“Torno subito…”
All’uscita della metropolitana si era creato un ingorgo. Fuori pioveva forte, e chi aveva l’ombrello si fermava sulla porta per estrarlo dalla borsa. Chi invece non ne aveva uno, esitava a uscire, ma la folla dietro spingeva, costringendoli a infilarsi sotto la pioggia.
“Prendi l’ombrello,” disse Enzo, già bagnato, mentre lanciava uno sguardo infastidito verso le porte della metro.
“Non ce l’ho,” rispose Nadia, travolta dalla ressa.
“Te l’avevo detto stamattina che avrebbe pioggia,” sbuffò lui, mentre l’acqua gli colava lungo la giacca.
“Ero di fretta, mi sono distratta… Potevi prenderlo tu, no? Tra i due ombrelli, il tuo è più grande, potevamo stare insieme,” ribatté lei.
“Fa niente, non siamo di zucchero, non ci sciocciamo.” Enzo si allontanò a passo svelto, e Nadia faticò a stargli dietro.
“Proprio perché è grande! Ieri l’ho portato in giro tutto il giorno e non è piovuto. Il tuo è pieghevole, perché non l’hai tenuto in borsa?” borbottò lui.
“Lo stavo asciugando…”
Camminavano litigando, alzando la voce per coprire il rumore della pioggia.
“Con te hai sempre ragione, mentre io sono sempre quella che sbaglia,” sbottò Nadia, stanca della discussione.
“Non ti sto dando la colpa, ho solo detto…”
“L’hai detto in modo che mi sentissi in colpa di nuovo. Non potevi tacerlo? Sono stanca delle tue critiche. Sai trasformare un nonnulla in un dramma mondiale,” disse lei, offesa.
“Chiami questa pioggia un nonnulla?” chiese Enzo, senza voltarsi. “Ho solo detto…”
“Basta, non ricominciare. Ne ho abbastanza,” lo interruppe Nadia, il respiro affannoso per il passo veloce.
Enzo continuò a mugugnare, ma lei non rispose più, e presto anche lui tacque. Nadia sapeva di aver torto, e poi quella pioggia… I vestiti si erano inzuppati, aderivano alla pelle, e i capelli le gocciolavano lungo il viso.
Da quando era iniziato tutto questo? Le piccole liti, le incomprensioni. O era sempre stato così? Forse. Prima cercava di cedere, di spegnere la scintilla prima che diventasse un incendio.
Un uomo avanzava verso di loro. Non aveva ombrello, ma camminava con l’aria di chi si gode la pioggia, le mani infilate nelle tasche dei jeans. Il cuore di Nadia accelerò prima ancora che la mente riconoscesse il viso. Davide!
Non riusciva a staccare gli occhi da lui. Anche Davide la guardava, ma mentre le passava accanto, distolse lo sguardo. Cosa significava? Era lui! Non poteva sbagliarsi. Ma perché non l’aveva salutata? Forse si era confusa… Nadia inspirò a fondo. Si rese conto di aver trattenuto il fiato tutto quel tempo. Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma per fortuna il viso era già bagnato dalla pioggia.
“Lo conosci? Perché ti fissava così?” Enzo si piegò in avanti, cercando di scrutarle il volto.
“No. Forse mi sono sbagliata,” rispose Nadia dopo una pausa.
*Ma perché ha fatto finta di non riconoscermi?* La domanda le lacerava l’anima.
“Stai mentendo. Vi siete guardati come se… Sembravi aver visto un fantasma.”
*E infatti l’ho visto*, pensò Nadia, ma disse:
“Assomiglia a un mio compagno di università. Mi sono confusa. Hai visto che non mi ha nemmeno salutato?” Cercava di parlare con calma, ma dentro ribolliva. “Mi stai facendo la gelosa?” Provò a sdrammatizzare.
“Sei in pensiero,” insisté Enzo.
“Basta interrogarmi. Non. Lo. Conosco!” gridò lei, perdendo la pazienza.
*Ha ragione, ho visto un fantasma. Ho cercato di dimenticarlo! Ma se ha fatto finta di non riconoscermi, allora anch’io farò lo stesso. Mi ha tradito…*
“Confessa che c’è qualcosa tra voi, visto come reagisci,” disse Enzo, fingendo indifferenza.
“Che vuoi da me? Smettila,” implorò Nadia.
Finalmente arrivarono a casa.
“Io per prima nella doccia,” annunciò Nadia appena entrati, scomparendo in bagno.
Enzo borbottò qualcosa, ma lei aprì l’acqua per non sentirlo. *Che aspetto! E lui mi ha vista così. Non mi riconoscerà mai. Tutta colpa di questa pioggia…* Si osservò allo specchio.
Si liberò dei vestiti bagnati, li lasciò nella lavatrice e si guardò di nuovo. La figura era ancora snella, il seno non cedevole, il viso senza rughe. Si rallegrò delle ciglia folte e nere che la natura le aveva regalato. Raramente usava il trucco. *Almeno non ho la mascara che cola come un serpente a sonagli. Ma non sono male, dopotutto.* Soddisfatta, si infilò nella doccia. *Lui invece è cambiato, più maturo, i lineamenti più duri…*
L’acqua calda la avvolse, sciogliendo la tensione. Ma i ricordi tornavano implacabili…
***
Nadia si avvicinò alla bacheca. Davanti agli elenchi degli ammessi, una fitta folla di aspiranti studenti la bloccava.
“Fatemi passare!” Con un gesto brusco, si fece largo tra i ragazzi più alti.
“Prego,” cedette il posto un ragazzo.
Trovò il suo nome, ma la spinta della folla la fece perdere il segno più volte. Nessun errore, era lì. Si ritrasse dalla calca.
“Congratulazioni,” disse una voce accanto.
Era un ragazzo sconosciuto.
“Grazie. Anche tu sei stato ammesso?” chiese Nadia, raggiante.
“Sì. Studieremo insieme.”
“Fantastico,” sorrise lei.
Si ritrovarono a settembre come vecchi amici. Gruppi diversi, ma incrociavano le aule e la mensa. Davide la guardava, sorrideva, ma non si avvicinava mai davvero. *Ciao. Come va? Ci vediamo.* Finiva sempre così.
Alla fine del primo anno, mentre l’esame si avvicinava, Nadia uscì dall’università incerta. Una nuvola nera minacciava la città, e lei non aveva l’ombrello. *Aspettare? O corro a casa?*
“Ehi!” Davide sbucò dalla porta.
“Hai un ombrello?” chiese Nadia.
“No. Facciamo in tempo. Andiamo.”
Ma dopo trecento metri, le prime gocce pesanti caddero.
“Presto, sta per scrosciare. Quella è casa mia.” Davide le afferrò la mano e corsero. La pioggia si fece più fitta, quasi li spingeva.
Quando raggiunsero il portone, erano fradici.
“C’è qualcuno a casa tua?” chiese Nadia, salendo le scale dietro di lui.
“Mia madre,” disse, inserendo la chiave, ma vedendo il suo sguardo spaventato, rise. “Entra. Scherzavo. È al lavoro. Vai in bagno, ti porto qualcosa di asciutto.”
Poco dopo, le passò una maglietta e un asciugamano. Quando Nadia uscì, Davide aveva già cambiato i vestiti e stava versando il tè fumante. Sul tavolo, una montagna di panini.
“Ti sta bene,” commentò vedendola. La sua maglietta le arrivava alle cosce.
Bevvero il tè e par