Se litighi, mio figlio ti butta fuori di casa,” dichiarò la suocera, dimenticando di chi era l’appartamento.

Oggi è successo qualcosa che ha cambiato tutto. La suocera è entrata in cucina con la solita aria di superiorità, sedendosi a tavola come se fosse la padrona di casa. “Ginevra, domani prepara una torta di scarola per cena,” ha ordinato senza neanche guardarmi. “È da troppo che non mangio un dolce decente, tu cucini sempre quelle strane ricette straniere.”

Mi sono voltata dai fornelli, dove stavo friggendo le polpette per la cena. La suocera, come al solito, aveva quella smorfia di disapprovazione, sistemandosi il cardigan bordeaux che portava sempre.

“Non posso, signora De Luca,” ho risposto con calma, girando una polpetta. “Sono allergica alla scarola. Non la preparerò.”

“Cosa significa che non la preparerai?” La sua voce si è fatta tagliente. “Ti ho chiesto una cosa semplice e mi rifiuti? Chi credi di essere per rispondermi così? Ai miei tempi, le nuore rispettavano gli anziani!”

“Non si tratta di rispetto,” ho detto, spostando la padella su un altro fornello. “Se cucino la scarola, avrò una reazione allergica. Se la vuole così tanto, la prepari lei.”

“Io?!” La suocera è balzata in piedi. “Non sono la tua serva! Sei tu la padrona di casa, cucina quello che ti dico io! E la tua allergia è solo una scusa. Sei troppo pigra per impastare!”

“Signora De Luca, cosa centra la pigrizia?” Mi sono girata verso di lei. “Cucino ogni giorno, pulisco, faccio la lavatrice. Ma non farò una torta di scarola perché fisicamente non posso!”

“Non posso o non vuoi?” La suocera si è avvicinata, strizzando gli occhi. “Credi che solo perché mio figlio ti ha sposata, puoi comandarmi? Vedremo chi comanda davvero qui!”

Nellingresso, il rumore delle chiavi. Marco era tornato. Lespressione della suocera è cambiata allistante, assumendo unaria da martire.

“Marco, figlio mio,” gli è corsa incontro. “Finalmente sei qui. Tua moglie è diventata insolente! Le ho chiesto di preparare una torta, e mi ha risposto male, rifiutandosi!”

Marco si è tolto la giacca e mi ha lanciato uno sguardo stanco. Io ero ancora accanto ai fornelli, il viso teso.

“Ginevra, che succede?” ha chiesto, appendendo la giacca. “Perché rifiuti a mia madre?”

“Sono allergica alla scarola, Marco,” ho detto piano. “Lho già spiegato alla signora De Luca.”

“Allergia? Ma che allergia!” Ha fatto un gesto con la mano. “Mamma, non preoccuparti. Ginevra preparerà la torta domani. Vero, cara?”

Ho guardato mio marito, poi la suocera che sorrideva trionfante. Il cuore mi si è stretto di dolore.

“No, non la preparerò,” ho detto con fermezza, togliendomi il grembiule e dirigendomi verso la porta. “Cenate pure da soli.”

Sono andata in camera e ho chiuso la porta. Da fuori, arrivavano le voci sommesse di Marco e sua madre che cenavano tranquilli, parlando di cose banali. Come se nulla fosse successo. Come se io non fossi uscita dalla stanza sconvolta, ma semplicemente svanita nel nulla.

La mattina dopo, mi sono alzata prima del solito. La suocera dormiva ancora, e la casa era stranamente silenziosa. Marco era in cucina con una tazza di caffè, scorrendo le notizie sul telefono.

“Marco, dobbiamo parlare,” ho detto, sedendomi di fronte a lui e incrociando le mani. “Seriamente.”

Ha alzato gli occhi dallo schermo, confuso. “Di cosa?”

“Di tua madre,” ho preso fiato. “Sono stanca delle sue continue critiche. La signora De Luca critica tutto: come cucino, come pulisco, come mi vesto. Sono stanca di obbedirle nella mia… nella nostra casa.”

“Ginevra, ma cosa dici?” Ha posato il telefono. “Mamma si comporta bene. Ha solo le sue abitudini.”

“Abitudini?” La mia voce si è fatta più dura. “Così chiami il comandare degli adulti? Marco, forse è il momento di trovare un appartamento in affitto per tua madre? Vivrà separata. Siamo ancora giovani, abbiamo bisogno del nostro spazio.”

Marco ha sbattuto la tazzina sul piattino. “Mi stai suggerendo di buttare mia madre in strada?” La sua voce era carica di rabbia. “Lei ha chiesto di vivere con noi, e tu vuoi cacciarla?”

“Non sto dicendo questo,” ho allungato una mano verso di lui, ma si è spostato. “Solo un posto separato. Potremmo aiutarla con laffitto…”

“Ascolta, questa cosa non mi piace,” si è alzato preparandosi per il lavoro. “Mamma non dà fastidio a nessuno. Anzi, ci rende la vita più facile: cucina, aiuta in casa.”

“Quando cucina mai?” Mi sono alzata anche io. “Marco, apri gli occhi! Io lavoro, torno a casa, preparo la cena, pulisco, faccio la lavatrice. E tua madre sa solo criticare!”

“Basta,” mi ha interrotta, infilandosi la giacca. “Non voglio sentire altro. Mia madre resta con noi. Punto.”

La porta si è chiusa con un colpo secco. Sono rimasta sola in cucina, fissando il caffè mezzo bevuto di Marco. Lamarezza della discussione si è diffusa dentro di me come quel liquido freddo. Ho preso lentamente la tazzina, lho lavata e lho messa ad asciugare.

Ero furiosa per lingiustizia. La suocera aveva dato il suo appartamento a sua figlia, e poi aveva insistito per vivere con noi. E Marco non ci trovava nulla di strano! Ero stanca di vivere sotto lo sguardo giudicante di sua madre.

Mezzora dopo, la signora De Luca è comparsa in cucina. I capelli perfettamente pettinati, la vestaglia abbottonata fino allultimo bottone. Il suo viso esprimeva unestrema irritazione.

“Che scenata hai fatto ieri,” ha attaccato senza nemmeno salutare. “Che mancanza di rispetto! Credevi che mio figlio ti avrebbe appoggiata?”

Ho versato il tè in silenzio, cercando di non reagire alla provocazione.

“Vedi?” Ha continuato, sedendosi a tavola. “Mio figlio ha preso le mie parti! Vuol dire che sa chi comanda qui. E visto che è così, tu devi obbedirmi!”

Ho posato la teiera con un po troppa forza.

“Oggi pulirai tutta la casa a fondo,” ha proseguito con tono saccente. “Lavare i vetri, passare lo straccio in ogni stanza, far brillare il bagno. Altrimenti ti comporti da signora, ma la casa è sporca!”

“La casa non è sporca,” ho obiettato piano.

“Non sporca?!” La sua voce si è alzata. “Ieri ho visto la polvere sulla credenza in salotto! E lo specchio nellingresso è tutto macchiato! Se replichi, lo dico a mio figlio e gli dico che non mi ascolti!”

Qualcosa dentro di me si è spezzato. Come una corda troppo tirata che non regge più la tensione. Mi sono girata di scatto verso di lei.

“No!” La mia voce era carica di rabbia. “Non lo farò! Vi ho obbedito troppo a lungo! Ho perso me stessa in tutto questo! Cucino quello che ordini, pulisco quando dici tu, sto zitta quando urli! Basta!”

La suocera è sobbalzata. Il suo viso era rosso di rabbia. Ha urlato:

“Come ti permetti

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