Me ne vado. Lascerò le chiavi del tuo appartamento sotto lo zerbino” – ha scritto mio marito

**”Me ne vado. Le chiavi del tuo appartamento le lascio sotto lo zerbino”**, scrisse il marito.

**”Eccoti già con le tue solite storie, Marina! Quante volte dobbiamo ripeterlo? Ogni centesimo conta, e tu vuoi un cappotto nuovo? Quello vecchio è davvero così malridotto?”**

**”Luca, non è malridotto, è solo vecchio! Ha sette anni. Sette! Sembro una stracciona quando lo indosso. Tutte le mie colleghe si sono già rifatte il guardaroba più volte, io sembro uscita dal secolo scorso. Non merito un misero cappotto?”**

**”Certo che lo meriti!”** Luca alzò le braccia al cielo, il volto contratto dallabituale espressione di fastidio. **”Ma non ora. Sai che ho un progetto in corso, tutti i soldi sono investiti. Appena chiudo laffare, ti compreremo anche una pelliccia. Intanto, resisti.”**

**”Resisto da ventanni, Luca. Per tutta la nostra vita ho resistito. Prima finché non ti sei laureato. Poi finché non abbiamo comprato la prima macchina. Poi per questo appartamento, o meglio, per i suoi lavori, perché è venuto da me dai miei genitori. C’è sempre qualcosa di più importante di me.”**

Marina stessa si stupì delle sue parole. Di solito taceva, ingoiava il rancore e andava in cucina a prepararsi un tè per calmarsi. Ma quel giorno qualcosa si era rotto. Si era accumulato tutto. Guardò Luca con stanchezza: quelluomo che un tempo amava, che le era familiare, e che ora le sembrava quasi un estraneo, con il suo volto sempre insoddisfatto e lo sguardo spento.

**”Eccoci,”** borbottò lui, prendendo la giacca dallattaccapanni. **”Il solito piagno. Non ce la faccio più. Ho un incontro.”**

**”Quale incontro alle nove di sera?”** chiese piano Marina, anche se già conosceva la risposta. Quegli “incontri” erano diventati troppo frequenti negli ultimi sei mesi.

**”Di lavoro, Marina, di lavoro! Non tutti passano le giornate a respirare polvere in biblioteca. Alcuni si danno da fare per permettere a donne come te di sognare un cappotto.”**

Sbatté la porta così forte che i bicchieri nel vecchio mobiletto tintinnarono. Marina trasalì e rimase immobile in corridoio. Il silenzio che seguì il suo abbandono fu assordante, denso come la panna. Lentamente raggiunse la cucina, accese il bollitore meccanicamente. Le mani le tremavano. Non per la rabbia, ma per quel vuoto che le divorava linterno. Sapeva che non era a un incontro. Sapeva che cera unaltra donna, giovane, vivace, del suo ufficio. Non voleva crederci, scacciava quei pensieri, ma tornavano, insistenti come mosche.

Il telefono nella tasca dellaccappatoio vibrò. Forse si avviava a chiedere scusa, come sempre. Un messaggio tipo: **”Scusa, ho esagerato. Quando torno ne parliamo.”** Marina tirò fuori il telefono. Il messaggio era di Luca, ma le parole erano completamente diverse.

**”Me ne vado. Le chiavi del tuo appartamento le lascio sotto lo zerbino.”**

Solo otto parole. Secche, taglienti come colpi dascia. Marina le rilesse una, due, tre volte. Le lettere ballavano davanti ai suoi occhi, rifiutandosi di comporre un senso. Non poteva essere vero. Era uno scherzo crudele. Non poteva averlo fatto davvero. Dopo ventanni di matrimonio. Andarsene così, con un messaggio.

Corse in camera da letto. Aprì larmadio. La sua metà era quasi vuota. Mancavano i suoi abiti migliori, le camicie, i maglioni. Sul ripiano giaceva dimenticata una cravatta solitaria. Sul comodino non cerano né lorologio né il caricabatterie. Si era preparato con anticipo. Quella lite per il cappotto era stata solo un pretesto. Una scusa comoda per andarsene.

Le gambe le cedettero e Marina cadde sul letto. Il respiro le mancava. Guardava lo spazio vuoto nellarmadio e non riusciva a crederci. Ventanni. Tutta la sua vita cosciente. Si erano conosciuti alluniversità, sposati subito dopo la laurea. Vivevano in quello stesso appartamento che i suoi genitori le avevano lasciato. Avevano incollato la carta da parati insieme, scelto i mobili, sognato figli che non erano mai arrivati. Lei lavorava in biblioteca, lui aveva la sua piccola impresa. La vita non era stata facile, ma era stata la loro vita. E ora lui aveva cancellato tutto con un messaggio.

Per prima cosa chiamò Silvia, la sua unica amica.

**”Silvia se nè andato,”** sussurrò nella cornetta, trattenendo a stento i singhiozzi.

**”Chi se nè andato? Dove?”** Silvia, assente per il sonno, non capiva. **”Marina, che succede?”**

**”Luca. Se nè andato. Davvero. Ha scritto che si trasferisce.”**

Un silenzio pesò nella cornetta per qualche istante.

**”Che stronzo!”** esplose infine Silvia con la sua voce squillante. **”Te lavevo detto che quei conversari notturni non finivano bene! Su, niente panico. Tornerà. Si sarà stufato e tornerà, dove vuoi che vada?”**

**”No, Silvia. Ha preso le sue cose.”**

**”Tutto?”**

**”Quasi tutto. Ha scritto che lascerà le chiavi sotto lo zerbino.”**

**”Ah, quello”** Silvia cercò le parole. **”Ecco, rimani a casa, non andare da nessuna parte. Arrivo subito. Compra del vino. O meglio, della grappa. Cureremo il tuo cuore spezzato.”**

Silvia arrivò in quaranta minuti con una borsa di cibo e una bottiglia di cognac. Entrò decisa in cucina, tirò fuori formaggio, salame e limone.

**”Allora, racconta. Cosè successo? Per cosa avete litigato?”**

Marina, già un po più calma, parlò del cappotto, delleterno nervosismo di Luca, del gelo negli ultimi mesi.

**”Capisco,”** annuì Silvia, versando il cognac nei bicchierini. **”Si è trovato una ragazzina e ha creduto di essere un gran figo. E tu, con le tue pretese da cappotto, non rientri più nella sua nuova vita scintillante. Storia vecchia come il mondo. Gli uomini della sua età impazziscono. Crisi di mezzetà, accidenti a loro.”**

Bevvero. Il cognac bruciò in gola e un calore lieve si diffuse nel corpo.

**”Cosa faccio adesso, Silvia? Come vivo?”**

**”Vivi, Marina, vivi! Prima di tutto, cambia la serratura. Subito. Chiama un fabbro domani stesso. Non si sa mai cosa gli passi per la mente. Poi, chiedi il divorzio e la divisione dei beni. Aveva una ditta, no?”**

**”Ce laveva ce lha. Piccola, di installazione di finestre. Ma tutto è a suo nome. Anche la macchina.”**

**”Perfetto. La metà è tua per legge. Non lasciargli tutto. Vediamo se la sua nuova fiamma sarà contenta quando lo vedrà arrivare con una valigia sola.”**

Rimasero a parlare fino a notte fonda. Silvia parlava senza sosta, architettava piani di vendetta, insultava Luca con ogni parolaccia, mentre Marina restava per lo più in silenzio, fissando il vuoto. Non voleva vendette

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