La moglie taceva. Ma la suocera rivelò tutto.

Isabella non disse nulla. Ma sua suocera parlò a lungo.

– Isa, sei davvero una ragazza fantastica! Che cuoco! E il tuo appartamento? Perfetto! Che fortuna ha il nostro Enzo! – Rosa Lombardo sorrise, addentando un crostino di baccalà. – Quando il defunto mio marito, pace all’anima sua, ripeteva sempre che la vera donna deve essere indipendente. La bellezza? Puffo, dura poco!

Isabella sorrise, si alzò e tornò in cucina a prendere un’insalata in più. Era abituata ai complimenti sempliciotti della suocera, che spesso nascondevano qualcosa di spiacevole.

– Enzo dovrebbe ringraziare il destino che ti ha incontrata. Mi innervosisco sempre quando vedo le ragazze moderne che passano il tempo nei locali, – continuò Rosa, ignara del cipiglio del figlio. – Noi donne portavamo a casa il pane, eravamo ordinate, e diventavamo mamme in fretta…

Enzo lanciò uno sguardo implorante a sua moglie, appena rientrata in salotto.

– Mamma, prova l’insalata, con gamberi – suggerì Isabella, come se non avesse notato l’altra frequente allusione.

– Grazie tesoro! E non preoccuparti, ve la caverete – disse Rosa, battendo l’indice sul tavolo. – Quando aspettavo Enzo, avevo appena ventidue anni. E non feci nessun problema. Oggi invece voi ragazze vi cherite alla carriera, e poi piangete perché non rimanete incinte…

Isabella strinse le labbra, immobile. Aveva trenta anni, e quei discorsi sulle gravidanze facevano male. Trenta tentativi di adozione tecnico-assistita avevano minato la sua forza. Lei e Enzo non avevano perso la speranza, ma la pressione materna, alzata a ogni incontro sui nipoti, stava diventando soffocante.

– Mamma, cambiamo argomento – intervenne Enzo, stringendole la mano. – La tua nuova palazzina come va? Sembra ti abbia trovato un bell’angolo a Trastevere?

– Se fosse andato tutto bene! Quei muratori hanno rovinato la stanza… – Rosa sospirò. – Ora mi tocca rifare da sola. Ma a miei anni salire sulle scale non è proprio il massimo. Per fortuna Martina, la vicina, mi aiuta quando posso.

– Eppure eravamo pronti a dare una mano – ricordò Enzo.

– Ah, siete troppo occupati. Tutte quelle riunioni e i vostri affari! Quando posso venire a trovare la mia vecchia?

– Mamma!

– Bene bene, capisco. Ma sai, quando ero tu l’età hai sempre finito il lavoro, tenuto casa e cresciuto tuo figlio. Sola, bada bene! Dopo che tuo marito se n’è andato.

Nel silenzio che seguì, Enzo strinse la mano di sua moglie. Isabella fissava il motivo sul tovagliolo. Da anni aveva imparato che discutere con Rosa era inutile. Le sue parole sempre finivano lì: i giovani sono viziosi, prima era meglio, adesso niente va più bene.

– Enzo, ricordi la figlia di Vittoria? Quella lì, Sabina? – chiese a un tratto. – Ha già due bimbi e fa la commercialista. Eccola, una donna! A ventisei anni, via!

– Brava – disse lui, asciutto. – Mamma, prendi il dolce? Isabella ha preparato la sua torta alla ricotta…

– Che gentile! – Rosa si illuminò. – Di nuovo, tesoro, chi si sarebbe aspettato che fossi così organizata! Mi ricordo che quando ti conobbi, stavo male per il tuo fidanzamento. Sì, perch’eri più grande di Enzo…

– Di due anni – lo interruppe lui. – Non è un divario.

– Certo che no! – Rosa alzò le mani. – Allora pensavo… sciocchezze. L’importante che siate felici. Solo, un bambino…

– Mamma!

– Dico? – si ingigantì lei. – È una cosa seria, un problema…

Isabella si alzò bruscamente.

– Un momento, devo fare una telefonata – disse freddamente, e uscì in balcone.

Enzo la segui con lo sguardo, preoccupato. Poi si voltò verso sua madre.

– Perché lo fai?

– Cioè?

