La nostra storia segreta ha già 15 anni. La racconto adesso perché mio marito ormai sa tutto, quindi posso farlo.
Prima del parto, sono stata ricoverata per 26 giorni – una sorta di mega-vacanza prima delle notti insonni. Nella mia stanza c’era Francesca, 21 anni, una ragazza carina di condizioni economiche medie. Viveva con i genitori, il bambino non era programmato, il padre non ne era felice e non l’aveva chiesta in sposa – una situazione comune, e lei non la vedeva come una catastrofe, quindi non ne parlavamo. Disse solo una volta che sua madre voleva una nipotina, mentre al padre non importava chi avrebbe imparato ad andare in bicicletta. Ci parlavamo molto, siamo diventate amiche, mangiavamo dolci insieme.
Una mattina, durante una visita, il medico le chiese:
– Hai cambiato idea?
– No, – rispose risoluta.
– L’infermiera ti porterà i moduli. Per legge, avrai 6 mesi per ripensarci.
Pensavo a qualcosa, ma temevo di chiedere. Prima di pranzo, l’infermiera portò i documenti, e Francesca li compilò. Avevo la testa che mi scoppiava per i pensieri e non riuscivo più a tacere:
– Cos’è?
– Un rinuncio.
– Perché!? Crescerai, i tuoi genitori ti aiuteranno, sei giovane e forte. Ma che fai!?
– Ne farò altri! Adesso non è il momento, non ne ho bisogno!
E sapete, la risposta fu fredda…, non c’era dolore, compassione per il bambino, né lacrime; non distolse neanche lo sguardo da me, mentre io cercavo di convincerla con il mio. Ma non pianse mai. Non uscivamo più insieme e parlavamo poco. Io iniziai a sognare di portare quel bambino a casa con me. Dopo una notte insonne, non sapendo che fine avrebbe fatto la sua richiesta, andai dal mio medico e le raccontai tutto. Mi portò dal responsabile del reparto maternità. Raccontai tutta la storia. Andammo dal primario. Fu lì che dissi tutto:
– Si può fare in modo che risulti che l’ho partorito io e che lei… non abbia partorito affatto? Non so come ma deve essere completamente mio! Così non devo spiegare nulla al marito e parenti, dirò solo che ho avuto due gemelli e basta! – avevo un polidramnios terribile, e quella idea mi sembrava ottima.
I medici rimasero a bocca aperta. Il primario alzò gli occhi al cielo.
– Ma cosa dice, cara! Questo è contrario alla legge! Vuole che finisca in tribunale a causa sua?…
– Che differenza vi fa?! Pensate a qualcosa! Vi prego! Anche se partoriremo in giorni diversi, registrate il suo con il mio parto! O lo venderete a qualcun altro? – questo non avrei dovuto dirlo, e i medici, offesi, mi cacciarono via.
Quella notte Francesca partorì. Ero sconvolta, ma speravo che Dio avesse in serbo un buon destino per quel bambino. Evitavo di pensarci troppo, per non dover piangere, mentre accarezzavo il mio enorme pancione.
La sera successiva iniziarono le contrazioni. Partorii con difficoltà. Alle 6:55 divenni mamma di Giulia-lapatulia.
Appena dopo il parto, il primario venne da me, ancora distesa dopo il parto:
– Hai cambiato idea?
Non compresi subito a cosa si riferisse. E quando capii, scossi forte la testa:
– No! No! No! Non ho cambiato idea!
Così divenni madre di due gemelli – Daniele e Giulia. Daniele succhiava come un piccolo aspirapolvere, mentre Giulia era terribilmente pigra, ma prendeva peso regolarmente.
Chiesi al primario come potevo aiutare il reparto. Segnò una lista e disse:
– Quanto più, tanto meglio, queste cose non bastano mai.
A mio marito, al telefono, non dissi nulla dei gemelli. Gli chiesi di venire da noi. Quando vide i bambini, non svenne per lo shock… – si sedette e chiese un po’ d’acqua, bevve e poi chiese:
– Ma l’ecografia… uh, ora l’ecografia… e tu li hai già chiamati?
– E tu cosa ne pensi?
– Beh, noi pensavamo a Giulia, e qui… – si alzò di scatto e sorrise, come ricordando qualcosa, – Chiamiamolo come mio nonno – Daniele?
Certo, facciamolo. Piangevo e lui pensava che fosse dalla felicità. E sì, lo era, ma anche per la consapevolezza di cosa stavo facendo, delle bugie che gli stavo raccontando, e che avrei detto a tutti tra due giorni, ed era spaventoso.
Non ho idea di come abbiano sistemato tutto, ma ci fu consegnato tutto regolare dall’inizio – dai braccialetti alle dimissioni dall’ospedale.
Il 21 aprile i miei figli compirono 15 anni. Andammo a pescare per festeggiare. A Daniele regalai una canna da pesca con mulinello, a Giulia una mountain bike. Decisi di raccontare tutto a mio marito, solo che da sobria avevo paura della sua reazione, mentre da un po’ brilla mi sembrava meno spaventosa. Durante il viaggio di ritorno presi due bottiglie di vino più forte. Alla sorpresa di mio marito risposi “Beh, è una festa”. I bambini andarono a letto tardi, e io apparecchiai in cucina per continuare la festa. Quando restava solo un po’ di vino nella seconda bottiglia, raccontai tutto. Roberto ascoltò, poi disse:
– Non ci posso credere.
– Te lo giuro! – con una croce un po’ storta, ubriaca, terribile!
La sera successiva chiese di nuovo:
– È vero?
– Sì, – stavolta non ero così sicura, la testa pendeva bassa.
Parlammo a lungo, piansi. Mi sentii alleggerita, lui mi capì.
– Ma guarda te… Daniele, Giulia, venite qui! – i bambini si avvicinarono, mentre io mi bloccai. – Vostra madre è una donna forte e saggia! Trattatela con cura, – e sorrise benevolo.