Abbiamo deciso, insieme a mio marito, di accogliere un cane da un rifugio. Mio marito vorrebbe acquistare un cane di razza, sostenendo che le razze portino nobiltà, intelligenza e fedeltà.
Tuttavia, l’ho pregato di accompagnarmi in un rifugio e, seppure con riluttanza, ha accettato. In tutta la nostra vita insieme, e abbiamo passato diversi decenni insieme, Marco non mi ha mai contrastato. Perché un cane invece di un bambino, vi chiederete? Siamo persone sole e di un’età rispettabile. Entrambi comprendiamo la responsabilità che comporta prendersi cura di un essere vivente.
Un bambino va cresciuto, educato, va dato un’istruzione. È un “progetto” a lungo termine, mentre con un cane staremo insieme fino alla fine. Sarà, con Marco, il nostro bambino.
Nel rifugio ci si è presentata una scena straziante. C’era un odore nauseante, accompagnato dall’inesauribile abbaiare e ululare che squarciava l’anima. Tutti i cani, come bambini senza tetto, ci guardavano con speranza, come se stendessero le mani verso di noi.
Io e mio marito camminavamo lungo le interminabili gabbie strette, seguiti da centinaia di occhi che osservavano ogni nostro passo. Signore, per quale motivo queste creature devono soffrire così tanto? Mi sembra che se non ci fossero animali abbandonati, non ci sarebbero nemmeno bambini rifiutati, e gli orfanotrofi scomparirebbero per inutilità.
Un animale, come un bambino, richiede pazienza, amore, cure, e inoltre “parla” una lingua straniera che spesso non proviamo nemmeno a comprendere e spesso interpretiamo come meglio ci conviene.
Improvvisamente, Marco si fermò di colpo davanti a una delle gabbie. Lì giaceva un cane, indifferente a tutto, con uno sguardo spento. Non reagì affatto alla nostra improvvisa apparizione. Sembrava fosse sordo e cieco. “Perché prendere questo randagio? Meglio quest’altro, dato che è di razza,” ci suggerì frettolosamente il “custode del rifugio”.
“È un rifiutato, è stato tradito più volte e restituito, sembra che abbia deciso di farla finita con la sua vita inutile con uno sciopero della fame,” disse con amarezza una volontaria, raccontandoci la storia di questo triste sfortunato. Marco provò a parlare al cane, ma questi si girò sdegnosamente: non credeva più negli esseri umani.
“Sa, è un cane molto buono, obbediente, e sebbene sia un meticcio, è molto fedelo, a differenza dei ‘re della natura’,” disse la ragazza con una nota di speranza nella voce, seguendoci da vicino e scrutando ogni nostro gesto. Ho allungato la mano tra le sbarre per accarezzarlo. Il cane si girò improvvisamente verso di me, mi fissò con uno sguardo penetrante e poggiò il naso contro la mia mano. Era leggermente umido e il suo alito caldo mi solleticava la pelle.
Scoppiai a ridere. Il cane sospirò a lungo, si alzò sulle zampe e cominciò a scodinzolare. “Un miracolo!” esclamò la volontaria, “Siete i primi a cui ha reagito.” “Il veterinario aveva già iniziato a prepararlo per la soppressione,” commentò il gestore del rifugio, una brava persona ma piuttosto indifferente al suo lavoro.
La ragazza continuò: “Sapete, sembra che capisca tutto e di notte ulula piano, lamentando la sua triste sorte, con lacrime che gli scorrono dagli occhi”. “Non avete mai visto come piangono i cani, io sì!” esclamò improvvisamente con amarezza, mentre distoglieva lo sguardo umido.
Bisognava vedere Marco in quel momento. Era così simile a quel cane, segnato dalla vita. Non dimenticherò mai i suoi occhi, così imploranti come quelli di un cane in cerca di gentilezza. E accanto a lui, gli occhi del cane. Ci guardammo a lungo negli occhi. Lì, nel profondo della sua anima, infuriava una tempesta di emozioni; non aveva dimenticato i tradimenti umani, ma desiderava così tanto una famiglia! All’improvviso, si risvegliò in lui il desiderio di vivere!
Emise un lungo, malinconico ululato, come se stesse riversando tutta la sua sofferenza. Al nostro recinto accorsero tutti i dipendenti del rifugio. Molti piangevano, senza nascondere le lacrime. Marco era in ginocchio davanti al cane, come implorando perdono per i peccati di tutta l’umanità.
“Si chiama Fedele,” disse uno dei dipendenti, consegnandoci il guinzaglio. Tutto il rifugio ci ha accompagnati. Qualcuno molto devoto ci ha fatto il segno della croce di nascosto. E quella croce ha sancito per sempre la nostra unione a tre.
Mio marito dimenticò completamente l’acquisto di un cane di razza. Del resto, “comprare un cane” suona abbastanza strano, non trovate? Si può davvero comprare un amico? La fedeltà e l’amore sono in vendita?
Fedele camminava accanto a noi, e Marco lo lasciò libero dal guinzaglio per fargli godere appieno la libertà. Sembrava sapere che sarebbe rimasto con noi fino alla fine e che non avrebbe mai più pianto.




