La madre di Chiara sospirava profondamente, osservando la sua bellissima figlia. Speranza non riusciva a convincerla che aspettare un principe azzurro per tutta la vita era inutile.
“Chiara, vivi come in una fiaba. Guarda quanti ragazzi validi ci sono intorno a te. I tuoi compagni di scuola, Luca e Matteo, sono bravi ragazzi e ti cercano sempre. Perché rifiuti di uscire con loro quando vengono sotto casa la sera? Potresti fare una passeggiata, parlare, e scoprire che anche i ragazzi semplici possono avere un’anima bella.”
“Mamma, non mi interessa un’anima bella. Voglio che il ragazzo sia bellissimo, e nel nostro paesino non ce ne sono, nessuno è all’altezza. Guardami! C’è anche solo uno che mi merita?” rispondeva Chiara, raddrizzando la schiena, la sua figura snella che sembrava scolpita, senza parlare già del viso.
La madre scuoteva la testa.
“Figlia mia, non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. Il proverbio è antico, e la vita lo dimostra sempre.”
Quante volte Chiara aveva sentito quelle parole, fin da bambina, ma non ci aveva mai riflettuto. E più cresceva, più era convinta che una persona bella sarebbe sempre stata felice… Era abituata a essere ammirata da tutti.
“Che bambina carina! Che occhioni, che tesoro!” e lei sorrideva, felice, mentre qualcuno le offriva un dolcino, che non rifiutava mai.
All’asilo, era sempre la principessa alle feste, e a scuola tutte le ragazze la invidiavano, volevano essere come lei. Chiara non capiva che troppa ammirazione poteva giocare brutti scherzi, ma Speranza ci pensava spesso. Eppure, crescendo, Chiara, consapevole del proprio valore, voleva accanto un ragazzo altrettanto bello. I compagni che le offrivano amicizia vedevano solo il suo sorriso sprezzante.
“Ma non vedono chi sono io e chi sono loro…” pensava.
Speranza cercava di dirle che gli uomini belli raramente diventano buoni mariti. Ma lei era convinta del contrario. A scuola studiava poco, e dopo il diploma entrò solo in un istituto professionale. Nemmeno lì trovò un ragazzo all’altezza.
“Mamma, non mi interessano i soliti Marco e Gianni. Aspetterò la mia felicità,” diceva alla madre quando lei parlava di matrimonio.
I ragazzi intorno a lei erano sempre tanti, e dopo gli studi, Chiara lavorò nel municipio del paese. Ma col tempo, i ragazzi locali capirono che era inarrivabile e smisero di cercarla. Le compagne si sposarono, ebbero figli, mentre lei restava sola.
“Mamma, vado in città. Qui non c’è nulla per me. Là troverò la mia felicità,” disse un giorno a Speranza, e partì.
La madre accettò le sue parole con calma. Era stanca di insistere, di spiegare che la bellezza non bastava, che il tempo passava. E intanto, Chiara rimaneva sola. Le amiche, quando incontravano Speranza, si vantavano dei loro bambini e della vita familiare, mentre lei non sapeva cosa dire della figlia.
Chiara compì trent’anni, ancora sola, incapace di trovare un uomo abbastanza bello. E il tempo passò, finché a trentasette anni trovò lavoro in un’azienda importante. E lì, il direttore era proprio come l’aveva sempre immaginato: i suoi modi, il suo parlare, il suo sorriso, la fossetta sul mento, i lineamenti perfetti.
Alessandro fu il primo uomo che la interessò davvero, il suo prescelto. Non importava che fosse sposato con due figli. Voleva un bambino, un bambino bello come lei, e ormai il matrimonio non le interessava più.
“Che Alessandro sia sposato, poco importa. Otterrò quello che voglio.”
Ma sedurlo fu facile. Lui notò subito la sua bellezza e la invitò a cena.
“Chiara, non ho mai incontrato una donna così bella. Mi hai incantato. Peccato non averti conosciuta prima. Purtroppo, sono sposato e non posso lasciare la famiglia,” disse con onestà. “Ma sarei felice se ci vedessimo ogni tanto.”
“Alessandro, non preoccuparti. La nostra sarà solo un divertimento, non voglio la tua famiglia,” e lui fu sollevato.
Presto Chiara rimase incinta, ottenne ciò che voleva. Alessandro la aiutò, e lei era felice. Finalmente capì cosa fosse la felicità. Dedicò tutto se stessa al figlio, Matteo, che divenne il senso della sua vita.
Matteo cresceva, bellissimo e anche intelligente. A scuola eccelleva, vinceva concorsi, aveva successo nello sport. Chiara era orgogliosa di lui.
Matteo sapeva di essere bello, ma non si interessava alle ragazze che lo cercavano. A nessuna piaceva davvero. Chiara cominciò a preoccuparsi.
“Avrà la mia stessa sorte? Che non ripeta il mio errore. Non deve aspettare una principessa, deve vivere ora.”
Ma non osava parlargliene. Sperava che trovasse una ragazza degna, ma bella. Matteo si laureò, trovò un lavoro prestigioso, una bella carriera.
A quasi trent’anni, telefonò alla madre:
“Mamma, mi sono innamorato. Voglio sposare Giulia. Verremo a trovarti.”
“Bene, figlio mio, sarò felice di conoscerti.”
Giulia era una ragazza carina, semplice, non una bellezza.
Quando arrivarono, Chiara li accolse, ma il suo sorriso svanì.
“Ciao mamma, questa è Giulia,” disse Matteo.
“Piacere, signora,” disse Giulia con voce dolce.
A tavola, Chiara tacque, delusa. Giulia capì subito di non piacere, ma erano fortunati a vivere lontano.
Quando partirono, Giulia uscì prima, lasciando madre e figliMentre Chiara moriva quella stessa notte, un fragile sorriso le sfiorò le labbra, come se finalmente avesse capito che la vera bellezza era stata accanto a lei tutto quel tempo.