15 Bambini Scomparsi durante una Gita Scolastica nel 1986 — Dopo 39 Anni, il Pulmino Viene Ritrovato Sepolto

Erano appena passate le 7 del mattino quando arrivò la chiamata. La vicequestora Lucrezia Bellini stava versando il suo primo caffè quando la voce della centrale risuonò: «Possibile ritrovamento vicino alle Pinete del Lago Mattino. Una squadra di operai che scavava per una fossa biologica ha dissotterrato quello che sembra un autobus scolastico. La targa corrisponde a un caso archiviato da tempo.»
La mano di Lucrezia si bloccò, la tazza calda tra le dita. Non aveva bisogno di annotarloconosceva quel caso a memoria. Anche lei era una bambina quellanno, costretta a letto dalla varicella, e aveva visto dalla finestra della sua camera i compagni salire sullautobus per la gita scolastica prima delle vacanze estive. Aveva portato con sé quel ricordoe il senso di colpa per non esserci statacome una scheggia sotto la pelle.
La strada per il Lago Mattino era lenta, la nebbia dilatava il tempo. I pini fiancheggiavano la via, sentinelle silenziose. Lucrezia superò la stazione forestale abbandonata e svoltò sulla stradina invasa dallerba che un tempo conduceva al campeggio estivo dove i bambini erano diretti. Ricordava leccitazione: un lago, un falò, nuove casette costruite dai volontari. Ricordava la foto dellannuario scolasticovisi sorridenti appiccicati ai finestrini, zainetti colorati, walkman, macchine fotografiche usa e getta.
Quando arrivò, gli operai avevano delimitato un perimetro. Macchie gialle sbiadite dellautobus affioravano dal fango, schiacciate dal peso dei decenni. «Non abbiamo toccato niente non appena ci siamo resi conto di cosa fosse», le disse il capocantiere. «Dovrebbe vedere questo.»
Avevano aperto la porta di emergenza. Lodore era terroso, acre. Dentro: polvere, muffa, decadimento fragile. I sedili erano ancora al loro posto, alcune cinture allacciate. Un portapranzo rosa giaceva sotto la terza fila. Una scarpa da bambino, coperta di muschio, riposava sul gradino posteriore. Ma non cerano corpi. Lautobus era vuotoun monumento svuotato, un punto interrogativo sepolto nella terra.
Sul cruscotto, fissato con del nastro, Lucrezia trovò un elenco scritto con la calligrafia arrotondata della maestra De Luca, scomparsa con loro. Quindici nomi, bambini di nove undici anni. In fondo, un messaggio scritto con un pennarello rosso: *Non siamo mai arrivati al Lago Mattino.*
Le mani di Lucrezia tremavano mentre usciva. Laria era più fredda. Qualcuno era stato lì, abbastanza a lungo da lasciare un messaggio. Sigillò larea e chiamò la squadra speciale. Poi andò dritta allarchivio comunale.
Lufficio dellarchivio di Contea di Montevecchio odorava di muffa e detersivo al limone. Lucrezia aspettò mentre limpiegato tirava fuori la scatola del caso: «Gita scolastica 2B, Scuola Elementare di Collealto, 19 maggio 1986. Archiviato dopo cinque anni. Nessun aggiornamento.»
Dentro cerano foto dei bambini, registri, elenchi di oggetti personali, e in fondo un rapporto timbrato in rosso: *PERSONE SCOMPARSE PRESUNTAMENTE PERDUTE. NESSUNA PROVA DI VIOLENZA.* Quel timbro aveva perseguitato il paese per decenni. Nessuna prova, nessun bambino, nessuna risposta.
Cerano sempre state voci. Lautista, Sergio Marini, era stato assunto da poco, senza controlli approfonditi. Era scomparso insieme allautobus. La supplente, la signorina Ferri, non aveva tracce né prima né dopo quel giorno. Il suo indirizzo risultava ora un terreno incolto. Tutti avevano una teoriafughe, una setta, un incidente nel lago. Ma nulla era mai emerso.
Poi, mentre Lucrezia esaminava i documenti, arrivò una chiamata dallospedale. Una donna era stata trovata da una coppia di pescatori, a meno di un chilometro dallo scavo. Scalza, denutrita, vestita di stracci, era disidratata e appena coscientema viva.
«Continua a dire che ha dodici anni», le disse linfermiera. «Pensavamo fosse un trauma, finché non ci ha detto il suo nome.» Le porse un foglio: *Noemi Rossi*, una dei bambini scomparsi.
Quando Lucrezia entrò nella stanza, la donna si alzò lentamente. I capelli erano arruffati, il viso pallido, ma gli occhi verdi erano inconfondibili. «Sei diventata vecchia», sussurrò Noemi, le lacrime che le rigavano il viso.
«Ti ricordi di me?» chiese Lucrezia, la voce tremula.
Noemi annuì. «Avevi la varicella. Dovevi venire anche tu.»
Lucrezia si sedette accanto a lei, sbalordita. «Mi dissero che nessuno si sarebbe ricordato», mormorò Noemi. «Che nessuno sarebbe venuto.»
«Chi te lo ha detto?» domandò Lucrezia con dolcezza.
Noemi guardò fuori dalla finestra, poi tornò a fissarla. *«Non siamo mai arrivati al Lago Mattino.»*
I giorni seguenti furono un vortice di indagini e rivelazioni. I periti non trovarono resti sullautobus, ma scoprirono una foto incastrata dietro un pannello: un gruppo di bambini in piedi davanti a un edificio sventrato, i volti vuoti. Nelle ombre alle loro spalle, un uomo alto e barbuto.
Noemi, ancora fragile ma lucida, ricordava frammenti: lautista non era il solito. Cera un uomo che li aspettava a un bivio. *«Disse che il lago non era pronto per noi. Che dovevamo aspettare.»* Ricordava di essersi svegliata in un fienile con le finestre coperte e orologi che segnavano sempre martedì, anche quando non lo era. Avevano dato loro nomi nuovi. *«Alcuni dimenticarono casa», disse. «Ma io no. Mai.»*
Lucrezia seguì le tracce fino a un fienile abbandonato sulla Strada Provinciale, un tempo proprietà di un uomo di nome Agostino. Lì trovò un braccialetto tra le erbacce*Ginevra Conti*, unaltra scomparsa. Dentro, i muri erano incisi con nomi di bambini, alcuni appena tracciati, altri profondi e rabbiosi. In una scatola di metallo, trovò polaroid dei bambini, non in posa ma rubatementre dormivano, piangevano, mangiavano. Sul retro, un nome nuovo: *Colomba. Gloria. Silenzio.*
Quella sera, Lucrezia mostrò a Noemi la foto trovata sullautobus. *«Era dopo il primo inverno», disse Noemi piano. «Ci facevano posare ogni stagione per documentare i progressi. Quelledificioè dove ci hanno tenuti più a lungo.»*
Una ricerca portò Lucrezia al Campeggio Riviera, un vecchio rifugio estivo acquistato nel 1984 da un trust privato. Lì trovò ledificio della foto. Nel terreno fuori, impronte freschepiccole, di bambino. Dentro, un ragazzino magro e pallido, non più di dieci anni, si chiamava Giona. Non ricordava il suo vero nome. *«Me lhanno portato via», disse. «Sei qui per portarmi via?»*
Lucrezia lo portò in questura. Riconobbe alcuni volti nellannuarioMaria, Samuele, Lucrezia stessa. *«Dovevi venire anche tu», disse. «È stata fortuna.»*
Intanto, i periti trovar

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