Ti racconto una storia che mi pesa sul cuore da tempo, ma che spesso tengo per me. Forse mi illudo pensando che altri stiano peggio. Eppure, oggi voglio finalmente ammettere ad alta voce che non sono felice. E che, da sempre, mi sono sentita infelice.
Trentanni fa, ho sposato Lorenzo. Non per amore, ma perché sembrava la scelta giusta. I miei genitori non smettevano di ripetere che era una persona stabile, che con lui non mi sarebbe mancato nulla. E così ho seguito il loro consiglio.
Allepoca, credevo che lamore non fosse essenziale. La sicurezza veniva prima di tutto.
Che errore.
**Umiliazioni di routine**
Già da giovani, Lorenzo non aveva problemi a umiliarmi in pubblico.
*”Non sa nemmeno cucinare un uovo al tegamino!”* scherzava davanti agli amici a tavola, e tutti ridevano.
*”A letto, è come un ceppo di legno”*, commentava ridacchiando, ignorando che abbassavo gli occhi dalla vergogna, proprio accanto a lui.
Io tacevo. Sopportavo.
Cercavo di dimostrargli che meritavo il suo amore. Preparavo la cena, mi sforzavo di essere affettuosa e premurosa. Ma ogni volta, ricevevo solo freddezza e disprezzo.
Poi, sono arrivati i figli.
E mi sono detta: *per loro, resisterò*.
**Sotto lo stesso tetto, ma in mondi separati**
Quando i nostri figli sono cresciuti e se ne sono andati di casa, Lorenzo non ha nemmeno fatto finta di aver ancora bisogno di me.
Si è fatto costruire una stanza separata, dove adesso vive da solo. I vicini e gli amici pensavano che fossimo una coppia perfettaesteriormente, nulla era cambiato. Vivevamo sotto lo stesso tetto, condividevamo la stessa cucina.
Ma nessuno sapeva che persino il frigorifero era diviso.
Sulle sue scatole, scriveva a caratteri cubitali *”L.B.”* per evitare che toccassi le sue cose, anche per sbaglio.
Io, dallaltra parte, mi accontentavo di quello che potevo permettermifarina di granturco, patate, a volte una zuppa di fagioli.
Potevo usare la cucina solo in sua assenza. Era il suo *”regno”*, il suo territorio. La mattina e a pranzo, dovevo mangiare in camera mia, e se per sfortuna ci incrociavamo, mi fulminava con uno sguardo irritato.
Lui, intanto, si sedeva a tavola con salumi fini, formaggi, una bottiglia di vino, e iniziava a mangiare senza mai offrirmi neanche un boccone.
Mi sentivo come un fantasma in quella casa.
**Indifferenza condita di disprezzo**
Di tanto in tanto, andavamo al supermercato insieme. Ognuno comprava solo quello che avrebbe consumato.
Le bolletteacqua, luce, telefonoerano divise fino allultimo centesimo.
Ma agli occhi degli altri, eravamo ancora *”insieme”*. Persino i nostri figli, che ci venivano a trovare raramente, non sospettavano nulla.
E io continuavo a sopportare.
Reggevo il suo sguardo pesante, il suo disprezzo, il suo silenzio gelido.
Ma il peggio erano i fine settimana.
In quei giorni, la casa diventava un campo di battaglia.
**”Tu non sei nulla”**
Camminava per casa come se ogni centimetro quadrato gli appartenesse. Se lasciavo per sbaglio qualcosa dal *”suo”* lato del tavolo, era guerra.
Borbottava per ore, poi esplodeva per un nonnulla.
*”Sei una stupida!”* mi urlava in faccia.
*”Tosta e vuota come un sasso sul ciglio della strada!”*
Per anni ho stretto i denti. Per anni mi sono morsa la lingua.
Ma un giorno, qualcosa dentro di me si è spezzato.
Ha ricominciato a urlare. Non ricordo nemmeno il motivo.
Seduta di fronte a lui, lo guardavo sbuffare, il viso deformato dalla rabbia.
In quel momento, ho avuto voglia di afferrare un vaso e tirarglielo in testa. Volevo che sentisse, anche solo per un istante, il dolore che mi portavo dentro da trentanni.
Ma non lho fatto.
Mi sono semplicemente alzata e sono andata in camera mia.
Non ho urlato. Non ho versato lacrime.
Perché sapevo: quelluomo, per me, non è più nulla.
**Tremo, ma vivere così mi spaventa ancora di più**
Sono ancora qui. Sotto lo stesso tetto di quelluomo.
Non so se avrò mai il coraggio di andarmene.
Ho paura.
Ma ancora di più, ho paura di morire qui, senza aver mai conosciuto la vera felicità.
Prego una cosa solache i miei figli non seguano mai questa strada. Che vivano con chi li ama, chi li rispetta, chi li rende felici.
E io…
Per ora, sopravvivo.