise a denti stretti:
– Certo, le do da mangiare tre volte al giorno, come si deve.
– Cretino! – Giulia lo colpì con affetto. – Ma guarda te, hai mantenuto la forma. Bene. Se vuoi, possiamo bere quell’amarone.
Mentre Giulia scompariva in cucina, Isabella si avvicinò a Marco e gli sussurrò:
– Marco, per favore, non iniziare. Solo per cinque giorni…
– Cinque giorni?! – Marco la fissò incredulo. – Avevamo parlato di fine settimana! Oggi sabato, domani domenica, e via.
– Marco, non è che non ti volevo qui… mamma voleva tanto vedermi. Posso lavorare da remoto, lo sai.
Marco sospirò. Sapeva che era inutile discutere. Fuori casa, le cose sembravano diverse…
– Bella, magari vorrai andare in spiaggia? – disse Giorgio, il padre adottivo di Isabella, comparso con un aspetto disordinato. – Marco, ti va di accompagnarmi?
– Cedo volentieri! – Marco si strinse le mani.
– Ma che mare! – Giulia tornò con un bicchiere di amarone. – Dovete solo riposare dal viaggio!
– Noi sappiamo che il riposo migliore è cambiare l’attività, – replicò Giorgio con tono fermo. – Faremo una passeggiata breve. Isabella vi aiuterà qui, e torniamo a pranzo, come al solito.
La sera, Marco non riusciva a trovare pace.
– Ricordi quel momento in quinta elementare, quando hai letto le poesie per la classe? – chiese Giulia, desiderosa di ricordare.
– Certo, mamma, – sorrise Isabella. – Ho vinto il primo posto.
– No, il secondo, – replicò Giulia. – Avevi messo in imbarazzo la tua compagna di classe.
Marco bevve un sorso di amarone, immaginando i consigli di un vecchio amico: “Conto fino a dieci, Marco”.
Poco dopo, Giulia iniziò su un altro ricordo:
– Ti ricordi quando ti ho cucito quel vestito bellissimo? In azzurro, con la gonna a pieghe.
– Sì, e il top, – disse Isabella.
– No, era beige! – Giulia sorrise compiaciuta. – Laggiù a Roma ti sei dimenticata il senso del colore!
Marco contò “fino a venticinque” come se potesse cancellare quei commenti.
– E allora quando ci regalerai dei nipotini? – chiese improvvisamente Giulia, come se uscisse da un’altra dimensione.
– Mamma, ne abbiamo già parlato… – disse Isabella, arrossendo. – Prima dobbiamo sistemarci, trovare una casa più grande…
– Non è mai stato diverso, – replicò Giulia, con un tono di ironia lieve. – Così non si va da nessuna parte!
– Alcune cose meritano attesa, – intervenne Marco, sottovoce.
– A voi uomini non importa! Potete essere padri anche a sessanta! – disse Giulia. – Per le donne, il tempo è limitato.
– Isabella ha solo ventisette anni, – disse Marco, calmo. – Ce ne è ancora.
– Ce n’è? – Giulia alzò le braccia verso il cielo. – Avevo già un figlio quando avevo ventotto anni!
– Andiamo a prendere un po’ d’aria, – propose Giorgio, alzandosi improvvisamente. – Lasciamo parlare loro.
– Perfetto! – disse Giulia. – Andate, andate, qui c’è una seria discussione.
Mentre camminavano, Marco fissò per terra, stupito dal commento di Giorgio:
– Ce l’ha sempre fatto?
– Naturalmente, – sorrise lui. – Mi isolavo nel garage, andavo a pescare, in montagna. Lei diceva ogni cosa, io facevo il mio lavoro. Questo è il trucco per vivere con lei.
Quelle parole gli fecero ricordare qualcosa.
Quando tornarono, fu una sera tranquilla. Ma Marco notò come Isabella sembrasse stanca e schiacciata.
Poi, un pomeriggio, Giulia mostrò le modifiche in casa. Stupiva poco, ma parlava come fosse un’impresa titanica.
– Guarda, Isabella, adesso ho sistemato il mobile là… e il televisore qua. Ti sembra bello?
Isabella annuì, mentre Marco guardò fuori: Giorgio faceva le faccende domestiche.
A cena, gli argomenti tornarono al lavoro di Isabella:
– Tu dici che ha orari flessibili? – chiese Giulia. – Una scusa per dormire. In passato, tutti lavoravano dalle otto alle cinque e risolvevano ogni occupazion.
Marco notò la tensione in Isabella e decise di non rispondere.
Quella notte, letto stretto, si sussurrarono.
– Scusami, – disse Isabella. – Non immaginavo che sarebbe stato così difficile.
– Andrà meglio, – la rassicurò Marco. – Giorgio ci porterà a pescare domani. Ti garantisco che ci piacerà.
– Se mamma lo permette…
– Noi non chiediamo, scappiamo, – rise Marco.
Ma il destino aveva altri piani. Mario li colse mentre si preparavano.
– Dove credete di andare così presto? – chiese Giulia.
– A pesca, – disse Giorgio.
– A pesca?! – la voce di Giulia si alzò. – E io qui? Isabella non può andarsene con te!
– Non me ne vado per sempre, mamma, – disse Isabella, arrossendo.
– “Per un momento”! L’ho già sentito! E io cosa dovrei fare, restare sola?
Marco guardò Isabella, che gli fece cenno di andare. Così, senza ulteriori discussioni, se ne andò.
Qualche giorno dopo, qualcosa cambiò.
A cena, Giulia parlò con tono diverso:
– Allora, Isabella, perché non hai detto…? Perché non hai…?
– Non lo sapevo, – disse Marco, interrompendola. – Ci sto provando, con visite, analisi, cambiamenti… Non ce l’abbiamo ancora fatta.
L’atmosfera fu diversa. Giulia si zittì, si scusò e si comportò come una madre diversa.
Quando partirono, Giulia abbracciò Marco, una mossa insolita.
– Arrivederci, cara suocera, – scherzò lui.
– Arrivederci, figlio, – rispose lei, seria ma allegra. – Stai bene con lei, okay?
Isabella sorrise:
– Mi è sembrato diverso da prima.
– Anche a me, – disse Marco. – Mi ha detto di non venire senza invito e di non fermarsi più di tre giorni.
– Chissà, – rise. – Ci sono delle donne che non si danno pace!
In un modo o nell’altro, Marco imparò: l’amore non ha un’unica forma, a volte nasconde i suoi volti dietro parole ruvide. E forse, nonostante l’egoismo e il carattere forte, quel tipo di zietta aveva un cuore tenero pronto a mutare per il bene degli altri.