Un latrato spezzò il silenziolei si svegliò dal coma e pronunciò un nome che riscrisse l”incidente” della sua gemella.
La loro figlia era in coma da mesi, e ogni medico che consultava la sua cartella clinica ripeteva la stessa dura verità: non cera speranza. Quando Pietro e Giulia trovarono il coraggio di dirle addio, si tennero per mano accanto al letto dellospedale come due persone sullorlo di un precipizio. Poi un enorme cane bianco irruppe nella stanza, balzò accanto al letto e cominciò a leccare la mano della ragazza. I monitor, silenziosi e piatti da così tanto tempo, si risvegliarono allimprovviso con un grido elettronico. Le linee sullo schermo si animarono. La figlia aprì gli occhi. Più tardi, quando riuscì a parlare, le parole che pronunciò sugli ultimi momenti della sorella gemella fecero rabbrividire i genitori.
I Moretti avevano atteso a lungo un figlio. Per anni, Pietro e Giulia riempirono la casa di progetti, poi di silenzio. Provarono tutto ciò che la scienza offriva: una clinica dopo laltra, esami su esami, speranze, diete, lenti ritorni a casa quando la risposta era “non questa volta”. Giulia persino viaggiò verso luoghi sacri, portando preghiere come sassi in tasca, e Pietro la accompagnò, tenendole la mano. Erano forti insieme, ma la casa rimaneva vuota.
Alla fine scelsero unaltra strada. Se la vita non avesse messo un figlio tra le loro braccia, loro avrebbero aperto le braccia a chi ne aveva bisogno. Decisero di adottare, non uno ma due bambini, perché cera spazio nei loro cuori e, sentivano, nelle loro vite. Contattarono un orfanotrofio nella provincia vicina e fissarono una visita. La cucina profumava di arrosto quella mattina in cui avrebbero dovuto partire. Giulia preparò panini per il viaggio. Poi unondata di nausea la colse di sorpresa, corse in bagno e si piegò sul lavandino finché non passò. Il viaggio fu annullato. Andarono invece alla clinica locale, più per precauzione che per speranza.
In una stanzetta con un lenzuolo di carta sul lettino, linfermiera sorrise e disse che avrebbe chiamato il medico. Gli esami furono fatti. Il risultato fu semplice e scioccante. Giulia era incintagià di sedici settimane. Pietro esplose di gioia. Abbracciò il medico, linfermiera, e avrebbe abbracciato una pianta se il dottore non lo avesse fermato. Da quel giorno, ogni cosa ruotò intorno alla bambina che credevano non avrebbero mai avuto.
Pietro prese il suo nuovo ruolo sul serio. Portò a casa verdure dai nomi che Giulia non aveva mai sentito e leggeva articoli sulle vitamine come se tenesse un discorso pubblico. Giulia, che aveva insegnato per anni, lo ascoltava sorridendo. Poche settimane dopo, unaltra sorpresa: due battiti. Gemelle.
La gravidanza fu dura. Giulia passò settimane a riposo, contando i giorni sul calendario e i calci sotto le costole. Poi, nella sala parto, i primi piantidue bambine, perfette e rose




