**La Segretaria con una Sorpresa**
— *Giulia, ricordami dove ho messo il caffè?* — la voce di Marco Antonelli, il suo capo, risuonò irritata.
— *Sullo scaffale in alto, come sempre* — rispose tranquilla Giulia, alzando gli occhi dall’agenda.
— *Hai una buona memoria, almeno a qualcosa servi* — si lasciò sfuggire lui con un sorriso sarcastico, sbattendo lo sportello dell’armadio.
L’ufficio tremò. Come sempre. Come ogni giorno. Marco Antonelli, quarantenne affascinante con i capelli brizzolati alle tempie e una piega perfetta, era la stella dell’azienda. Lo temevano, ma lo rispettavano — per i risultati, per la sicurezza, per lo stile. Giulia non la temeva e non la rispettava nessuno. Era invisibile.
Era diventata parte dell’arredamento: indispensabile, ma ignorata. I documenti? Li gestiva lei. I contratti? Li stampava lei. I compleanni dimenticati dei colleghi? Li ricordava lei. Ma nessuno diceva mai *grazie*.
— *Giulia, porta l’acqua, abbiamo una riunione tra dieci minuti!* — le lanciò una collega dell’amministrazione.
— *Subito* — sospirò lei, prendendo la caraffa.
La sua vita in quell’ufficio si svolgeva all’ombra degli altri. Eppure era iniziata con speranza. Si era laureata con lode, sognava persino il dottorato. Ma la mamma si ammalò, e dovette mettersi a lavorare. Entrò nella grande azienda *Gruppo Astral* — prima come assistente, poi come segretaria del direttore.
Cinque anni. Cinque anni a portare caffè, gestire l’agenda del capo e subire umiliazioni in silenzio. Nessuno sapeva che in quei cinque anni aveva tenuto un diario dettagliato. E negli ultimi sei mesi aveva anche registrato tutto.
Marco Antonelli, il prediletto degli investitori, si sentiva sempre più intoccabile. In privato parlava di gonfiare i contratti, di “convincere” i concorrenti, di “aggiustare” i conti con gli auditor. Lui credeva che accanto a lui ci fosse il vuoto. Invece c’era Giulia.
— *Giulietta, vieni qui* — un giorno Marco la chiamò senza alzare gli occhi dal telefono. — *C’è una nuova ragazza che arriva, la stagista. Spiegale dove sta il caffè, il bagno, dove sedersi. Il resto non è affar tuo. Sei la mamma dei passeri, no?*
— *Certo* — annuì lei, uscendo e annotando l’ora e la frase sul taccuino. Ormai registrava tutto automaticamente.
A tarda sera, quando l’ufficio era vuoto, apriva il laptop e inseriva i dati in un file. Aveva registrazioni, scansioni di documenti, estratti di email, conversazioni con i fornitori. Sapeva che prima o poi le sarebbero serviti.
E quel momento arrivò.
Alla fine di marzo si sparse la voce: c’era un’ispezione a sorpresa in arrivo. Qualcuno aveva notato delle stranezze nei bilanci. Lo stesso giorno, Marco la chiamò nel suo ufficio.
— *Giulia, dobbiamo sistemare un po’ i numeri nel report. Tu sei brava* — le strizzò l’occhio e le passò una chiavetta. — *Ma silenzio. Sei una ragazza intelligente. Non dire niente a nessuno.*
Lei prese la chiavetta. La sera ne copiò il contenuto. Fece backup. E scrisse una mail. Non alla polizia — non ci credeva. Inviò il dossier in modo anonimo alla sede centrale del *Gruppo Astral*, dove stavano i veri azionisti.
Passarono tre settimane. Continuò ad andare al lavoro come se niente fosse. Finché un giorno entrarono nell’ufficio uomini in abiti scuri.
— *Marco Antonelli? Siamo qui per un’indagine interna. La preghiamo di seguirci.*
Giulia infilò la chiavetta in tasca senza fare una piega.
In azienda scoppiò il panico. L’amministrazione ronzava come un alveare. Alcuni furono licenziati, altri sospesi. Ma a pagare il prezzo più alto fu Marco.
Due settimane dopo, la chiamarono in sede centrale.
— *Giulia Mancini, abbiamo esaminato i materiali. Grazie a lei abbiamo fermato le frodi e salvato la reputazione dell’azienda. Abbiamo bisogno di qualcuno di fidato che conosca la struttura dall’interno e riporti ordine nella filiale. È disposta a provare come manager ad interim?*
Ci mise un attimo a crederci.
— *Io? Manager?*
— *Sì. Vediamo del potenziale in lei. E soprattutto, non si è piegata quando avrebbe potuto. Questo vale molto.*
…
Un mese dopo, l’ufficio di Marco era suo. La targa sulla porta cambiò. I colleghi che prima le urlavano *portami questo*, ora bussavano con un sorriso impacciato.
— *Giulia Mancini, possiamo parlare un attimo?*
Lei ascoltava, attenta. Non si vendicava, ma non perdonava neppure.
Un giorno le si presentò davanti Luca dell’IT.
— *Senti, Giulia… anzi, Giulia Mancini* — arrossì — *io una volta… beh… dicevo che eri come un mobile… Scusami. Sono stato un idiota.*
Lei lo guardò e sorrise lieve:
— *L’importante è che ora tu sappia come trattare le persone.*
Lui annuì e uscì.
Quella sera rimase in ufficio più del solito. La stanza era silenziosa, la luce morbida sul tavolo. Mise una tazza di caffè accanto al laptop e aprì la cartella con gli appunti. Li spostò in archivio.
— *È per te, Marco Antonelli* — sussurrò. — *Per tutte le “Giuliette” e i “almeno a qualcosa servi”.*
Poi chiuse il computer e uscì. Domani sarebbe stato un nuovo giorno. E quella donna “invisibile” ora aveva una vita che tutti vedevano. E voce. E potere. E il diritto al rispetto.
Passarono sei mesi dalla nuova targa sulla porta. Giulia si era abituata al ruolo — manager ad interim della filiale del *Gruppo Astral*. Ma quella parola, *ad interim*, le pesava come una spada di Damocle. Gli azionisti avevano promesso: se la filiale si riprendeva, sarebbe rimasta. Altrimenti avrebbero cercato qualcuno “più esperto”.
E lei lavorava. Dalla mattina alla sera, senza pause. Rivoltò la struttura, licenziò i fannulloni, ottimizzò i processi, rinegoziò con i fornitori. E per la prima volta in dieci anni, iniziò a pranzare lontano dal computer.
Ma la parte più difficile non era quella. Era sopportare gli sguardi. La gente in ufficio ancora non sapeva come comportarsi. Alcuni la guardavano con rispetto, altri con invidia. Altri ancora con paura. Lei non cercava di farsi amare. Le bastavano i risultati.
Una sera rimase più tardi del solito. Stava controllando i documenti di una nuova partnership quando bussarono alla porta.
— *Posso?* — sull’uscio c’era un uomo alto, con una borsa e qualche filo grigio tra i capelli. — *Alessandro Rossi. Rappresentante degli azionisti. Mi hanno trasferito dalla sede centrale.*
— *Prego* — annuì Giulia. — *Vuole parlare del nuovo progetto?*
— *Anche. Ma sono qui soprattutto per un’osservazione. Mi hanno chiesto di valutare la filiale negli ultimi sei mesi. E devo ammetterlo: sono impressionato.*
Lei non rispose subito. Era inaspettato. I complimenti li riceveva raramente,Lei sorrise, guardando fuori dalla finestra, e rispose: *”Allora cominciamo davvero.”*






