Nonno, resta ancora lì,” – la voce di lei suonava malinconica, tra le lacrime.

– Nonno, guarda che è ancora lì, – la voce di Margherita suonava piena di compassione, attraversata dalle lacrime. Era appoggiata al davanzale e, con la fronte contro il vetro, osservava la scena. – Da quante ore è lì, senza muoversi neanche un po’!
– Magari è morta, – chiese con disappunto Gianni. – Se non si muove.
– No. Gli occhietti sono aperti. E non abbassa la testa. Resta lì e fissa un punto, senza badare a nulla. Un vicino è passato col cane, ma non ha nemmeno girato la testa.
– Forse è malata, – ipotizzò Gianni. – È arrivato il momento, e sta per morire. Ha trovato bene il luogo!
– Ma no! – Margherita guardò il marito con biasimo. – Ricordi la signora anziana nel condominio accanto? Dieci anni più di noi. Ieri l’hanno seppellita. Questa è la sua gatta. La padrona è al cimitero, la gatta per strada. Ah, che gente…
Gianni ricordava la signora. Una volta aveva conosciuto anche il marito. Non erano amici, ma si salutavano con un cenno del capo quando si incrociavano. Fu lui a organizzare i lavori per costruire un parco giochi nel cortile, anche se i suoi figli non ne avevano più bisogno.
Contemporaneamente costruirono un paio di tavoli con panche sotto i pini. Questi erano per gli adulti. Gli antichi pini si erano miracolosamente conservati, a ricordare che lì, un tempo, c’era una foresta.
Era il luogo preferito di ritrovo degli uomini. Nel tempo libero si divertivano a giocare a carte, fare una partita a scacchi o, perché no, bere un po’ di vino in occasione delle feste.
Ancora oggi i vecchi del quartiere si ritrovano sotto i pini. I tavoli e le panche sono stati sostituiti diverse volte, ma gli alberi continuano a crescere, offrendo ombra e protezione dal sole estivo.
– Ieri, dici? – Gianni fissava la televisione, aspettando che finisse la pubblicità durante la partita di calcio. – E i figli? Potevano prenderla con sé.
– I figli… – sospirò Margherita. – Sai bene che a loro interessa solo l’appartamento. Tutto ciò che è caro agli anziani, che custodiamo come il tesoro più prezioso, prima o poi finirà nella spazzatura. Le nostre cose, le foto di famiglia e anche i riconoscimenti ricevuti. Così è la vita ormai. Ma perché la gatta? Ha un’anima, una vita.
Margherita mormorava ancora qualcosa, strofinandosi il naso e asciugando gli occhi con un fazzoletto. Poi si allontanò dalla finestra e, senza dire nulla al marito, si mise le scarpe ed uscì dall’appartamento. Tornò dopo una quindicina di minuti, stringendo al petto la gatta orfana, che pendeva inerte dalle sue braccia.
– Criticatemi pure, ma non ce l’ho fatta! – esclamò entrando, lasciando la gatta sul pavimento dell’ingresso.
La gatta, una comune gattina grigia, non andò in salotto, ma si accasciò vicino alla porta, guardando nel vuoto con lo stesso sguardo distaccato. Doveva avere dieci o dodici anni, almeno.
Gianni non rispose, non voltò nemmeno la testa. Rimase seduto sulla poltrona davanti alla televisione. Margherita, scuotendo la testa in segno di disapprovazione per il marito, andò in cucina, pensando a cosa dare da mangiare alla gatta.
Il mattino successivo, la gatta era ancora nello stesso posto, ma il cibo nella ciotola era sparito, e la ciotola pulita.
– Bene, – sussurrava Margherita. – Hai mangiato, allora vivrai. Non è ancora il tuo momento per raggiungere la tua padrona. E col tempo, ti abituerai a noi.
Ma la gatta si adattava con difficoltà. Solo dopo una settimana cominciò a mostrare interesse per i suoi nuovi proprietari. Sempre accoccolata vicino alla porta, alzava la testa per salutarli o accoglierli con uno sguardo indifferente.
Margherita la accarezzava sul morbido pelo, le parlava con dolcezza, cercava di nutrirla con cibo appetitoso. Ma lei mangiava solo di notte, quando i padroni dormivano. Margherita riempì una cassetta di sabbia pulita per il bagno della gatta e la sistemò nel piccolo bagno, lasciando la porta aperta.
Gianni si irritava per questo – abituato al vecchio ordine in casa, e considerava la porta aperta una violazione inaccettabile di tale ordine.
