La Suocera è Restata per l’Estate

La suocera restò per l’estate

“Ginetta, che ne dici se resto da voi per l’estate?” propose Elena Marchetti, asciugandosi le mani con un canovaccio da cucina. “I vicini di sopra hanno allagato il mio appartamento, ora devo rifare tutto. I muratori dicono che non finiranno prima dell’autunno.”

Ginetta si bloccò, mestolo in mano sopra la pentola del minestrone. Un’estate con la suocera? Tre mesi sotto lo stesso tetto? Nella mente ripercorse tutte le vacanze dei bambini, il congedo del marito, le gite in campagna… e tutto quel tempo con Elena che avrebbe commentato, consigliato e osservato con disapprovazione ogni cosa.

“Certo, mamma,” sentì la propria voce rispondere. “Certo, resti pure. Dove altro potrebbe andare?”

“Ecco, brava!” esultò la suocera. “Non sarò d’intralcio, anzi, vi aiuterò, terrò d’occhio i nipotini. Sandrino è sempre al lavoro, e tu qui da sola con i bambini…”

Sandro in effetti rientrava tardi ogni sera, ma Ginetta gestiva benissimo i due figli: Dario di dieci anni e la piccola Cecilia di sette. Ci riusciva, almeno finché Elena non aveva sconvolto la loro routine con le sue regole.

Già il giorno dopo la suocera aveva iniziato a “sistemare”. Lavò di nuovo tutti i piatti perché secondo lei Ginetta non sciacquava bene il detersivo. Riordinò il frigorifero, spiegando che il salame va riposto solo nel ripiano alto, non a casaccio. Raccolse i giocattoli dei bambini e li chiuse in scatole dentro la dispensa.

“Perché lasciare tutto in disordine?” disse a Cecilia, che cercava la sua bambola preferita. “Si gioca e poi si riordina.”

Cecilia scoppiò in lacrime, mentre Ginetta, serrando i denti, recuperava i giochi.

“Elena, i bambini devono sentirsi liberi a casa loro,” provò a obiettare.

“Liberi non significa maleducati,” tagliò corto la suocera. “Ai miei tempi i bambini avevano un’educazione.”

Dario, udendo la discussione, borbottò qualcosa e sparì in camera sua. Evitava la nonna, che continuava a rimproverarlo: la musica troppo alta, troppo tempo al computer, troppo chiasso con gli amici.

Quella sera Sandro tornò affamato e stanco. Ginetta gli scaldò la cena, ma prima che potesse servirla, Elena intervenne.

“Sandrino, sei pelle e ossa!” si lamentò, riempiendogli il piatto di minestrone. “Ginetta non ti nutre, sempre roba già pronta. Domani vado al mercato, prendo della carne fresca, ti faccio le polpette.”

“Mamma, non serve, abbiamo tutto,” provò a fermarla Sandro, ma lei era già in vena.

“Cosa vuol dire non serve? Sei mio figlio, mi preoccupo per te! Qui vi vedo trascurati… Camicie stropicciate, calzini bucati. Una volta una moglie badava al marito come si deve.”

Ginetta sentì ribollire il sangue. Aveva passato il giorno tra pulizie, lavatrici, scuola e attività dei bambini, e ora si sentiva accusata di trascurare la famiglia!

“Mi occupo della mia famiglia,” disse a denti stretti. “Sono altri tempi, Elena.”

“Tempi, tempi,” sbuffò la suocera. “La famiglia è sempre quella.”

Sandro divorò il minestrone in silenzio. Non si immischiava mai tra moglie e madre, e questo la irritava più di tutto. Per una volta avrebbe potuto difenderla.

Dopo una settimana, la tensione era al culmine. Elena criticava tutto: la cucina, l’educazione dei figli, le pulizie. Si svegliava alle sei e rumoreggiava in cucina. I bambini si lamentavano: la nonna li rimproverava persino su come tenere il cucchiaio.

