Destino, un gioco che non si vince

Le migliori amiche, Ginevra e Isabella, erano inseparabili fin dall’infanzia, vivevano nello stesso paesino in Toscana, e tutti dicevano che la loro amicizia era “più forte dell’acciaio”. Entrambe carine, ma Ginevra aveva un’aria più dolce e pacata, mentre Isabella era come una fiamma, vivace e combattiva.

Al liceo, tutti sapevano che Marco sospirava per Ginevra, ma lei non prendeva sul serio i suoi sguardi. Tuttavia, lusingava il suo orgoglio: Marco la seguiva ovunque, le regalava fiori di campo, la invitava a passeggiare ogni giorno e persino le confessava il suo amore. Ma Ginevra si limitava a sorridere, affascinata da quel ragazzo timido ma gentile. Forse tra loro sarebbe nato qualcosa, se non fosse apparso il presuntuoso Alessandro, che voleva conquistare tutte le ragazze più belle del paese.

Alessandro, con i suoi capelli neri e gli occhi scuri, camminava orgoglioso per i corridoi della scuola, facendo battere i cuori di tutte. Anche le due amiche caddero nella sua rete, e allinizio scherzavano:

“Immagina, Ginevra, che fortuna avrà la ragazza che sposerà questo bellissimo Alessandro!” rideva Isabella.

Alessandro, sentendosi desiderato da entrambe, si comportava come un Don Giovanni, alternandosi tra loro: una settimana con una, una settimana con laltra. Ben presto, le due amiche iniziarono a competere per lui, e questa rivalità lo eccitava ancora di più. Gli piaceva provocarle, senza però smettere di corteggiarle.

Un giorno, le amiche litigarono furiosamente per Alessandro e aspettavano di sapere chi avrebbe scelto. Poi, durante un incontro, Ginevra gli disse:

“Alessandro, aspetto un bambino. Cosa facciamo?”

“Davvero?” si stupì lui, grattandosi la nuca. “Be, che si fa? Ci sposiamo, no? Un bambino ha bisogno di un padre. Spero tu accetti di diventare mia moglie Ormai non cè scelta.”

Il destino aveva deciso per loro, e Alessandro si calmò. Una settimana dopo, ci fu il ballo di fine anno. Le amiche si riconciliarono, parlarono e sembrò che avessero chiarito tutto. A Ginevra sembrò una conversazione sincera, piena di auguri reciproci. Ma si sbagliava: Isabella se ne andò con un rancore nascosto e un fuoco di gelosia nel cuore.

Il matrimonio tra Alessandro e Ginevra fu festeggiato con gran gioia nel paesino. Iniziò la loro vita coniugale: tranquilla, serena, e presto nacque il loro figlio, Matteo. Vivevano in una casa che Ginevra aveva ereditato dalla nonna, e Alessandro, abile falegname, la ristrutturò e la ampliò. Lavorava come meccanico di trattori, ma con la crisi economica, anche lui fu messo in aspettativa.

“Che facciamo, Alessandro? Matteo ha bisogno di vestiti nuovi per la scuola. Le scarpe gli si stanno consumando, e con linverno che arriva, dovremo comprargli tutto nuovo,” disse Ginevra preoccupata.

Alessandro annuì: il loro bambino di quasi sette anni consumava tutto in fretta. La crisi aveva colpito duramente. La contabile del paese, Eleonora, che stimava Ginevra per la sua efficienza, le suggerì:

“Ginevra, mia figlia mi ha detto che allufficio delle tasse del capoluogo cercano una segretaria. Il lavoro è tanto, ma forse potresti provare.”

“Grazie, Eleonora! Domani mattina prendo lautobus e vado,” rispose Ginevra speranzosa.

Arrivata allufficio, si sedette in attesa di essere ricevuta. Sapeva già che lo stipendio era basso e il lavoro tanto, ma non le importava: aveva bisogno di un impiego. Finalmente, fu chiamata.

