La gelosia mi ha distrutto: quando ho visto mia moglie scendere dall’auto di un altro uomo, ho perso il controllo e ho rovinato tutto

 

Ero in piedi vicino alla finestra, con le mani strette a pugno e il cuore che batteva forte contro il petto. Ogni secondo che passava sembrava un’eternità. Il ticchettio dell’orologio sul muro scandiva il tempo in modo assordante.

Era in ritardo. Troppo in ritardo.

Poi vidi i fari illuminare la strada.

Un’Audi nera si fermò davanti a casa nostra. Mi sentii gelare il sangue nelle vene. Al volante c’era un uomo – alto, sicuro di sé. Uno sconosciuto.

Poi la portiera del passeggero si aprì.

E lei scese.

In quel momento, il mio mondo andò in pezzi.

Sorrideva. Un sorriso leggero, naturale. Troppo naturale. Si chinò verso il finestrino, gli disse qualcosa e lui rise. Rise!

Poi chiuse la portiera e si diresse verso casa.

Sentii il cuore battere così forte da farmi male.

Chi era quell’uomo? Da quanto andava avanti questa storia? Come avevo potuto non accorgermene?

La porta si aprì ed entrò. Gettò la borsa sul tavolo come se niente fosse.

“Chi era?” – chiesi con voce bassa ma tagliente.

Si fermò di colpo e mi guardò sorpresa. – “Cosa? Di chi parli?”

“L’uomo in macchina. Chi era?”

Sospirò, scuotendo la testa con impazienza.

“Marco, per l’amor di Dio… Era Luca, il marito di Martina. Mi ha dato un passaggio perché era tardi. Devi davvero fare una scenata per questo?”

Ma io non ascoltavo più.

Le parole mi rimbombavano nella testa. Il sangue mi pulsava nelle tempie.

E poi la mia mano si alzò.

Il suono dello schiaffo risuonò nella stanza.

Lei fece un passo indietro, portandosi una mano al viso. Una sottile linea di sangue colò dal suo naso.

Un silenzio glaciale riempì la stanza.

E poi lo vidi nei suoi occhi.

Non rabbia. Non dolore. Paura.

Fu in quel momento che capii.

Avevo superato un confine da cui non potevo tornare indietro.

Non urlò. Non pianse.

Si mise il cappotto e uscì.

La mattina dopo, un ufficiale giudiziario mi consegnò i documenti per il divorzio.


Il tribunale mi ha tolto tutto – perfino mio figlio

“Ho sopportato la tua gelosia per anni,” mi disse con una voce fredda, vuota. “Ma la violenza? Mai.”

La implorai di perdonarmi. Le giurai che era stato un errore. Un momento di debolezza. Che non sarebbe mai più successo.

Non le importava.

E poi arrivò il colpo di grazia – in tribunale dichiarò che ero aggressivo anche con nostro figlio.

Una bugia.

Una bugia spregevole. Non l’avevo mai toccato. Non gli avevo mai nemmeno parlato con durezza.

Ma chi avrebbe creduto a me? Un uomo che aveva già alzato le mani sulla propria moglie?

Il giudice non esitò.

Lei ottenne l’affidamento esclusivo.

Io? Solo poche ore alla settimana. Un incontro ogni sette giorni, in un luogo neutro.

Niente più serate insieme. Niente più mattine in cui lo avrei portato a scuola.

Per sei mesi, vissi solo per quei brevi incontri.

Per quei momenti in cui correva verso di me con il sorriso sulle labbra, mi abbracciava forte e mi diceva quanto gli ero mancato.

E poi, ogni volta, dovevo lasciarlo andare via.

Fino al giorno in cui mi disse qualcosa che mi fece crollare.


La verità che mi ha rivelato mio figlio di cinque anni

Stava crescendo. Cominciava a notare le cose.

E un pomeriggio, mentre giocava con le sue macchinine, disse con voce innocente:

“Papà, ieri sera la mamma non era a casa. È venuta una signora.”

Mi gelai.

“Che signora?” – chiesi cercando di mantenere la calma.

“Non lo so. Viene sempre quando la mamma esce.”

Il respiro mi si bloccò.

“E dove va la mamma?”

Scrollò le spalle. – “Non me lo dice.”

Sentii un nodo stringermi lo stomaco.

Dovevo scoprire la verità.

E quando lo feci, tutto dentro di me si spezzò.

Aveva assunto una babysitter.

Un’estranea.

Mentre io pregavo per passare più tempo con mio figlio, lei lo lasciava a una sconosciuta.

Presi il telefono e la chiamai.

“Perché lasci nostro figlio con una sconosciuta, quando io sono qui?”

La sua voce era fredda, indifferente. – “Perché è più comodo così.”

“Più comodo?!” Sentii la rabbia crescere dentro di me. “Sono suo padre! Se tu non ci sei, dovrebbe stare con me!”

Sospirò. – “Marco, non posso portarlo da te ogni volta che ho da fare. Non è una questione che ti riguarda.”

Stringevo il telefono così forte che rischiavo di spezzarlo.

Cosa dovevo fare? Andare in tribunale? Lottare per la custodia?

E se perdevo di nuovo?

Un solo errore.

Un solo momento di rabbia.

E mi avevano tolto tutto.

Ma mio figlio?

Lui non glielo lascerò.

Non permetterò che sia un’estranea a crescerlo.

Combatterò.

Perché è l’unica cosa che mi resta.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

twenty + 14 =

La gelosia mi ha distrutto: quando ho visto mia moglie scendere dall’auto di un altro uomo, ho perso il controllo e ho rovinato tutto