“Mamma, magari potresti andare a trovare zia Livia?” propose Sandro durante un’ennesima lite.

“Ah, sono di troppo?” sbottò Elena. “Vi do una mano e mi cacciate? Livia vive in un bilocale, non c’è spazio! Oppure vi do fastidio?”

“Non è così,” mentì Ginetta. “È solo…”

“È solo cosa? Parla chiaro!”

“È solo che abbiamo modi diversi di vivere,” rispose cauta. “E di crescere i bambini.”

“Ecco!” esclamò trionfante Elena. “Allora secondo voi il mio modo è sbagliato? Eppure Sandro è cresciuto bene! Perbene, lavoratore!”

“Mamma, basta,” la interruppe Sandro stanco. “Siamo tutti nervosi.”

“No! Voglio capire cosa ho fatto di male!”

Ginetta respirò a fondo. L’ira accumulata stava per esplodere.

“Non è colpa sua,” ripeté. “Ma ogni famiglia ha i suoi confini.”

“Confini! Per una madre!” sbuffò Elena. “Che tempi…”

Dario e Cecilia si rannicchiarono in un angolo, intimoriti.

Il giorno dopo Ginetta parlò ai bambini.

“Come state, piccoli?” li fece sedere sul divano.

“La nonna è strana,” confessò Cecilia. “Dice sempre che siamo maleducati.”

“A me ha detto che il computer mi rovina il cervello,” aggiunse Dario. “Che ai suoi tempi si giocava in strada.”

“La nonna è abituata a un’altra vita,” spiegò Ginetta. “Vi vuole bene.”

“Ma io mi sento a disagio,” sussurrò Cecilia. “Posso mangiare qui invece che in cucina?”

Ginetta la strinse. Anche lei si sentiva un’ospite in casa sua. Ora tutti camminavano in punta di piedi.

Ma Elena continuava: rilavò gli asciugamani (“Puzzano”), pulì i vetri (“Aloni”), buttò via spezie (“Robaccia”).

“Perché ha gettato il curry?” chiese Ginetta.

“A cosa serve? Basta sale, pepe e alloro!”

“Ma io lo uso!”

“E fa male allo stomaco!”

Ginetta scoppiò in lacrime in bagno. La casa era un campo di battaglia.

Quella sera parlò con Sandro.

“Sandro, non posso andare avanti così.”

“Resisti, non sarà per sempre.”

“Fino all’autunno! I bambini sono nervosi, io sono allo stremo, e tu dici solo di resistere!”

“Che posso fare? È mia madre.”

“Parlale! Spiegale che qui ci sono le nostre regole!”

“La conosci. Si offenderebbe. Mi fa pena.”

“E io no? E i tuoi figli?”

Sandro girò la testa. La discussione finì lì.

La situazione cambiò dopo un episodio. Ginetta era uscita a prendere Cecilia dalla danza e tornò tardi per l’autobus. A casa trovò Dario in lacrime e Elena che urlava a Sandro.

“Che succede?”

“Questo monello ha rotto la mia tazza di cristallo! Quella che mi regalò tuo padre!”

“Non è vero!” singhiozzò Dario. “Mi è scivolata!”

“Non dire bugie! L’ho visto lanciarla!”

“Dario non farebbe mai una cosa simile,” lo difese Ginetta.

“Ecco, sempre a proteggerlo!”

“Mamma, calmati,” disse Sandro. “Dario, racconta.”

Il bambino spiegò che aveva preso la tazza fragile e si era rotta con l’acqua calda.

“E la nonna ha detto che i bambini come me vanno in collegio!”

Ginetta impallidì. Guardò Elena con tale freddezza che la suocera indietreggiò.

“Elena,” sibilò, “se mai ripeterai una cosa del genere, non rispondo di me.”

“Come ti permetti? È mio nipote!”

“È mio figlio! E in casa

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