Al funerale di mia nonna, vidi mia madre infilare qualcosa nella baraquello che trovai dentro mi lasciò senza parole.
Dicono che il dolore arrivi a onde, ma per me fu come fare un passo nel vuoto e sentire il terreno sparire sotto i piedi. Mia nonna Caterina non era solo famiglia: era il mio rifugio, la mia ancora, la mia migliore amica. Le sue braccia erano sempre state la mia casa.
In piedi accanto alla sua bara quel pomeriggio, sentii il fiato mancarmi. La stanza era silenziosa, la luce soffice illuminava il viso sereno di nonna. I suoi capelli argentati erano pettinati come le piaceva, e qualcuno le aveva messo la sua collana di perle preferita.
Mentre accarezzavo il legno lucido della bara, ricordai come solo un mese prima avevamo riso insieme in cucina, preparando biscotti alla cannella con il suo tocco speciale.
**Ricordi nellaria**
“Ginevra, tesoro, ora ti sta guardando da lassù,” mi disse la signora Romano, la nostra vicina, posando una mano tremante sulla mia spalla. “Tua nonna era così orgogliosa di te. Lo raccontava a tutti.”
Sorrisi tra le lacrime. “Ricorda le sue crostate di mele? Tutta la via ne profumava ogni domenica.”
“Oh, quelle crostate,” rispose con una risatina dolce. “Diceva sempre che la aiutavi, e si vantava che sapevi dosare la cannella alla perfezione.”
Mi si riempirono gli occhi di lacrime. “La settimana scorsa ho provato a farne una. Non era la stessa. Ho pensato di chiamarla per chiederle cosa sbagliavo, e allora ho capito che non cera più…”
La signora Romano mi abbracciò. “Lei sapeva quanto lamavi, e questo è ciò che conta.”
**Una scena strana**
Mentre la sala si riempiva di storie sulla sua vita, tra risate e singhiozzi, notai qualcosa di strano. Mia madre, Vittoria, non aveva versato una lacrima. Passava il tempo a controllare il telefono come se niente la toccasse.
Poi, la vidi avvicinarsi alla bara. Guardò attorno, infilò qualcosa di piccolo allinterno e si allontanò con calma.
“Lhai vista?” sussurrai stupita.
“Vedere cosa, cara?” chiese la signora Romano.
“Forse niente forse me lo sono immaginato,” dissi, anche se sapevo benissimo di no.
**Il pacco segreto**
Quando la cerimonia finì e tutti se ne andarono, linquietudine dentro di me crebbe. Mi avvicinai di nuovo alla bara e vidi langolo di un piccolo involto di stoffa sotto il vestito blu di nonna.
Con mani tremanti lo presi e lo nascosi nella borsa. “Perdonami, nonna,” sussurrai, “ma mi hai sempre insegnato a cercare la verità.”
**Scoprendo la verità**
A casa, mi sedetti sulla poltrona di lettura di nonna. Il pacco era avvolto nel suo foulard blu con la lettera “C” ricamata a mano. Lo aprii e dentro trovai lettere, decine, tutte indirizzate a mia madre.
La prima, scritta tre anni prima, diceva:
“Vittoria, ho notato che mancano soldi. Volevo credere a un errore, ma so la verità. Per favore, fermati prima di perdere tutto. Voglio aiutarti, ma mi respingi…”
Le lettere mostravano preoccupazione, delusione e, alla fine, rassegnazione. Lultima mi gelò il sangue:
“Tutto ciò che ho sarà per Ginevra. Lei mi ha dimostrato amore incondizionato. Ti amerò sempre, ma non posso più fidarmi di te.”
**La lettera di mia madre**
In fondo al pacco cera unaltra lettera, scritta da mia madre:
“Mamma, va bene. Lo ammetto. Ho preso i soldi. Tu non mi hai mai capita. Ma Ginevra sì. Lei mi darà ciò che chiedo perché mi ama. Alla fine, avrò comunque quello che voglio.”
Il puzzle si completò: i regali costosi, i prestiti continui, le domande sulleredità. Tutto aveva senso.
**Lo scontro**
Il giorno dopo, senza aver dormito e con gli occhi gonfi, la invitai a prendere un caffè. “Mamma, nonna mi ha lasciato qualcosa per te. Mi ha detto di dartelo al momento giusto.”
La sua voce si illuminò: “Certo, tesoro! Che premura che hai.”
Quando ci sedemmo, le passai un pacchetto. Lo aprì ansiosa, ma dentro cerano solo fogli bianchi e due lettere: una di nonna, che diceva “So cosa hai fatto,” e la mia.
Nella mia lettera scrissi:
“Mamma, ho le altre lettere. Se mai proverai a manipolarmi o a cercare ciò che nonna ha lasciato, la verità verrà fuori. Tutta.”
Il colore svanì dal suo volto. “Ginevra, tesoro, io…”
Mi alzai prima che potesse finire. Con voce ferma le dissi: “Ti amo, mamma, ma lamore non significa che mi lascerò usare. Hai perso la mia fiducia.”
E me ne andai, lasciandola sola, intrappolata nel silen