– Stesa qui, – borbottava uscendo dall’appartamento e oltrepassando la gatta stesa. – Non c’è altro posto?
La gatta non rispondeva, guardandolo con occhi verdi tristi. Una volta Gianni rischiò di inciampare, tornando dal negozio con la spesa.
– Che caspita! – si lamentò. – Spostati da qui! C’è un sacco di posto nella stanza. Perché stai qui?
La gatta ascoltò pazientemente la critica, si sollevò dal tappeto intrecciato e si diresse verso la stanza. Gianni e Margherita la seguirono con lo sguardo. Ora Matilde passava le giornate in un angolo della stanza, senza manifestare attività né causare problemi ai loro padroni.
– È un gatto, quello? – borbottava Gianni. – È una vecchietta! Mangia ciò che le diamo e torna a dormire in silenzio. Non si fa nemmeno sentire.
– Ma cosa dici! – si offendeva Margherita per la gatta. – Pensaci, quanti anni ha vissuto con la sua padrona! Le manca, ovviamente. Tutta la sua vita era con lei. Ora giace lì, ricordando i giorni felici, che non torneranno più. Invecchierai e vivrai con i tuoi figli, e anche tu starai in un angolo, a ricordare la giovinezza, intralciando tutti. Speriamo che nessuno ti maltratti o inciampi su di te!
Questo discorso toccò l’animo di Gianni. Iniziò a vedere Matilde con occhi diversi, immaginandosi al suo posto. Non la rimproverò più, né minacciò di mandarla fuori casa.
Un giorno portò addirittura del cibo per gatti dal negozio. Speciale per gatti, anche se Margherita le dava del brodino con pezzetti di carne.
Una serata d’estate, Margherita tornava dalla figlia. Questa le aveva chiesto di stare con il nipote, un po’ malato e senza nessuno che lo accudisse, con i genitori al lavoro.
Il nipotino stava bene, correva per casa come un pazzerello, tutti i malati dovrebbero star così. Sorridendo, Margherita ripensava ai giochi allegri del bambino, ai quali aveva preso parte, contagiata dall’entusiasmo.
Entrando nell’appartamento, sentì la voce sommessa del marito. Stava tenendo una conversazione approfondita. Con chi stava parlando?
– La vita è strana… A volte sembra finita. È più facile arrendersi. Ma col tempo le cose migliorano e torna la voglia di vivere.
– E i pensieri sciocchi svaniscono. L’importante è superare il brutto momento. E se qualcuno ti capisce e ti sostiene, è tanto meglio!
Margherita, sorpresa, vide il marito discorrere con Matilde! Questa era seduta sul bracciolo della poltrona e ascoltava attentamente, rispondendo di tanto in tanto con un morbido miao.
– Capisce quello che dici? – chiese ironicamente Margherita, un po’ dispiaciuta. «Io l’ho raccolta e curata, e non ha mai parlato con me».
– Certo! – disse convinto Gianni. – A proposito, non si chiama Matilde, ma Matilde.
– Te l’ha detto lei? – ridacchiò Margherita.
– Sì, vero Matilde?
– Mrau! – la gatta diede una testata a Gianni sulla spalla.
– Vai al negozio, – Margherita non riuscì a trattenere un sorriso. – La farina è finita, volevo fare dei pancake. Ti piacciono i pancake?
Gianni si alzò dalla poltrona senza rispondere, accarezzò Matilde e uscì dall’appartamento. Margherita notò come la gatta lo seguiva con occhi pieni d’affetto.
Tornò presto, comprando un pacco di farina e un paio di bustine di cibo per gatti.
– Preparati, cara vecchietta, lì gli uomini stanno giocando a carte. Andiamo anche noi, è da tanto che non ci vado sotto i pini.
– Sei impazzito, vecchio! – Margherita guardò il marito, incredula. – Io non so nemmeno giocare a carte. Che idea!
– Non mi riferivo a te, – rispose tranquillamente Gianni. – Parlo con Matilde…
Margherita, setacciando la farina, buttò un occhio fuori dalla finestra, osservando il marito attraversare il cortile – verso i pini, seguito dalla gatta che, con la coda rialzata, lo seguiva, alzando di tanto in tanto il musetto per chiedere qualcosa. E lui le rispondeva, gesticolando con convinzione. Sul serio!

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

three × three =

Nonno, resta ancora lì,” – la voce di lei suonava malinconica, tra le lacrime.