“Buongiorno,” disse timidamente.

“Buongiorno, si accomodi,” rispose una donna con gli occhiali, la cui voce le sembrò familiare.

La donna indossava un tailleur elegante, aveva le labbra rosse e fissava lo schermo del computer. Poi alzò lo sguardo, e Ginevra trasalì.

“Isabella?! Che sorpresa!” esclamò.

“Ginevra quanti anni sono passati, e tu non sei cambiata,” disse Isabella, con un tono leggermente altezzoso. “Quindi sei tu la candidata per questo posto?”

“Sì, io,” rispose Ginevra con entusiasmo.

“Ma come farai a venire qui ogni giorno dal paese?” la voce di Isabella era fredda.

“Prenderò lautobus, passano spesso. Dimmi piuttosto, come stai? Dopo il liceo sei partita per studiare in città.”

“Esatto. Mi sono laureata in economia, poi sono tornata e mi hanno assunta qui. Ora sono la responsabile,” disse con calma.

“Brava,” Ginevra era sincera. “Guarda, potremmo lavorare insieme!”

Isabella si appoggiò allo schienale, sistemandosi i capelli con un gesto elegante.

“Temo di no, Ginevra,” rispose educatamente. “Cerchiamo una persona del capoluogo. Il lavoro è tanto, a volte bisogna restare oltre lorario, e tu devi prendere lautobus. Inoltre, abbiamo già un candidato. Mi dispiace.”

Nellufficio calò il silenzio. Isabella fissava il computer, mentre Ginevra si sentiva fuori posto.

“Potevi dirmelo subito. Va bene, me ne vado,” disse alzandosi. “Sai dove potrei cercare altro lavoro?”

“No. Buona fortuna,” rispose Isabella, senza guardarla.

Ginevra capì che la sua ex amica non aveva dimenticato il passato.

“Chi? Isabella?” chiese Alessandro quando Ginevra gli raccontò tutto. “Quindi ora è un pezzo grosso? E ti ha detto proprio così, che non ti assumeranno? Ma siete compagne di scuola!”

Alessandro si infuriò, mentre Ginevra beveva una tisana calmante.

“Alessandro, perché ti arrabbi? Quella vita è passata. Ognuno ha preso la sua strada.”

“Non importa, vado al capoluogo e glielo dico in faccia a quellarrogante! Voglio vedere come si comporta ora che è importante.”

“Lascia stare,” lo supplicò Ginevra. “Forse troverò un altro lavoro. A Isabella risponderà il cielo. Dobbiamo pensare a Matteo.”

Ma Alessandro partì lo stesso. Tornò solo la sera, serio e silenzioso.

“Allora? Hai parlato?” chiese Ginevra.

“Sì. Il posto è già occupato. Hanno scelto un candidato con esperienza, che vive qui e ha la giusta formazione. Isabella ha fatto bene.”

“Capisco,” disse Ginevra, confusa. “Ma perché sei tornato così tardi?”

“Lautobus si è rotto. Poi sono passato in officina a dare una mano.”

“Sei in aspettativa, riposati!”

“Ginevra, il lavoro non aspetta. Due trattori hanno i freni rotti.”

Tre giorni dopo, a Ginevra fu offerto un posto alle poste. Era felice e iniziò subito.

“Ora Matteo avrà tutto per la scuola,” pensò, immergendosi nel lavoro.

Ma qualcosa la turbava: Alessandro, nonostante laspettativa, usciva ogni mattina per “lavorare”. Un giorno, incontrò Marco, che ancora non si era sposato.

“Ciao, Ginevra.”

“Ciao, come stai?”

“Bene. Ma dimmi, Alessandro dovè? Gli ho chiesto di sistemare un trattore, ma non si è fatto vivo.”

“Davvero? Esce ogni giorno e torna tardi!”

“Non lo vedo in officina

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