Al tramonto della vita
“Nonna, domani non riusciamo a venire per il tuo anniversario, perdonaci.” La voce di Matteo, marito della nipote Beatrice, risuonò al telefono la sera prima dell’evento.
“Matteo, cosa è successo?” chiese con preoccupazione Nadia Ignazia.
“Nonna, Beatrice è appena andata all’ospedale. Non poteva aspettare il tuo compleanno, ha deciso di farti un regalo in anticipo. Non ha ancora partorito, ma siamo già qui,” spiegò Matteo, tra l’ansia e la gioia.
“Santo cielo, che felicità! Mi hai spaventata, chiamando così tardi. Non lo fate mai. Grazie per avermi avvertita. Pregherò perché tutto vada bene per Beatrice e il mio nipotino. Chiamami appena nasce, anche di notte, tanto non dormirò.”
“D’accordo, nonna, ti chiamo.”
Due ore dopo, Matteo richiamò, raggiante:
“Nonna, ecco il tuo regalo: il nipotino Edoardo. Beatrice sta bene. Festeggia il tuo anniversario senza di noi.”
“Grazie, Matteo, abbraccia Beatrice per me. È stata bravissima.”
Nadia Ignazia compiva sessantacinque anni. Non ci sarebbero stati molti ospiti: solo la seconda figlia con il marito e il figlio, suo nipote, e le amiche Valeria e Nina, con cui aveva lavorato per anni. Amicizie di una vita.
Sette anni prima, Nadia aveva sepolto il marito Alessandro. Avevano vissuto felici, ma il destino li aveva separati troppo presto. Lui era ingegnere, morto prima della pensione. Avevano cresciuto la figlia Anna, laureata, ora sposata e lontana.
Nadia e Alessandro vivevano in un grande borgo, dominato da una fabbrica dove lavoravano quasi tutti. Si erano conosciuti lì. Lui, giovane ingegnere bello e sorridente, l’aveva notata nella mensa.
“Signorina, mi chiamo Alessandro. Posso invitarti a fare due passi stasera?”
“Nadia,” rispose lei, arrossendo.
Uscirono insieme quella sera, parlando della vita. Lui, fresco di laurea, lei economista. Si innamorarono, poi lui incontrò i suoi genitori.
“Buongiorno, sono Alessandro,” disse presentandosi con fiori per la madre e un buon vino per il padre.
Piacquero subito. Parlarono come vecchi amici. Poco dopo si sposarono, con una festa semplice ma allegra. I parenti di lui arrivarono dalla campagna, portando salumi, formaggi e vino.
“Ma è troppo!” esclamò la madre di Nadia.
“Con due uomini in casa, servirà!” rise la suocera.
Vissero con i genitori di lei, in una casa spaziosa. Poi, con gli anni, i suoceri se ne andarono. Infine, anche Alessandro.
Nadia si abituò alla solitudine. Fino al suo sessantacinquesimo compleanno.
Gli ospiti se ne andarono presto. Mentre salutava le amiche, vide un’auto vecchia, una Fiat Panda, e un uomo chino sul cofano.
“Mi aiuti a sostener la torcia?” chiese lui.
Nadia accettò. Dopo vani tentativi, l’uomo sospirò:
“Dormirò in macchina.”
Ma lei ebbe pietà. “Venga dentro, le preparo il divano.”
Entrando, l’uomo—Vittorio—vide la tavola imbandita.
“Oggi è il mio compleanno,” spiegò Nadia.
Lui uscì e tornò con un barattolo di miele. “Auguri!”
Chiacchierarono fino a tardi. La mattina, Vittorio era già partito, lasciando solo il miele.
Ma a pranzo bussò alla porta: fiori, prosecco e cioccolatini in mano.
“Non potevo non festeggiare la festeggiata,” disse ridendo.
Tre anni dopo, vivono insieme. Vittorio ha un apiario in campagna, e Nadia lo aiuta. Lei, che credeva l’amore finito, ora sorride. Grazie al destino, che le regalò una seconda giovinezza.