La lontra dagli occhi intelligenti arrivò supplicando tra le persone in cerca d’aiuto, e in segno di gratitudine lasciò un generoso dono.

**Diario di un pescatore**

Era una calda giornata dagosto, quando il vento salmastro del mare accarezzava i volti dei pescatori, mentre il sole, ancora pieno di vita, danzava sullacqua. Il molo era come sempre: vecchie assi di legno, corde che scricchiolavano, odore di alghe e salsedine. Qui iniziava e finiva ogni giornata di lavoro: pulire le reti, scaricare il pescato, chiacchierare del tempo e della fortuna. Niente lasciava presagire che quel giorno sarebbe successo un miracolo.

Ma il miracolo venne dal profondo.

Allinizio sentirono solo uno schizzoqualcosa di umido e veloce saltò fuori dallacqua e scivolò sulle assi. Tutti alzarono lo sguardo. Sul molo cera una lontra. Maschio. Bagnata, tremante, con negli occhi panico e supplica. Non scappò, non si nascose, come fanno gli animali selvatici. No. Corse tra la gente, toccò le gambe con le zampe, emettendo un lamento sottile, quasi infantile, poi tornò di corsa al bordo del molo.

Che diavolo è? borbottò un marina.

Lasciala stare, se ne andrà da sola.

Ma non se ne andò. Continuava a implorare.

Uno dei pescatori più anziani, il cui volto era segnato dal sole e dal vento, si chiamava Luigi. Allimprovviso capì. Non era un biologo, non leggeva articoli scientifici. Ma qualcosa di antico brillò nei suoi occhiun istinto rimasto dai tempi in cui luomo e la natura parlavano la stessa lingua.

Aspettate sussurrò. Vuole che la seguiamo.

Fece un passo verso il bordo. La lontra corse avanti, girando la testa per controllare se lo seguivano.

E allora Luigi la vide.

Laggiù, tra le reti aggrovigliate, alghe e corde rotte, una lontra femmina si dibatteva. Le zampe erano intrappolate, la coda si agitava impotente nellacqua. Ogni movimento la rendeva più prigioniera. Stava annegando. Nei suoi occhi cera terrore. Accanto a lei, in superficie, nuotava un cucciolouna pallina di pelo che si stringeva alla madre, senza capire, sentendo solo la morte avvicinarsi.

La lontra maschio, quella che aveva chiesto aiuto, era seduta sul molo e osservava. Non guaiva, non correva. Solo guardava. E in quello sguardo cera più umanità che in tanti uomini.

Presto! gridò Luigi. È qui! Si è impigliata nella rete!

I pescatori corsero al bordo. Qualcuno saltò sulla barca, altri iniziarono a tagliare le reti. Tutto avvenne in un silenzio teso, rotto solo dal respiro affannoso dellanimale e dallo sciabordio delle onde.

I minuti sembravano ore

Quando finalmente la liberarono, la femmina era al limite. Tremava, le zampe quasi non rispondevano. Ma il cucciolo si avvicinò, e lei lo leccò con dolcezza.

Rimettetela in acqua! urlò qualcuno. Subito!

Con delicatezza, le riportarono in mare. E in un attimomadre e cuccioloscomparvero nel blu. Il maschio, che aveva osservato immobile tutto il tempo, si tuffò dietro di loro.

Tutti rimasero fermi. Nessuno parlò. Respiravano, come se fossero appena usciti da una battaglia.

Poi, pochi minuti dopo, lacqua si mosse di nuovo.

Lui tornò.

Da solo.

Riemerse sul molo, fissò gli uomini. Poi, lentamente, con fatica, tirò fuori dalle zampe anteriori una pietra. Grigia, liscia, un po consumataera visibile il segno del tempo e delluso. La posò sulle assi, proprio dove aveva implorato aiuto.

E sparì.

Silenzio.

Nessuno si mosse. Persino il vento sembrò fermarsi.

Ci ha lasciato la sua pietra? sussurrò un ragazzino.

Luigi si inginocchiò. La raccolse. Era fredda. Pesante. Ma non per il suo pesoper il suo significato.

Sì disse, con la voce rotta. Ci ha dato la cosa più preziosa che aveva. Perché per una lontra, questa pietra è come il suo cuore. È il suo strumento, la sua arma, il suo giocattolo, il suo ricordo. La porta con sé per tutta la vita. Ogni lontra ne trova unae non se ne separa mai. Non serve solo per aprire i gusci la ama. Ci dorme, ci gioca, la mostra ai cuccioli. È la sua famiglia. È la sua vita.

E lui ce lha donata.

Le lacrime rigarono il volto di Luigi. Non se ne vergognava. Nessuno lo faceva.

Perché in quel momento, tutti capirono: stava ringraziando. Non con un ringhio, non con un movimento. Dando via ciò che aveva di più caro. Come un uomo che dona lultima camicia per salvare qualcuno.

Qualcuno filmò il tutto. Il video durava venti secondi. Ma bastarono per commuovere milioni di persone.

Si diffuse ovunque. La gente scriveva:

“Ho pianto come un bambino.”
“Ora non posso più credere che gli animali siano macchine.”
“Oggi ero arrabbiato col vicino per il rumore e la lontra ha dato tutto per amore.”

Gli scienziati poi dissero che le lontre sono tra gli animali più emotivi. Che piangono quando perdono i cuccioli. Che dormono tenendosi per mano per non separarsi. Che giocano non per fame, ma per gioia. Che hanno unanima.

Ma in quel gestoin quella pietra lasciata sul molonon cera solo unanima.

Cera gratitudine. Pura. Senza secondi fini. Quella che raramente si vede tra gli uomini.

Luigi conserva ancora quella pietra. Sulla mensola, accanto alla foto della moglie, che se ne andò cinque anni fa. A volte, quando cè silenzio, la guarda e pensa:
“Forse potremmo imparare qualcosa dagli animali?”

Perché in un mondo dove ognuno pensa solo a sé, dove la bontà si nasconde come in una grottauna piccola lontra ha dimostrato che lamore e la gratitudine sono più forti degli istinti.

Che il cuore non è nel petto. È nei gesti.

E la pietra?
La pietra è un ricordo.
Che anche nel selvaggio mare esiste qualcosa di più della sopravvivenza.

Il cuore vive.

Se hai un minutocondividi questa storia. Forse qualcuno, leggendola, si fermerà un attimo e guarderà il mondo diversamente. Vedrà nel cane che corre non un ostacolo, ma un amico. Nelluccello sul ramo non un rumore, ma una canzone. Nellanimale non una bestia, ma un fratello.

E forse, un giorno, anche noi lasceremo sulla riva non rifiuti ma qualcosa di davvero prezioso.

Come una pietra.
Come un cuore.
Come lamore.

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