**La gioia di essere madre**
La mattina si presenta tiepida e silenziosa nel paesino adagiato lungo il bosco, vicino al fiume. Si sentono solo i muggiti delle poche mucche rimaste e qua e là labbaiare pigro di qualche cane. Oltre il bosco, dallaltra parte del fiume, si addensano nuvole scure.
A Lucia piace alzarsi presto destate, ama queste ore mattutine, anche se non ha una fattoriasolo qualche gallina e un cane pacifico di nome Arturo che le tiene compagnia nel cortile. Vive da sola nella casa lasciatale dalla madre, morta dieci anni fa.
Lucia, una donna snella sulla trentina, è al pozzo e con sforzo gira la manovella per tirare su un secchio pieno dacqua. Sollevati i due secchi pesanti, si dirige lungo il sentiero verso casa.
**Disgrazia e sofferenza**
Lucia era stata sposata con Marco per appena sei mesi. Marco, alto e robusto, era il guardaboschi della zona. Temuto dai bracconieri che arrivavano dalle città con macchine lussuose, probabilmente finì per scontrarsi con qualcuno nel bosco e fu ucciso. Le indagini si protrassero a lungo, ma non trovarono mai i colpevoli. Marco fu sepolto, e da allora Lucia vive sola.
Qualche pretendente si fece avanti anche dai paesi vicini, ma lei non voleva costruire una famiglia senza amore. Eppure, le piace Gregorio, il meccanico del posto, che in qualche modo le ricorda Marco. Forte, tranquillo, discreto, spesso i loro sguardi si incrociano, e Lucia abbassa subito gli occhi.
Dopo la morte del marito, Lucia soffrì a lungo.
“Peccato non aver avuto un figlio con Marco. Ora avrei un pezzo di lui con me. Non è successo. Sarei meno sola.” Sentiva listinto materno, ma non aveva nessuno di cui prendersi cura.
**Il figlio del fattore**
Nel paese cera Sandro, un ragazzo arrogante e ingestibile, sempre ubriaco, che spesso aspettava Lucia davanti a casa quando tornava dal lavoro. Una volta le confessò il suo amore, in modo goffo e volgare. Un altro giorno cercò persino di abbracciarla, ma lei lo respinse, corse in cortile e afferrò la vanga accanto alla porta.
“Se ti avvicini, ti spacchi la testa in due,” disse con voce ferma. Sandro, intimidito dal suo sguardo, se ne andò.
Viveva con il padre, un contadino benestante e crudele, che aveva mandato in rovina la moglie, secondo i pettegolezzi del paese. Sandro ne aveva ereditato il carattere, ma non la voglia di lavorare.
Le ragazze del posto lo temevano. Una volta picchiò un giovane difensore della sua ragazza così duramente che finì in ospedale. Arrivò il carabiniere, ma tutto si risolse con una multauna tangente per il silenzio. Nessuno voleva problemi con il ricco contadino.
Una notte, il paese fu svegliato da un incendio che illuminò il cielo. Bruciò la grande casa del fattore e i fienili vicini, anche se qualcuno aveva liberato il bestiame. Le indagini non trovarono i colpevoli, attribuendo tutto a un cortocircuito. Il fattore non uscì mai di casa, mentre Sandro quella notte era da una donna.
Lucia tirò un sospiro di sollievo quando si sparse la voce che Sandro era partito per la città, dove aveva vecchi amici.
“Finalmente. Se nè andato.”
**Un ospite indesiderato**
Tempo dopo, Lucia salì i gradini del portico con i secchi e notò la porta di casa socchiusa.
“Forse non lho chiusa bene,” pensò, entrando nellingresso. Anche la porta interna era aperta.
Oltrepassata con cautela la soglia, percepì lodore di alcol e sigarette. Mise giù i secchi e vide un uomo addormentato sul letto. Indietreggiò spaventata, ma riconobbe Sandro.
“Almeno non è un ladro,” pensò.
Lo scosse con forza. Lui aprì gli occhi.
“Vattene subito. Da quando ti senti padrone qui?” disse lei a voce alta. “Alzati, o chiamo tutto il paese.”
“Dove sei stata, di notte non dormi a casa?” chiese lui.
“E tu chi sei per farmi domande? Vattene!” sinfuriò Lucia.
“Non urlare, sveglierai il bambino,” borbottò, accennando alla stanza accanto.
Lucia sbirciò dietro la tenda e vide una figurina rannicchiata sul divano. Era un bambino.
“Di chi è?” chiese, sconvolta.
“Mio figlio, Matteo. La madre è morta. È con me da due mesi.”
“Quanti anni ha?”
“Credo cinque”
“Non sai neppure letà di tuo figlio?”
“Possiamo restare qui un paio di giorni?” chiese Sandro allimprovviso. “Ho delle cose da sistemare.”
“Assolutamente no.”
Poi sentì una vocina:
“Signora, ho sete.”
Si voltò e vide il bambino. Le braccia le caddero.
“Andiamo in cucina, piccolo.”
“Io non sono piccolo, sono Matteo,” rispose lui con voce sottile.
“Va bene, Matteo.”
Dopo averlo fatto bere, lo portò in camera, lo coprì con una coperta e tornò in cucina, dove Sandro era seduto, sporco e sbarbato.
“Lucia, ti supplico. Non cacciarci via. Solo qualche giorno. So che hai un cuore buono,” borbottò.
Lucia, per pietà, acconsentìsolo per Matteo.
Il bambino era tranquillo e serio, sorrideva solo quando giocava con Arturo. Sandro non si comportò male: spaccava la legna, portava lacqua. Ma lei sapeva che nascondeva qualcosa.
“Non hai un appartamento in città? Soldi?”
“Ho perso tutto. Forse è per questo che è morta sua mammaaveva il cuore debLucia lo guardò negli occhi, prese un respiro profondo e disse: “Matteo resterà con me, e tu te ne andrai per sempre,” mentre il bambino si stringeva a lei, trovando finalmente la casa e l’amore che meritava.