– Non smetti di ricordarglielo. Sai quanto stiamo cercando…

– Mi preoccupo! – Rosa afferrò la gonna. – E vedi… forse state usando i metodi sbagliati. Martina mi ha parlato di una sua amica che con l’omeopatia…

– Mamma, basta – lui era fermo. – Isabella e io ci stiamo curando bene. E farò in modo che le sue cicatrici siano rispettate. Non servono i tuoi paragoni con gli altri bambini.

– Voglio i miei nipoti, figlio – Rosa abbassò la voce, gli occhi lucidi. – Mentre sono viva…

– Ne hai cinquantotto.

– Nel nostro ceppo le donne muoiono presto! – esclamò, drammatica. – La nonna ne aveva sessanta quando è andata via… un maledetto destino, forse.

Enzo si massaggiò le tempie. Quella conversazione si ripeteva sempre, finendo con sua madre infastidita, Isabella chiusa in se stessa, e lui in mezzo. Era esasperante.

Quando rientrò in salotto, Isabella era come sempre: tranquilla, solo con gli occhi un po’ più vivaci.

– Mamma, vuoi del caffè? – chiese, come se nulla fosse.

– No, cara, posso bere solo camomilla – Rosa sospirò. – Ma un tè dolce posso.

La serata continuò lì. Rosa raccontò le sue paure – che invecchiava, che i suoi amici avevano figli che le telefonavano ogni fine settimana, la portavano in campagna… Enzo cercava di sostenere il dialogo. Isabella ascoltava, ogni tanto sorridendo o offrendo altro cibo.

Alla fine, la Lombardo si preparò a partire.

– Enzo, accompagnarmi? – disse, mettendosi il cappotto. – Fa buio e un po’ mi spaventano le strade notturne.

– Benissimo – lui baciò sua moglie. – Torno subito.

Appena si richiuse la porta, Isabella si accasciò sul divano. Stavolta aveva tenuto il silenzio, ma era successo. Certe volte le sembrava che un’esplosione l’avrebbe ricacciata dentro. Ma non poteva. Enzo era innamorato di sua madre, e litigare l’avrebbe solo distrutto.

Stava sparecchiando quando il telefono ronzò. Salì il nome della suocera.

– Signora Rosa, ha dimenticato qualcosa? – chiese, fredda.

– No cara – la voce fu inaspettatamente dolce. – Enzo è uscito per un taxi, e pensavo, forse dobbiamo parlare. Due donne, da sole.

– Di che cosa? – si irrigidì Isabella.

– Di bambini. So che state provando. E so quanto è difficile per te.

Isabella sentì un nodo alla gola.

– Mamma…

– No, lasciami finire – Rosa lo fece. – Anch’io… dopo Enzo ho avuto tre aborti spontanei. Sognavo una figlia, ma non è successo.

Rimase a mano tremante con il piatto.

– Non lo sapevo.

– Enzo non lo sa – disse lei, sottovoce. – Non l’ho mai detto a nessuno. Un tempo si pensava che fosse una vergogna… come se una donna con problemi fosse imperfetta.

– Ancora oggi tante lo credono – Isabella sorrise amaramente.

– E io lo credevo – svelò Rosa, inaspettatamente. – Quando siamo venuti qui a cena, ti ho vista così brillante, potente. Seppi che non avevi figli… e sentii di nuovo la ferita di anni fa. Così, ti ho accennato a quello che facevo male.

– Perché mi dici sempre delle cose? – le lacrime stavano per rompere il controllo. – È… doloroso.

– Scusami cara – c’era un singhiozzo nella voce. – Pensavo che se ti avessi messo pressione, forse… Enzo ieri me lo ha spiegato. Il vostro piano… le tecniche…

– La grazia che Enzo ti ha detto – Isabella chiuse gli occhi. Non sapeva nemmeno cosa dire. Quella confessione improvvisa aveva sconvolto ogni suo equilibrio.

– Ma vorrei i miei nipoti – sussurrò Rosa. – Non a costo del vostro amore. Capisci? Lui e te… siete la mia felicità. Senza altri figli, adottate. Ce ne sono tanti. Oppure … chissà. Forse vi arriverà un bambino.

Isabella non disse nulla. Ogni parola di una donna che l’aveva sempre criticata le faceva male, ma anche riconoscente.

