L’Ultimo Treno

Nell’ultimo vagone

Silvana camminava senza fretta verso il supermercato, osservando la frenesia intorno a lei, soprattutto degli uomini, visto che l’indomani era la Festa della Donna. Amava quel giorno, quando suo marito le portava un mazzo di fiori e lo celebravano insieme. Ma ormai, da anni, dopo la sua morte, Silvana viveva da sola.

A cinquantotto anni, con l’amara esperienza delle amiche, non aveva alcuna voglia di ricominciare con qualcuno.

“Tutti gli uomini perbene sono già sposati. E vivere con il primo che capita non fa per me. Non voglio complicazioni. Sì, a volte è noioso, solitario, ma i figli e i nipoti mi fanno visita,” diceva all’amica Carla, seduta al tavolino di un bar. “Sai, mi sono abituata a questa vita senza mio marito. Non voglio cambiare.”

Carla era sposata, il suo uomo era una roccia. Per questo le dispiaceva per Silvana, una brava donna rimasta vedova troppo presto.

“Magari un giorno incontrerai ancora qualcuno,” cercava di darle speranza.

“Ma che dici, Carla? Dove trovare un uomo perbene a questa età? Non voglio nemmeno parlarne. Cambiamo argomento,” e chiacchieravano a lungo dei figli, dei nipoti, delle loro vite.

Silvana si era davvero abituata a vivere da sola, e non desiderava cambiamenti. La folla e il trambusto la stancavano, ma doveva fare la spesa. Era quasi sera, una primavera precoce, con fiocchi di neve bagnati che si scioglievano al contatto. Quel pomeriggio suo figlio era passato a salutarla.

“Mamma, ecco dei fiori per te. Domani non posso venire, andiamo in campagna con gli amici… Se vuoi unirti a noi, sei la benvenuta.”

“Grazie, tesoro, ma preferisco restare a casa. Ho un po’ di mal di testa, sarà la primavera,” rispose educatamente.

Con i suoi pensieri entrò nel supermercato, prese qualche cosa e si mise in fila alla cassa, osservando con distacco la frenesia festosa. Le faceva ridere guardare quegli uomini:

“Improvvisamente tutti si ricordano di avere una donna cara e amata, si affrettano a comprare tulipani o mimose. Fortunati loro, hanno un solo giorno all’anno di trambusto. Noi donne siamo sempre di corsa: cosa comprare, cosa cucinare, cosa indossare…”

L’attenzione di Silvana fu catturata da un profumo raffinato, proveniente dall’uomo davanti a lei con un carrello pieno di cibo. Alto, con i capelli brizzolati, cercava di immaginare il suo viso:

“Con un profumo così, deve essere un bell’uomo,” pensò, avanzando lentamente in fila.

Si guardò intorno: tutte le casse erano aperte, tutte con la coda. Ma i suoi pensieri tornavano all’uomo davanti a lei, quel profumo non le dava pace.

“Vestito bene,” osservò la sua schiena, poi si spostò leggermente per vederlo di profilo. “Di sicuro è sposato, guarda quanta roba ha preso.”

Vide che con una mano spingeva il carrello, nell’altra teneva il telefono, rispondendo a monosillabi:

“Sì, l’ho preso. Sì, anche quello. Arrivo presto.”

“Parla con la moglie, con chi altrimenti…” pensò.

Lo sconosciuto, finita la chiamata, cercò di rimettere il telefono in tasca, ma gli sfuggì dalle mani. Silvana reagì d’istinto, afferrandolo all’ultimo momento prima che cadesse sul pavimento di piastrelle. L’uomo si voltò di scatto e la guardò con uno sguardo che le fece vibrare il cuore.

“Proprio quello che mi mancava a quasi sessant’anni,” le passò per la mente, restando senza fiato.

“Grazie mille,” disse l’uomo, riprendendo il telefono e sorridendo. “Ora sono in debito con te.”

“Figurati,” rispose Silvana.

Arrivò il suo turno alla cassa, pagò e uscì in fretta col carrello, probabilmente diretto alla macchina.

“Ecco, finita qui. Mi sono agitata per nulla,” pensò Silvana, mentre pagava.

Mise la spesa in una borsa e uscì tranquilla dal supermercato, per trovarsi faccia a faccia con lo sconosciuto. Lui, col cappuccio in testa, sembrava aspettarla e le venne incontro.

“Marco,” si presentò.

“Silvana,” rispose, di nuovo nervosa.

“Ti sono davvero grato per aver salvato il mio telefono,” sorrise. “Vorrei chiederti un favore: mi daresti il tuo numero?”

Come in trance, Silvana glielo dettò, sorridendo anche lei. Marco la ringraziò, salutò e si avviò verso la sua auto, che presto scomparve nel turbine di fiocchi di neve.

“Ma che è successo?” si chiese stupita. “Tutto così veloce, e gli ho dato il mio numero senza pensarci.” Lentamente, si avviò verso casa.

Una volta a casa, sistemò la spesa e indossò vestiti comodi. La sera stava calando, il buio avanzava fuori dalla finestra. Decise di prepararsi una cena semplice e navigare un po’ su internet.

Accese la TV e si imbatté in un programma che adorava: storie di gente comune ma talentuosa, che cantava con il cuore. Le piacevano soprattutto le storie di vita, come il destino potesse riservare sorprese, come le persone trovassero la felicità.

Mangiò davanti alla TV, poi portò il piatto in cucina, per non perdere il programma. Ma durante la pubblicità, sentì squillare il telefono dall’altra stanza. Rientrò e rispose.

“Buonasera, sono Marco. Posso passare da te?” chiese con una voce calda che quasi le fece cadere il telefono.

“Sì, certo,” rispose subito, spaventata dalla sua stessa prontezza.

“Grazie, ma non sarò solo.”

“Va bene,” disse Silvana, e lui riattaccò.

“Oddio! Non sarà solo? Vuole portare la moglie per ringraziarmi?”

Immaginò una donna bella, curata, magari più giovane. Con uomini così, le mogli erano sempre più giovani.

“Dovrei cambiarmi,” pensò. “Ma a che serve? Sarei comunque una vecchia accanto a lei.”

Non si era nemmeno tolta le calze pesanti quando suonò il campanello. Corse ad aprire e quasi cadde quando un cane peloso le saltò addosso, scodinzolando.

“Non spaventarti, è Charlie. Ti avevo detto che non sarei venuto da solo.”

Davanti a lei c’erano Marco, cosparso di neve, con un mazzo di rose rosse, e il cane peloso che agitava la coda.

“Credevo venissi con tua moglie,” disse Silvana.

“Non ho una moglie,” rispose sorridendo. “C’era, ma se n’è andata con un ragazzo più giovane, in qualche posto caldo.”

“E allora per chi era tutta quella spesa?”

“Per mia madre. Mi dà sempre la lista, io compro e gliela porto. Vive da sola. Ho anche una sorella, a volte faccio la spesa anche per lei, è sempre con i nipotini.”

Silvana lo invitò in salotto, sentendosi a disagio:

“Potevo almeno cambiarmi, invece sono qui in vestiti da casa, con queste calze…”

“Faccio bollire l’acqua per il tè,” disse. “Ho appena comprato una crostata di amarene, come se avessi sentito che saresti venuto.”

“Il tè è perfetto, soprattutto con la crostata. Hai parenti qui?”

“Sì, mio figlio è passato oggi

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