Tania era davvero stanca. Era sola da sei anni, da quando suo marito l’aveva lasciata. Sua figlia si era sposata un anno prima e si era trasferita in un’altra città.
Tania aveva solo quarantadue anni, un’età meravigliosa per una donna. Una seconda giovinezza. Era una padrona di casa eccellente, cucinava divinamente, i suoi sottaceti con pomodori erano considerati da tutti un capolavoro. Ma per chi prepararli? Sul balcone c’erano già file di barattoli inutilizzati.
«Non posso mica svanire da sola, così bella!» – diceva Tania alle amiche. Loro le rispondevano: «No! Cerca un marito! Ci sono tanti uomini soli in giro».
Una di loro le suggerì un’agenzia matrimoniale, “Il Marito Perfetto”. Tania inizialmente pensò che fosse assurdo e triste rivolgersi a un’agenzia. Ma d’altra parte, aveva già quarantadue anni, quel numero la innervosiva. I vecchi orologi della nonna ticchettavano minacciosamente, segnando il tempo che passava.
Così Tania si presentò all’agenzia. Una signora gentile con occhiali rosa le disse:
– Abbiamo davvero i migliori. Guardiamo insieme nel nostro database, siediti qui accanto!
– Sono tutti belli, – Tania sorrise. – Ma come capisci se qualcuno è adatto a te?
– Questo è pianificato, – rispose la donna. – Lo diamo in prova per una settimana. Abbastanza per capire se è quello giusto o se cercare un altro.
– Chi date in prova?
– Un uomo!
– Com’è possibile?
– Così! Lui vive con te per una settimana. Senta, qui non siamo timide fanciulle, andiamo subito al punto. E non abbiamo maniaci o pazzi.
A Tania improvvisamente piacque l’idea. Con la signora dagli occhiali rosa scelse cinque candidati. Tania pagò una piccola somma e tornò a casa con impazienza. Il primo doveva arrivare quella sera stessa.
Indossò un vestito verde – il colore della speranza. E orecchini di diamanti, che raramente prendeva dalla vecchia scatolina.
Ding dong! – suonò il campanello.
Tania spiò dalla spioncino. Vide rose. Emise un piccolo grido di gioia. Aprì la porta. L’uomo era elegante, sì, proprio come in foto.
Si sedettero a tavola, Tania aveva cucinato di tutto. Mise il bouquet al centro. Osservava con discrezione il piacevole ospite, pensando: «Ecco, non ne servono altri. È lui!»
Iniziarono con l’insalata. Il futuro marito si strinse le labbra: «Perché così salata?». Tania sorrise imbarazzata, gli servì l’anatra al forno. Masticò un pezzo: «Troppo dura…». Niente gli piacque. Presa dalle faccende, Tania si era dimenticata il vino, che aveva scelto con cura. Versò e disse: «Alla nostra conoscenza!». Lui annusò, ne bevve un sorso: «Roba economica». Si alzò: «Vediamo com’è casa tua…»
Tania prese il bouquet, glielo porse: «Non mi piacciono affatto le rose. Arrivederci».
Durante la notte, Tania pianse un poco, era ferita. Ma le aspettavano ancora quattro incontri.
Il secondo arrivò la sera successiva. Entrò sicuro di sé: «Ehi, ciao!». Sapeva di vodka. Tania chiese: «Hai già festeggiato il nostro incontro da qualche parte?». Lui sorrise: «Oh su, dai! Senti, c’è la TV? Inizia la partita. Roma – Juventus. Possiamo parlarne mentre guardiamo». Tania rispose secca: «La TV la guardi a casa tua».
Quella notte pianse di nuovo da sola.
Il terzo arrivò due giorni dopo. Non era un bell’uomo, indossava una giacca vecchia, aveva unghie disordinate. E scarpe piene di fango. Tania pensava già a come congedarlo educatamente. Ma decise di offrire prima da mangiare. Mangiasse in modo famelico, lodando Tania. Si sentì persino imbarazzata. Tirò fuori i sottaceti. «Santo cielo! – esclamò. – È la cosa migliore che abbia mai mangiato!»
E in quel momento, i vecchi orologi suonarono. Lui ascoltò: «Cos’è questo rumore?». Si avvicinò, salì su uno sgabello, esaminò l’orologio: «Lo aggiusto subito! Hai gli strumenti?»
Presto gli orologi suonavano in modo chiaro e argentato. Tania adorava quel suono dolce. Pensò fosse un segno. Quello doveva diventare suo marito. Aveva tante belle qualità, era capace, e le scarpe sporche o le unghie disordinate erano dettagli trascurabili. Il fatto che fosse il terzo la convinceva, in fondo tre è un numero fortunato.
Si preparò per la notte. Visitò il salone di bellezza, stese lenzuola eleganti con grandi rose (le adorava in realtà). Quando Tania uscì dal bagno, il suo ospite già dormiva, senza neanche essersi spogliato. Non se ne curò. Lo osservò con tenerezza: «Stanco, poverino». Si sdraiò delicatamente accanto a lui.
Poi iniziò l’incubo. Quel maestro iniziò a russare. Con maestria, intensamente. Tania tentò di coprirsi con il cuscino, poi coprì lui, infine cercò di girare il corpo dormiente – inutile. Non dormì tutta la notte, soffriva.
La mattina, l’ospite si alzò, trovò Tania cupa in cucina: «Allora? Porto le mie cose stasera?»
Tania scosse la testa: «No, mi dispiace. Sei bravo, ma… No!»
Il quarto, barbuto, le ricordò un eroe di un vecchio film sui geologi. Gli permise persino di fumare in cucina. Si accese una sigaretta, disse: «Tania, dobbiamo chiarire subito. Sono un uomo libero. Amo la pesca, stare con gli amici. Non sopporto chi mi assilla con – dove sei, dove sei? Va bene?»
Tania osservava come scuoteva la cenere nel vaso dell’orchidea, chiese: «E magari anche con altre donne?». Lui sorrise: «Perché no? Ti ho detto – libertà! È normale per un uomo».
Dopo di lui, Tania ventilò a lungo la cucina. Aveva il mal di testa, si sentiva sfinita, come se le avessero tolto tre litri di sangue. Non lavò neanche i piatti.
La mattina successiva, Tania aprì gli occhi, la luce del sole filtrava dalle tende, i passeri cinguettavano felici. Si sentì improvvisamente bene. Sabato. Non aveva fretta, nessuno l’infastidiva, nessuno borbottava, russava o faceva rumore. I piatti? Li avrebbe lavati quando voleva. Pace e libertà.
Ma poi squillò il telefono: «Tania! Qui è l’agenzia “Il Marito Perfetto”. Oggi ti aspetta ancora un candidato, ricordi? È meraviglioso, questo è davvero per te!»
Tania urlò letteralmente nel telefono: «Cancellatemi! Rimuovetemi dal database! Nessuno più! Il miglior marito è quello che non esiste!»
E ridendo spalancò le tende.




