«“Ti prego, sposami”, la ricca imprenditrice single supplica un senzatetto. La sua richiesta in cambio ha lasciato tutti senza parole…»

«Per favore, sposami», implorò la miliardaria madre single rivolta a un senzatetto. Ciò che lui chiese in cambio la lasciò senza parole…

Un velo di pioggia leggera scendeva su Milano mentre la gente, con gli ombrelli ben stretti, camminava a testa bassa. Nessuno notò la donna in tailleur color caffè latte cadere in ginocchio in mezzo a Piazza del Duomo. La sua voce era un sussurro tremante.
«Ti prego… sposami», disse, tendendo un cofanetto di velluto.

Luomo a cui si era rivolta? Aveva la barba incolta, indossava un cappotto rattoppato e dormiva in un vicolo a due passi dalla Borsa di Milano.

Alessia Conti, 36 anni, amministratrice delegata di una grande azienda tecnologica e madre single, sembrava avere tutto. Ville in Costa Smeralda, apparizioni su Forbes, un attico con vista sul Naviglio. Ma dietro le pareti di cristallo del suo ufficio, sentiva il cuore spezzarsi.

Suo figlio di sei anni, Matteo, era diventato silenzioso dopo che suo padre, un noto chirurgo plastico, li aveva lasciati per una donna più giovane e una nuova vita a Montecarlo. Matteo non rideva più. Non ai cartoni animati, non ai cuccioli, nemmeno davanti a una fetta di torta al cioccolato.

Niente lo rendeva felice… tranne quelluomo malconcio che dava da mangiare ai piccioni davanti alla sua scuola.

Alessia lo notò la prima volta che arrivò in ritardo. Matteo, di solito muto, indicò luomo e disse: «Mamma, lui parla agli uccelli come se fossero i suoi amici.»

Alessia non ci fece caso, finché non lo vide con i suoi occhi. Il senzatetto, forse sulla quarantina, con occhi caldi sotto la barba incolta, sistemava briciole sul marciapiede, parlando dolcemente a ogni piccione come se fosse un vecchio compagno. E Matteo lo osservava con una serenità che non mostrava da mesi.

Da allora, Alessia arrivava sempre cinque minuti prima, solo per assistere a quellincontro.

Una sera, dopo una riunione difficile, si ritrovò a passare davanti alla scuola. Lui era ancora lì, sotto la pioggia, canticchiando per gli uccelli, bagnato fradicio ma sorridente.

Esenitò, poi attraversò la strada.

«Scusami», disse piano. Lui alzò lo sguardo, gli occhi acuti nonostante la sporcizia. «Sono Alessia. Quel bambinoMatteolui… ti vuole bene.»

Luomo sorrise. «Lo so. Anche lui parla agli uccelli. Loro capiscono cose che noi umani dimentichiamo.»

Alessia rise, nonostante tutto. «Posso chiederti… il tuo nome?»

«Dario», rispose semplicemente.

Parlarono. Per venti minuti. Poi unora. Alessia dimenticò lombrello che le gocciolava addosso, dimenticò la riunione mancata. Dario non chiese soldi. Chiese di Matteo, della sua azienda, di quanto dormissee la prese gentilmente in giro per le sue risposte.

Era gentile. Intelligente. Profondamente ferito. E diverso da ogni uomo che avesse mai incontrato.

I giorni diventarono una settimana.
Alessia portava caffè. Poi minestrone. Poi una sciarpa di lana.
Matteo disegnava per Dario, dicendo: «Sembra un angelo, mamma. Ma triste.»

Allottavo giorno, Alessia fece una domanda che non aveva pianificato:
«Cosa ti servirebbe… per ricominciare? Per avere una seconda possibilità?»

Dario distolse lo sguardo. «Qualcuno che creda che valgo ancora qualcosa. Che non sono solo un fantasma che la gente evita.»

Poi la guardò dritto negli occhi.
«E vorrei che quella persona lo facesse senza pietà. Solo perché mi ha scelto.»

**Ora La proposta**

Ed ecco perché Alessia Conti, la miliardaria che aveva comprato unintera startup prima di colazione, era in ginocchio sulla pavimentazione bagnata di Piazza del Duomocon un anello in mano per un uomo che non possedeva nulla.

Dario sembrava scioccato. Non per i telefoni che già riprendevano, né per la folla incuriosita.

Ma per lei.

«Sposarmi?» sussurrò. «Alessia, io non ho niente. Vivo dietro un cassonetto. Perché proprio io?»

Lei deglutì. «Perché fai ridere mio figlio. Perché mi hai fatto sentire viva. Perché sei lunico che non ha mai voluto niente da mese non conoscermi.»

Dario fissò il cofanetto.

Poi fece un passo indietro.

«Solo… se prima rispondi a una domanda.»

Lei annuì. «Qualsiasi cosa.»

Lui si chinò leggermente. «Mi ameresti ancora», chiese, «se scoprissi che non sono solo un senzatetto… ma qualcuno con un passato capace di distruggere tutto quello che hai?»

Gli occhi di Alessia si spalancarono.
«Cosa vuoi dire?»

Dario si raddrizzò. La sua voce si fece più grave.
«Perché una volta non ero un senzatetto. Un tempo, il mio nome era sulle prime pagine dei giornali.»

[Parte successiva Luca e i gemelli]

Luca Ferrara rimase in silenzio, fissando la vecchia macchinina rossa tra le mani. La vernice era scrostata, le ruote cigolavanoma per lui valeva più di ogni auto di lusso.

«No», disse infine, inginocchiandosi davanti ai gemelli. «Non posso accettarla. Questa è vostra.»

Uno dei bambini, con gli occhi lucidi, sussurrò: «Ma servono soldi per le medicine della mamma. Per favore, signore…»

Il cuore di Luca si strinse.

«Come vi chiamate?»

«Io sono Tommaso», disse il più grande. «Lui è Matteo.»

«E vostra mamma?»

«Giorgia», rispose Tommaso. «Sta molto male. Le medicine costano troppo.»

Luca li guardò. Avevano solo sei anni, eppure erano lì, sotto la pioggia, pronti a vendere il loro unico giocattolo.

La sua voce si addolcì. «Portatemi da lei.»

Esitarono, ma qualcosa nel suo tono li convinse. Lo guidarono attraverso vicoli stretti fino a una casa fatiscente. Salirono scale scricchiolanti e lo portarono in una stanza gelida, dove una donna giaceva su un divano sfilacciato, pallida e senza forze.

Luca tirò fuori il telefono e chiamò il suo medico privato.
«Mandate unambulanza. Subito. Preparate la mia ala privata.»

Si inginocchiò accanto a lei. Il respiro era debole.

I gemelli lo guardavano con occhi spaventati.
«La mamma morirà?» singhiozzò Matteo.

Luca li strinse a sé. «No. Ve lo prometto.»

Pochi minuti dopo, lambulanza arrivò e portò Giorgia in ospedale. Luca rimase con i bambini, tenendoli per mano mentre correvano verso la Clinica Ferrarala struttura che lui stesso aveva fondato anni prima.

Per ore, i gemelli si addormentarono in sala dattesa, mentre Luca vegliava. Chi era quella donna? E perché gli sembrava… familiare?

**Una settimana dopo**

Giorgia aprì gli occhi in una stanza luminosa, il sole che filtrava dalle finestre. Lultimo ricordo era il dolore e le voci dei suoi bambini che piangevano.

Ora, il dolore era sparito.

Si sol

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