DUE ALI

Romolo e Chiara convissero per sette anni. Compagni fin dai banchi di scuola senza mai separarsi. Non ebbero figli. Non capitò. La nonna adorata di Romolo insisteva:
“Sposatevi, tesori! La grazia divina scenderà su di voi. Il Signore vi darà un erede.”
Per lui, la nonna era un’autorità indiscutibile. Così propose matrimonio alla sua compagna.

Celebrarono nozze sontuose, scambiarono fedi e registrarono l’unione. Al ricevimento però accadde un imprevisto.
Quando servirono i calici di spumante, sposi dovevano svuotarli (per fortuna senza lacrime) e infrangerli a terra. Il bicchiere di Romolo si frantumò in mille pezzi; quello di Chiara rotolò via illeso.
Gli ospiti sussurrarono:
“Che malaugurio! Non avranno pace.”
Romolo e Chiara risero: “Sono sciocchezze!” E ripresero i festeggiamenti.

Terminata la luna di miele, iniziò la vita coniugale. Ma…
Chiara, divenuta moglie legittima, mutò atteggiamento. Tutto le sembrava sbagliato. Criticava continuamente, finché annunciò:
“Romolo, ci siamo sposati invano. Siamo opposti come cielo e terra. Meglio separarci.”
…Romolo incolpò la suocera. Per lui era come “la vecchia della favola del pesciolino d’oro”: mai soddisfatta di attenzioni, denaro o spazio nel bilocale. Se il genero osava abitare nel suo appartamento “sudato col sangue”, lei lo tormentava su come guadagnare milioni invece di campare con due euro. Romolo sopportò moglie e suocera un anno, finché udì:
“Vattene.”
Chiese a Chiara:
“È la tua decisione definitiva?”
“Certamente! Mamma non c’entra!” sbottò lei.
Romolo impacchettò le cose, scrutandola con speranza. Forse avrebbe cambiato idea.
Ma Chiara non batté ciglio.
“Addio, moglie. Scusa se non sono stato all’altezza,” sospirò lui.
“Addio!” sbatté la porta alle sue spalle.

Il dolore durò poco.
Il giovane atletico e affascinante fu subito accolto dalle braccia di un’altra. Giorgia, collega di lavoro, lo amava da tempo. Notando la sua tristezza, lo invitò a cena. Accettò per noia…
Giorgia era libera, attraente e rispettabile.
Passeggiarono al parco, presero un caffè in un locale accogliente. Romolo le confessò tutto. Lei ascoltò comprensiva, consolandolo. Poi esplose:
“Romolo, non vedi come ti guardo? Ti amo da sempre! Sei cieco?”
Aveva intuito i suoi sentimenti: ogni loro incontro la faceva arrossire o impallidire. Pur ammirandone la bellezza, da sposato si era trattenuto. Ora esiliato, pensò: “Perché rifiutare una gioia
Romano e Letizia
E così, Roman imparò che la felicità autentica non giace nell’inseguire venti contrari, ma nel coltivare con cura l’unico giardino dove i semi dell’amore possono mettere radici profonde.

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DUE ALI