La suocera invadente si presentava a casa mia come se fosse la sua fino al mio “ritorno accogliente”.

**Diario Personale**

A volte la vita decide che il nemico in casa non è un estraneo, ma una suocera con un sorriso gentile e un contenitore pieno di polpette sospette. Mi chiamo Beatrice, sposata da due anni, e come si suol dire, tutto andava bene tra me e mio marito finché sua madre non ha iniziato a «riscaldare il nostro focolare» un po troppo spesso. Con una frequenza tale che persino il postino passava meno di lei.

Stavo sistemando la spesa nella dispensa quando, allimprovvisoil campanello suona. Apro. Ovviamente, chi altri? Maria Rosa, mia suocera.

«Beatrice, buongiorno! Ho preparato delle polpette! Di baccalà! Freschissime!» Porge allegramente il suo contenitore di plastica.

Sospiro. Io e mio marito odiamo il pesce da sempre. Io, me ne hanno riempita da piccola, e lui, figlio di un pescatore, ne ha mangiato così tanto che avrebbe quasi sviluppato le branchie. Glielabbiamo detto. Più volte. Ma mia suocera faceva finta di niente.

«Maria Rosa, non mangiamo pesce Lo sa bene.»

«Ma non si butta via! Tenetele, magari le date a qualcun altro!» si giustificava.

Ma non erano solo quelle maledette polpette. Veniva sempre più spesso. Senza avvisare. Senza bussare. Entrava come se fosse a casa sua e iniziava le sue «ispezioni»:

«Oh, cosè questo formaggio? Non lho mai assaggiato, ne prendo un pezzetto. E un po di salame anche, poi ne compri dellaltro. Ah, vi ho portato del pescebisogna saper condividere!»

A ogni visita, la sua fame cresceva. Un giorno è arrivata con unamica. Senza avvisare. Senza chiedere.

«Eravamo in farmaciaabbiamo pensato di scaldarci un po. Ci offri un caffè?»

Mentre io rimanevo immobile sulla soglia, lei frugava già allegramente nel frigo, tirando fuori marmellata, formaggio, biscotti, mentre lamica si sistemava comodamente a tavola.

Mi sentivo unestranea in casa mia. Mio marito alzava le spalle«è Mamma, è gentile». Gentile? Lavevo vista nascondere il nostro ananas sotto il cappotto. Non era più aiuto né attenzioneera unoccupazione sfacciata.

Così, ho architettato un piano. Dolce, ma preciso. Il giorno dopo, ho preso la mia amica Francesca, abbiamo comprato i sushi più piccanti del quartiere e, senza avvisare, siamo andate da Maria Rosa.

«Buongiorno, passavamo di qui e abbiamo pensato di farvi visita! Vi abbiamo portato dei sushiassaggiateli!» sorrido, piazzandole il piatto tra le mani.

Mia suocera è impallidita. Odia i sushi. Una volta li ha assaggiati e da allora li chiama «topi crudi sul riso».

«Accomodatevi, vedo cosa avete di buono, anchio» dico, dirigendomi verso il suo frigo.

Tiro fuori couscous, insalata russa, una tortatutto finisce sul tavolo. Francesca ride già a crepapelle.

«Maria Rosa, non le dispiace, vero? Vi ho portato dei sushi, è giusto scambiarsi i favori, no?» aggiungo con falsa innocenza.

Maria Rosa è rimasta come inchiodata. Senza parole. Ha capito. Ha capito cosa si prova ad avere qualcuno che si presenta a casa tua senza invito.

Sono andata via ringraziandola per l«accoglienza calorosa», promettendo di tornare presto.

Da allora, tutto è cambiato. Ora chiama prima di venire, le sue visite sono rare, discrete. Ci porta anche cose che ci piacciono davvero. Niente più pesce. A volte, non serve litigare. Basta mostrare loro uno specchio.

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