Morbido a Cominciare, Duro a Finire

Aurora aveva sempre accolto il suo figlio, Luca, e la sua famiglia con un misto di affetto e sottile tensione. Sofia, la moglie, ricordava con un sorriso amaro il telefono che suonava alle sei del mattino:
― Allora, stavolta non siete qui per tre giorni, vero? Fermatevi un po’ di più, che ne dite?
L’accento pesante della suocera rompeva il silenzio domenicale a Milano. Sofia, con tono educato, aveva ringraziato per l’invito e promesso di annunciarsi prima. La conversazione era finita in fretta, ma il ricordo delle frasi taglienti di Aurora le rimaneva impresso.

Per Luca, visitare i genitori in campagna era un dovere. La sua educazione era improntata al rispetto per i vecchi, e non comprendeva la riluttanza di Sofia. “La nonna si impegnerà, forse non è come la mamma, ma… è lei,” diceva sempre. Sofia invece sentiva il peso di quelle gite: troppe aspettative, pochi affetti veri.

Un’estate, il clima era cambiato. Sofia aveva deciso di non tacere le sue lamentele. Il morale in vacanza era alle corde, tra le critiche sottili di Aurora e i silenzi imbarazzati di Luca. Aurora osservava i nipoti con interesse superficiale, inviando loro foto solo per mostrare i progressi ai vicini. I bambini, smarriti tra i mobili antichi della villa in Toscana, non capivano perché nonni e genitori non riuscissero a trovare un equilibrio.

Un pomeriggio, mentre i ragazzi giocavano a calcio in giardino, Sofia si era rivolta a sua cognata: “Hai mai visto la nonna al mare? Sempre a lamentarsi, ma sapeva giocare alle canne come facevano tutti.” Caterina, la sorella più giovane di Aurora, aveva scosso la testa: “Certo che sì, ma lei dice che erano tempi艰涩. Ora si vede solo quando può mostrarci.”

Il malcontento culminò a cena. Aurora, con il suo solito tono asciutto, aveva biasimato il comportamento di Matteo, il figlio più grande: “Veramente, Sofia, lui è troppo vivace. Sembra ti abbia preso da’ la targa.” La frase, detta con un sorriso finto, colpì Sofia al cuore. Ecco, si ricordò allora l’antico detto: “Chi si fa la trapunta, si deve metterci dentro.”

Luca, per anni, aveva cercato di mediare tra le parti. Ma quella sera, mentre i rughe della nonna increspavano il volto per un insulto perduto, capì che era giunto il momento di cambiare rotta. “Voglio che rivediamo tutto questo,” disse a Sofia, con voce stanca. “Io non posso far finta di non vedere più.”

Quella notte, Sofia sognò di passeggiare in un prato di trifoglio a Firenze, lontano dalle critiche. Al suo risveglio, invece, Aurora era sparita. Luca le aveva detto di averla trovata in lacrime in cantina: “Lei non sapeva come affrontare voi, eppure si sentiva colpevole.”

I viaggi successivi furono diversi. Aurora smise di aspettarli ogni estate; invece, chiamava una volta ogni tanto per sapere del lavoro di Luca o la salute di Sofia. I rapporti, imperfetti, si aggiustarono lentamente. Non fu un addio, ma un distacco. E Sofia, guardando i suoi ragazzi crescere, capì che talvolta per liberarsi di un peso, bisogna non solo stendere il letto, ma anche imparare a dormirvi dentro.

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