– Sì, vorrei – ammise. – Ma anche tu, non sei stata sola. Ogni volta che hai perso un figlio, ti sei portata indie il dolore. Enzo ti ha pagato per questo. Non puoi ricordarti quando hai smesso di sentirti una persona, non una madre o una insegnante. Hai dato tutto per sopravvivere.

Rimase in silenzio, abbagliata dalla sincerità di una donna che era sempre sembrata di ghiaccio.

– Bene, chiacchieriamo troppo – si fermò Rosa. – Enzo tornerà presto. Sappi che non ti tengo rancore. Voglio solo il tuo bene.

– Grazie – Isabella sussurrò.

– Arrivederci cara – e la chiamata finì.

Isabella restò a lungo col telefono in mano, immobile. Per tre anni con la suocera non c’era mai stato un momento di fiducia. Eppure quel dialogo aveva cambiato tutto.

Quando tornò Enzo, la trovò con le lacrime e un sorriso insolito.

– Che succede? – le domandò. – Mamma ti ha detto qualcosa?

– Sì – annuì lei. – Molte cose.

E gli raccontò il colloquio. Senza dire troppo, ma abbastanza perché Enzo ascoltasse, sbalordito.

– Non sapevo degli aborti – disse lui.

– Lei non voleva farti stare male – Isabella lo strinse. – Penso, sua madre è sola. Forse tutte quelle critiche sui bambini… è il suo modo per stare vicina.

Enzo ci rifletté.

– Dobbiamo andarla a trovare di più?

– Forse, possiamo farle ospitare qui – suggerì Isabella, sorprendendosi. – Dopo il rinnovo dell’appartamento. Così potremmo conoscerci meglio.

Lui la fissò con diffidenza.

– Ne sei sicura? Mia madre può essere… difficile.

– Come tutti – le sorrise. – Per anni ho taciuto quando avrei dovuto parlare. Forse ora dobbiamo essere un po’ più sinceri fra noi.

Il giorno dopo, Isabella chiamò la suocera da sola.

– Mamma, buenissimo – disse, sorpresa della sua voce. – Pensavamo… perché non venisse a stare da noi fino a quando finisce il rinnovo? La stanza degli ospiti è libera. E non deve più controllare i muratori ogni giorno.

Dopo un po’ di silenzio, Rosa parlò con voce tremante:

– Ce l’hai fatta… ho sognato di stare con voi. Bene.

– Complimenti, sai – Isabella sorrise. – Forse puoi insegnarmi a fare qualcosa, tipo i cinque topi incrociati?

– Certo! – fu la voce rallegrata. – In una settimana farò invidia a tutte le mie amiche!

Quando terminò la chiamata, Isabella provò una strana sensazione. Forse la suocera non sarebbe mai diventata una sorella, ma c’era un inizio di intelligenza.

Per i mesi seguenti Rosa viveva con loro. All’inizio le tensioni tornavano, ma piano piano si trasformavano in complicità. Un giorno, Isabella vide i segnali dell’evoluzione. Prima che facesse l’esame, Rosa lo intuì.

– Ho detto che ce la farai – sorrise Rosa, abbracciando Isabella. – Ma ci si deve aspettare un attimo.

Isabella non replicò, ma le rispose con un abbraccio più forte. Talvolta il silenzio è d’oro. Ma è più raro trovare un dialogo sincero, seppur cominciato in una notte, con una persona che si credeva estranea.

Rosa rimase con loro anche dopo il rinnovo. Tre mesi dopo nacque un neonato. Con lei si presentò un altro uomo: Vittorio, un vedovo con passione per la musica. Presto, house si arricchì di un’altra anima.

– Che bellezza, quando c’è un uomo! – disse Rosa una sera, mentre preparava il sugo con Isabella e Enzo e Vittorio sistemavano i mobili. – Adesso sì che posso dirti: una buona donna è organizzata, e la bellezza? Passa. Ma non basta. Serve qualcuno che ti capisca.

Isabella guardò sua suocera, rinata, più giovanile, che non parlava delle malattie o dei vicini. E sorrise.

– L’importante è, quando si può stare insieme – disse. – E quando si può parlare.

Rosa annuì, capace. Un anno dopo la notte di confessione, molte cose erano cambiate. Ma la cosa più grande era che tra loro non c’era più una muro. Perché, quando una moglie tace, sua suocera ha la forza di dire tutto quello che conta davvero.

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