**Odio**
Ero uscito dall’ufficio e stavo dirigendomi verso il parcheggio, quando mi resi conto di aver portato l’auto dal meccanico il giorno prima. Inizialmente mi irritai, ma poi pensai che forse era meglio così. Viaggiare in autobus durante l’ora di punta, stipato tra la folla, non mi allettava per niente. Decisi di andare a piedi. L’unica cosa che mi dava fastidio era il cielo sempre più oscuro davanti a me. Una nuvola nera minacciava Milano, pronta a scaricare un temporale.
Camminavo, alzando lo sguardo di tanto in tanto. In lontananza, un tuono rimbombò. Conoscevo quel quartiere: c’era un bar lì vicino, lo vedevo ogni giorno passando, ma non ci ero mai entrato. Affrettai il passo.
Stavo per raggiungerlo quando le prime gocce pesanti caddero sulla mia testa e sulle spalle. Riuscii a infilarmi dentro giusto in tempo, mentre un fulmine scoppiava con tale forza da far tremare il pavimento. Fuori, la pioggia si era trasformata in un muro d’acqua.
Dentro era caldo e asciutto. Notai diversi tavolini liberi. La porta si aprì di nuovo, facendo entrare il fragore della pioggia e due ragazze. Mi affrettai a sedermi. La porta continuava ad aprirsi, accogliendo altri fuggitivi dal diluvio. Il locale si riempì di voci, tutti commentavano il maltempo.
Mi raggiunse una cameriera, alta e seria. Mi lasciò il menu e stava per andarsene, ma la fermai.
— Un tagliere di salumi, un’insalata semplice e un caffè — dissi, conciso.
Lei annotò sul blocchetto, prese il menu e si allontanò. Era chiaramente oberata di lavoro, ma si muoveva con efficienza. Intanto, fuori infuriava l’acquazzone.
Il barista alzò il volume della musica per coprire il rumore della pioggia. Aspettai il mio ordine, grato di essermi rifugiato lì, di avere una scusa per non tornare subito a casa, per non dover spiegare a mia moglie il ritardo.
Mi ero sposato otto anni prima con una vivace e carina Raffaella. Prima del matrimonio, tutto era perfetto, così come i primi mesi di convivenza. Poi, improvvisamente, lei cambiò. La sua amica era sposata con un imprenditore, e Raffaella ne era gelosa. Non parlava che di pellicce, diamanti e lifting.
— Raffa, ma a cosa ti servono? Sei giovane e bella.
— E lo sarò ancora di più — ribatteva.
Non le piaceva più il naso, poi le labbra troppo sottili, poi diceva di avere il seno piccolo.
Cercai di dissuaderla dagli interventi. Le dissi che chili di silicone non l’avrebbero resa più attraente, anzi.
— Lo dici solo perché non hai i soldi — sbuffava.
Di figli non voleva nemmeno sentirne parlare.
— Ingrasso, tu smetti di amarmi. Quando guadagnerai abbastanza, ne parleremo — mi disse una volta.
Non insistevo. La amavo. Un mio amico dell’università mi aveva proposto di entrare nel suo business, promettendomi montagne d’oro. Accettai. All’inizio andò bene. Cambiai anche auto, comprandone una più prestante, seppur usata.
Poi tutto crollò. L’Agenzia delle Entrate scoprì delle irregolarità, bloccò i conti. Il business si fermò, e i concorrenti ci costrinsero a vendere. Rimasi senza nulla.
Mia moglie mi chiamava fallito. Litigi e rimproveri soffocarono il mio amore per lei. Tornai al vecchio lavoro, vivendo per inerzia, senza il coraggio di lasciarla.
***
Al tavolo accanto si sedette una coppia giovane. Li osservai, pensando che anche io e Raffaella eravamo così, innamorati e felici. Che ne era stato di tutto ciò?
Fui distratto da urla al bancone. Due ragazze cercavano di liberarsi da un tipo ubriaco. Non sembravano abituate a quel genere di posti. Due studentesse in cerca di riparo. L’uomo prese una delle due e la trascinò verso l’uscita. L’amica tentò di fermarlo, ma lui la respinse con violenza. La ragazza sbatté contro il banco, quasi cadendo. Nessuno intervenne.
Mi alzai e gli sbarrai la strada. Lui mi fissò, come un toro.
— Che vuoi? Levati! — Mi lanciò un pugno.
Lo schivai e lo colpii a mia volta. Lui mollò la ragazza e mi caricò. Ne seguì una rissa. Riuscii a stenderlo per qualche secondo. Qualcuno urlò di aver chiamato la polizia.
— Andiamo via! — La ragazza mi prese per mano.
Avevo la testa che ronzava, sangue in bocca da un labbro spaccato. Non protestai, la seguii fuori. Pioveva ancora, ma più leggero. GiraCi incamminammo sotto la pioggia fine, le nostre mani ancora strette, mentre il destino ci portava verso un futuro che nessuno dei due avrebbe mai immaginato.





