Mamma, papà, ciao, ci avete chiesto di passare, cosa è successo?” — Marika e suo marito Tolo sono appena entrati a casa dei genitori senza bussare.

Ehi, allora, senti questa storia. “Mamma, papà, ciao, ci avete chiesto di venire, cosa succede?” Marina e suo marito Antonio sono entrati di corsa nell’appartamento dei genitori.

In realtà, la situazione era cominciata tempo fa. La mamma era malata, aveva una malattia grave, al secondo stadio… Aveva fatto chemio e radioterapia. Era in remissione e i capelli stavano ricrescendo. Ma sembrava troppo presto per tirare un sospiro di sollievo, perché le sue condizioni peggioravano di nuovo.

“Marinella, Antonio, buonasera, entrate,” disse la mamma, pallida e magra come una bambina.

“Figlioli, accomodatevi. Abbiamo una richiesta insolita, ascoltate vostra madre,” aggiunse il papà, un po’ confuso.

Marina e Antonio si sedettero sul divano e guardarono la mamma con attesa. Irene sospirò e cercò lo sguardo del marito, Roberto, come per trovare coraggio.

“Marina, Antonio, non stupitevi, ma ho una richiesta un po strana da farvi. Insomma… Vi chiediamo un grande favore.”

“Potreste adottare un bambino per noi? Non ci permetterebbero di farlo per letà, e poi per altre ragioni…”

Silenzio.

La prima a riprendersi fu Marina:

“Mamma, credo che ti sorprenderà, ma ci stavamo già pensando da tempo… Io e Antonio vorremmo tanto un maschietto, ma abbiamo già due bambine, le vostre nipotine.”

“E non cè garanzia che un terzo figlio sarebbe un maschio. E poi, non è solo quello, la salute non è più quella di un tempo…”

“Con Marina abbiamo avuto un cesareo. I medici sconsigliano altre gravidanze. Stavamo pensando proprio di adottare un bambino da un orfanotrofio, un maschietto, per completare la nostra famiglia. E ora tu, mamma, ci dici la stessa cosa! Da dove ti è venuta questidea?”

“Marinella, non so da dove cominciare,” disse Irene, passando una mano nervosa sui capelli corti. “Il fatto è che sto male di nuovo.”

“Poi è venuta a trovarmi la mia amica Nadia, ricordi? Quella con la voglia sopra locchio che quasi glielo copriva. Le avevano detto di toglierla, che poteva diventare pericoloso. E invece ora lha fatta sparire!”

“È andata dalla nonna Gina in campagna, e lei lha guarita. E Nadia mi ha insistito: Andiamo dalla nonna Gina, ti aiuterà!. Ho pensato, cosa ho da perdere? E ci siamo andate.”

Marina e Antonio ascoltavano senza respirare, ma non capivano dove volesse arrivare.

“E allora, figlioli,” continuò Irene, “la nonna Gina mi ha fatto una domanda strana: Hai un figlio maschio?”

“Quando le ho detto che ho solo te, Marina, e due nipotine, Sofia e Ginevra, ha insistito: E prima di tua figlia cosa è successo?”

“Mi sono stupita, perché nessuno sapeva del mio aborto tardivo, tranne me e tuo padre. Doveva essere un maschietto, il mio primogenito, prima di te, Marinella. Ma non è sopravvissuto.” Irene si torceva le mani.

“E poi?” chiese Marina, con gli occhi lucidi.

“La nonna Gina mi ha detto: Adotta un maschio. Poi si è girata e se nè andata. E io ho pianto come se fossi colpevole di non averlo salvato, quel bambino.”

“E ora sento che devo dare amore a un altro bambino, come per ristabilire un equilibrio. E sai cosa? Io lo voglio davvero. Io e tuo padre possiamo dargli tutto laffetto che merita!”

“Non per guarire, ma perché sento che devo salvare almeno una piccola vita dalla solitudine. Mi capisci?”

“Mamma, ti capisco e ti sostengo,” disse Marina, abbracciandola tra le lacrime. “Facciamolo!”

Marina e Antonio avevano già parlato con lorfanotrofio per adottare un maschietto. E così, furono invitati a conoscere i bambini. Anche Irene e Roberto li accompagnarono.

Nella sala giochi, alcuni bimbi giocavano sul tappeto.

“Mamma, guarda quel bambino biondo, assomiglia a te! Sta mettendo insieme una torre con tanta concentrazione,” sussurrò Marina, indicando un piccolino.

A Irene piacque subito. Ma poi, da un angolo, arrivò una voce timida.

Irene si voltò: un bambino più grande la fissava con occhi tristi.

“Signora, per favore, prendete me. Vi prometto che non ve ne pentirete.”

Marina e Antonio fecero in fretta con le pratiche e adottarono Matteo. Sofia e Ginevra erano felicissime di avere un fratellino.

Matteo si abituò subito, chiamando Marina “mamma” e Antonio “papà”. Passava molto tempo dai nonni, perché abitavano vicino.

E Irene, invece di “nonna”, lui la chiamava “mamma Irene”. Lei lo guardava e le sembrava davvero che fosse il suo bambino, quello perso tanto tempo fa.

I medici insistettero per un nuovo trattamento, ma Irene peggiorava. Matteo le accarezzava i capelli corti.

“Mamma Irene, perché sei malata? Voglio che tu guarisca!”

“Non lo so, Matteo, ma farò di tutto per stare meglio. Te lo prometto.”

Roberto parlò con il medico, che propose unoperazione rischiosa.

“Quali sono le possibilità?”

“Cinquanta e cinquanta. Ma faremo limpossibile.”

E così decisero.

Il giorno delloperazione, tutti erano tesi. Marina chiamava continuamente il padre. Roberto aspettava notizie dal medico, senza accorgersi che Matteo era sparito.

Lo trovò in camera da letto, con la vestaglia di Irene tra le mani, in lacrime.

“Mamma Irene, non andartene. Non voglio perderti di nuovo, ti prego!”

Il telefono squillò, facendoli sobbalzare entrambi.

Era il medico, con una voce stanca. Il cuore di Roberto sembrò fermarsi.

“Roberto? Sono il dottor Michele. Loperazione è andata bene. È stata al limite, ma ce lha fatta. Qualcuno lha aiutata dallalto.”

“Grazie, dottore!” Roberto abbracciò Matteo. “Hai sentito? La mamma Irene sta bene! Sei la nostra fortuna, figliolo.”

“Scusa, ho sentito che pregavi per lei. Grazie, mio caro figlio.”

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