Una Famiglia del Cuore
Il divorzio aveva schiacciato Ginevra come un macigno. Aveva adorato suo marito e non si aspettava quel colpo alle spalle. Ma lui laveva traditacon la sua migliore amica. In un giorno, aveva perso due persone a cui aveva affidato il cuore. La sua fiducia negli uomini era crollata. Prima, quando sentiva dire che “tutti gli uomini tradiscono”, scrollava le spalle: “Il mio Matteo non è così”. Ora, il tradimento laveva consumata dentro, e aveva giurato di non aprire più la sua anima a nessuno.
Ginevra cresceva da sola sua figlia, Beatrice. Lex marito versava regolarmente gli alimenti, vedeva la bambina di tanto in tanto, ma senza alcuna voglia di essere padre. Ginevra aveva accettato il suo destino: una solitudine fino alla fine. Ci trovava persino unamara soddisfazionela vita senza un uomo le sembrava più semplice. Ma il destino ama scombussolare i piani.
Durante il compleanno di una collega in un piccolo bar a Firenze, Ginevra incontrò Riccardoil fratello della festeggiata. Anche lui aveva vissuto un divorzio e, con sua sorpresa, suo figlio, Luca, viveva con lui e non con la madre. Riccardo le spiegò: il ragazzo aveva scelto il padre, mentre lex moglie, presa da una nuova storia, non aveva protestato. Un adolescente le dava solo fastidio.
Quella serata aveva risvegliato in Ginevra un calore dimenticato. Come una ragazzina, sentì le farfalle nello stomacounemozione che non provava da anni. Nemmeno Riccardo rimase indifferente. Entrambi, segnati dai loro divorzi, temevano nuovi sentimenti, ma una scintilla era scoccata tra loro, impossibile da ignorare.
Riccardo ottenne il numero di Ginevra da sua sorella e, facendosi coraggio, la chiamò. Evitando la parola “appuntamento”troppo ridicola alla loro etàle propose semplicemente di incontrarsi per chiacchierare. Scelsero un bistrot accogliente, parlando fino alla chiusura senza accorgersi del tempo. Ci fu un altro incontro, poi un altro
Un giorno, Beatrice rimase con suo padre, e Ginevra invitò Riccardo a casa sua. Dopo quella notte, capirono che non volevano più separarsi. Il loro amore, tenero e maturo, sembrava una salvezza dal passato. Ma cera un ostacolo: i loro figli.
Entrambi avevano adolescenti. Luca, il figlio di Riccardo, aveva un anno più di Beatrice. Caratteri, passioni, amicizie diverse. Allinizio, Ginevra e Riccardo si accontentavano di vedersi, a volte con i figli, ma notavano con amarezza che Beatrice e Luca non erano solo indifferenti luno allaltraa malapena nascondevano lantipatia.
Dopo un anno e mezzo, Riccardo cedette. Chiese a Ginevra di sposarlo. Lamava così tanto da sentirsi di nuovo un ragazzino, ma voleva una vera famiglia, non come nel suo primo matrimonio. Gli incontri clandestini non gli bastavano più. Ginevra, sbalordita, accettò. Anche lei sognava di addormentarsi accanto alluomo che amava, di preparare la colazione insieme, di guardare film la sera.
Discussero di tutto. Vivere nei loro piccoli appartamenti a Milano era impossibileragazzi di sesso opposto avevano bisogno di camere separate. Vendendo i loro beni e aggiungendo i risparmi di Riccardo, comprarono una casa spaziosa in periferia fiorentina. Restava il più difficile: dirlo ai figli.
Decisero di parlarne separatamente. “Non voglio vivere con Riccardo e suo figlio!”, protestò Beatrice. “Continuate a vedervi come prima! A cosa serve questo matrimonio e questa casa?” Ginevra capiva sua figlia, il cuore le si stringeva di pena. Per colpa sua, Beatrice avrebbe dovuto abituarsi a degli estranei. Ma Ginevra sapeva che fra qualche anni sua figlia avrebbe lasciato il nido, e allora? Il vuoto? Intorno a lei, madri che si erano sacrificate per i figli pretendevano lo stesso in cambio. Ginevra rifiutava quel destino. Con voce ferma ma dolce, rispose: “È deciso. Ma ti ascolterò sempre, e sarai la mia priorità.”
Beatrice fece il broncio, ma non replicò. Suo padre, appena risposato, la chiamava sempre meno, e lei si sentiva abbandonata. Dopo una lunga chiacchierata, accettò controvoglia, rassicurandosi che sua madre non lavrebbe tradita.
Con Luca, la discussione fu altrettanto dura. “Perché dovrei vivere con questa ragazza e sua madre?”, borbottò. “Perché amo Ginevra”, rispose tranquillo Riccardo. “Allora vado da mamma!”, sbottò il figlio. “Come vuoi”, replicò Riccardo. “Ma mi dispiacerebbe se scappi quando si fa difficile. E poi, lì saresti stretto nel suo monolocale, mentre qui abbiamo una casa. Stavo pensando di installare una porta da calcio per giocare con te.” Luca alla fine cedette. “Ma non aspettarti che la consideri mia sorella.” “Chiedo solo rispetto”, concluse Riccardo.
Beatrice dichiarò che non aveva alcun interesse per Luca e che non gli avrebbe più rivolto la parola. Il matrimonio fu semplice, in famiglia. Al ristorante, i figli sfoggiavano espressioni arcigne, dimostrando chiaramente il loro disprezzo per lidea.
Una settimana dopo, la famiglia si trasferì. Le camere furono decorate secondo i gusti di ognunotanto diversi quanto i loro occupanti. Beatrice, mattiniera, si svegliava allalba e gironzolava per casa mentre tutti dormivano. Luca, nottambulo, passava le notti al computer e dormiva fino a mezzogiorno nel weekend. Beatrice odiava il pesce, Luca ne mangiava tre volte al giorno. Lei amava la J-pop e i manga, lui ascoltava punk e guardava film dazione. Niente in comune. I loro scambi finivano subito in litigio.
Ma Beatrice si affezionò a Riccardo senza aspettarselo. Suo padre era quasi sparito, e le mancava lattenzione maschile. Riccardo, sebbene severo, la trattava come una figlia, a volte persino più viziata di Luca. “È una ragazza”, diceva. Luca, invece, si avvicinò a Ginevra. Sua madre si era sempre occupata poco di lui, e ora che aveva una nuova storia, lo aveva dimenticato. Ginevra sapeva ascoltare, senza giudicare, e Luca iniziò a confidarle i suoi segreti.
Ginevra e Riccardo speravano che i figli si avvicinassero, ma dopo sei mesi nulla era cambiato. Tornavano a casa separatamente, frequentavano gruppi diversi a scuola, passavano le serate chiusi in camera. I genitori si rassegnarono: non serviva amicizia, solo rispetto.
Tutto cambiò un pomeriggio. Un ammiratore insistente si era fissato con Beatriceun ragazzo di unaltra classe. Lei non lo amava, e il suo comportamento era strano. Messaggi ossessivi, lettere infilate nellarmadietto, inviti continui. Gli chiese chiaramente di lasciarla in pace, ma invano.
Un giorno, dopo lezione di teatro, Beatrice si attardò a scuola. Uscendo, si imbatté nel suo spasimante. “Vieni a fare una passeggiata”, disse, bloccandole il passaggio. “Andiamo al bar?” “Lasciami stare! Non uscirò mai con te!”, esplose Beatrice. “Non ti piaccio?”, fece lui, ferito. “No! E mi dai sui nervi!” Lui le afferrò il braccio: “Vieni, decido io!” Lei cercò di liberarsi





