La vita è breve, non pensarci troppo

La vita è fugace, non c’è tempo per pensare troppo.
La vita è complessa e a volte ingiusta. Ma talvolta ci regala sorprese che le donano un nuovo significato. Ci dà la possibilità di rimediare agli errori del passato, di comprendere il vero valore dell’esistenza, di diventare migliori di prima.

Prospero Zaccheo seppellì la moglie otto anni prima, e da allora non si risposò. All’inizio, vissero solo lui e il figlio Arturo in quella grande casa a due piani, dove tutto era ordinato e curato, accogliente, ogni cosa plasmata dalle mani della moglie Elisa. Ma lei se ne andò, lasciando il marito e il figlio. Da quel momento, Prospero non spostò più un mobile, tutto rimase com’era quando c’era Elisa. Lui e Arturo si limitavano a mantenere la pulizia, entrambi erano uomini precisi.

Arturo finì il liceo e si iscrisse all’università. Era un bel ragazzo, le ragazze gli si attaccavano già a scuola, e lui non si sottraeva.

“Arturo, ti comporti male con le donne,” gli diceva il padre. “Prima o poi qualcuna ti porterà un figlio prima del tempo. Allora capirai, dovrai sposarti.”

All’università fu lo stesso. Quando il figlio partì per un’altra città, Prospero rimase solo. Ma non aveva fretta di conoscere altre donne, forse perché non riusciva a dimenticare la sua amata Elisa. Tra loro c’era stato un amore vero, cosa rara nella vita.

Un giorno, arrivò a trovarlo il vecchio compagno di scuola e amico Oliviero. Stavano nel cortile dietro casa, cuocevano la grigliata e chiacchieravano.

“Come sta tuo figlio? E tu, come va?” chiese Oliviero.

“Tutto bene, le cose vanno a gonfie vele. Arturo è il mio braccio destro, dopo l’università mi aiuta, ma non si decide a sposarsi. In questo, non è come me,” rise Prospero. “L’anno prossimo penso di espandere gli affari. E tu?”

“Io me la cavo, sai, faccio il contadino, ho imparato tanto. È una vita che mi piace. E poi mi sono risposato, sai che ho lasciato Irma? Ora ho una moglie giovane, quasi due decenni più piccola di me. Però con mia figlia non riesco più a parlare. Si arrabbia, anche se è sposata, non le piace che la mia nuova moglie sia così giovane. Ma pazienza, forse col tempo si sistema tutto,” raccontò Oliviero. “Tu invece, Elisa è morta da anni e sei ancora solo. È ora di risposarsi, senza una donna è difficile.”

“No, Oliviero. Non è nei miei piani. Certo, ci sono tante donne libere, e l’attenzione femminile non mi manca, lo sai. Non devo neanche andare lontano, in ufficio ci sono brave donne. Ma per ora non penso a rifarmi una famiglia,” spiegò Prospero.

Accanto a lui viveva Margherita, una bella donna che aveva sepolto il marito tre anni prima e viveva sola. La figlia era sposata. Prospero parlava con lei, e in qualche modo lei lo turbava, ma si comportava con compostezza, come si addice a una vedova. Nessun accenno di flirt, al massimo un dolce fatto in casa o delle mele dal suo giardino. Si scambiarono i numeri di telefono, su proposta di lui:

“Margherita, scambiamoci i numeri, viviamo entrambi soli, non si sa mai. Se non ci vediamo per un po’, ci chiamiamo.”

“Hai ragione, Prospero. La vita è imprevedibile,” concordò la vicina.

Dopo aver accompagnato Oliviero, Prospero crollò a letto, sazio di carne e un po’ di cognac, anche se entrambi avevano bevuto con moderazione. Il giorno dopo, mentre rientrava a casa, vide una giovane donna davanti al cancello. Sceso dalla macchina, le chiese:

“Cerchi Arturo? Lui non vive più qui, è andato in città.”

“Lo so, Prospero. Sono venuta per lei,” disse la ragazza con voce dolce. “Mi chiamo Fede.”

“Per me? Interessante,” borbottò lui. Lei gli porse una foto con una bambina. “Questa è sua nipote, Chiara. Ha quattro anni.”

“Aspetti, Fede. Non mi racconti storie, si arrangi con Arturo,” chiuse il cancello ed entrò in casa.

Sei mesi prima era già venuta un’altra ragazza con un bambino, ma il test aveva dimostrato che mentiva. Ora non si fidava più. Entrando, borbottò:

“Eh, figlio mio, quante altre ragazze verranno a cercarmi? Domani parlerò seriamente con lui, deve sposarsi.”

Poco dopo uscì in cortile per dare da mangiare a Nerone, il suo cane fedele e guardiano, e notò una busta infilata nel cancello. Dentro c’erano la foto della bambina e altri documenti. La portò in casa e la mise su una mensola:

“La guarderò più tardi, cosa potrei trovarci di interessante?”

Tra lavoro e impegni, si dimenticò di Fede e della busta. Parlò con Arturo, ma il figlio, come al solito, rise e cambiò discorso.

Passò quasi un anno. Prospero era in ufficio quando squillò il telefono. Rispose:

“Pronto. Come? Non è possibile! Quando?” Premette un tasto, entrò la segretaria e, vedendolo pallido, gli portò un bicchiere d’acqua.

Una tragedia immensa lo colpì: il suo unico figlio era morto in un incidente. Pioveva forte, Arturo tornava da un viaggio di lavoro e perse il controllo dell’auto.

I funerali furono un vuoto per Prospero. Ricordava solo Oliviero che si occupò di tutto, e Margherita accanto a lui, con tazze d’acqua e medicine. Dopo i funerali, finì in ospedale. Un microinfarto, disse il dottore.

Oliviero lo visitava spesso, e Margherita era quasi sempre lì.

“Nerone lo nutro io, mi conosce e mangia volentieri. Ma si vede che sente la tua mancanza,” raccontava la vicina. “E tengo d’occhio la casa, Oliviero passa spesso. Non preoccuparti almeno di questo.”

Capiva che perdere un figlio era un dolore insostenibile, e accettarlo non era semplice.

Una volta Prospero scoppiò in lacrime, Margherita non se l’aspettava, e lui le disse:

“Rita, non ho più nessuno, sono solo. Sarei dovuto morire anch’io, ora sarei con i miei cari.”

“Prospero, non parlare così! Se Dio ti ha lasciato in vita, un motivo c’è.”

“Grazie, Rita. E chiamami ‘tu’, mi fa stare meglio. Non andartene, impazzirò qui da solo. Ti ripagherò tutto dopo.”

“Ma che dici, siamo vicini, non c’è bisogno di pagarmi. Ho preso ferie dal lavoro, stai tranquillo,” rispose Margherita.

Ogni giorno Margherita gli portava cibo fatto in casa, dolci. Senza accorgersene, cominciò a pensare a Prospero non solo come a un vicino.

Quel giorno, lui le chiese:

“Ascolta, Rita, vai a casa mia e prendi quella busta sulla mensola. L’avevo dimenticata, ma ora mi serve.”

Il giorno dopo Margherita gliela portò, quella lasciata da Fede. Prospero studiò a lungo i documenti: un test dimostrava che Chiara era la figlia di Arturo. C’erano copie che attestavano la parentela, e altri fogli che dicevano che Fede era gravemente malata. Si rivolse a Margherita.

“Potrei chiederti un altro favore importante. Vai a questo indirizzo e chiama questa donna.”

Margherita accettò, ma un dolore le trafisse il cuore: lei si prendeva cura di lui, e

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

two × 1 =

La vita è breve, non pensarci troppo