La sorprendente storia di un bambino cresciuto dalla nonna con la madre ancora in vita.

Accadde che Stefano fu cresciuto dalla nonna. Eppure la madre era viva. No, per giustizia bisogna dire che la madre era una persona splendida: bella e gentile. Tuttavia, lavorava come cantante presso un teatro e quindi era raramente a casa. Perfino con il marito, il legittimo padre del bambino, si era separata a causa dei frequenti viaggi. Così era la nonna ad occuparsi interamente del nipote.

Da quando Stefano ne aveva memoria, ogni volta che si avvicinava al suo palazzo, un tipico “condominio anni sessanta”, alzava lo sguardo e vedeva sempre la sagoma della sua amata nonna alla finestra del quarto piano, in trepidante attesa del suo ritorno. E quando lui usciva, la nonna si affacciava sempre alla finestra per salutarlo con la mano, e lui ricambiava il saluto.

Quando Stefano compì venticinque anni, la nonna venne a mancare. Avvicinandosi a casa e non scorgendo più quella figura familiare alla finestra, Stefano provava un’enorme tristezza e senso di vuoto. Anche all’interno dell’appartamento regnava il vuoto; anche quando sua madre era in casa, Stefano si sentiva solo. Lui e la madre avevano da tempo dimenticato come comunicare e parlare di cuore. Non c’erano temi comuni, né interessi condivisi; neppure i problemi quotidiani venivano discussi, come fossero estranei.

Qualche mese dopo la morte della nonna, Stefano decise improvvisamente di trasferirsi in un’altra città. D’altronde, la sua specializzazione in informatica era molto richiesta. Trovò subito un’ottima azienda online, che gli garantiva un salario elevato e s’impegnava a coprire le spese d’affitto. La madre fu felice di questa notizia. Dopotutto, il figlio era ormai adulto e doveva farsi strada da solo, lontano dalla mamma.

Da casa prese solo la tazza preferita della nonna, come ricordo, e qualche veste utile per iniziare. Uscendo con la borsa sulla spalla, Stefano alzò lo sguardo per l’ultima volta verso la finestra della cucina, ancora vuota. La mamma non si affacciò nemmeno per un saluto d’addio. Il taxi lo portò rapidamente alla stazione ferroviaria, e presto si ritrovò sdraiato sulla cuccetta del treno. La mattina seguente il treno arrivò in perfetto orario. Stefano trovò l’ufficio in cui avrebbe lavorato, si mise a posto, e si dedicò a cercare un appartamento tra quelli che aveva individuato online.

Girando per la città sconosciuta con l’ausilio del navigatore sul telefono, notò improvvisamente un palazzo che somigliava incredibilmente al suo. Sembrava che tutti questi edifici fossero simili, ma in quel particolare palazzo vi era qualcosa di familiare, forse perché tutte le finestre erano dipinte di uno strano colore turchese.

Stefano deviò involontariamente dal percorso e si avvicinò a quell’edificio. Desiderava solo sostare lì un momento e ricordare la nonna. Avvicinandosi, alzò lo sguardo verso la finestra dove avrebbe dovuto essere la cucina e si fermò stupefatto. Il suo cuore batteva con forza quando riconobbe il profilo della nonna al quarto piano, alla finestra della cucina.

Inconsciamente, si rese conto che era impossibile, ma il cuore gli gridava: “Fermati! È lei!”. Seguendo istintivamente il suo cuore, si avvicinò di corsa, salì con impeto le scale e suonò il campanello. La porta venne aperta da una ragazza assonnata in vestaglia che lo guardò confusa.

– Chi cerca? – chiese con un tono infastidito.
– La nonna… – rispose Stefano un po’ perso.
– La nonna? – ripeté sorpresa la ragazza. Poi sorrise e gridò verso l’interno dell’appartamento: – Mamma! È per te!

Arrivò una signora sulla cinquantina, anche lei in vestaglia, che osservò il giovane con sconcerto.
– Chi mi cerca? – chiese la donna.
– Mi hai chiamata nonna? – rise la ragazza. – È qui per te.

– Aspettate, – mormorò Stefano. – Non cercavo questa donna… Io… Alla vostra finestra… C’era la mia nonna… Sono sicuro di averla vista lì.
– Ma sei impazzito? – esclamò la ragazza con disprezzo. – Noi viviamo qui sole, non c’è nessuna nonna! Capito?
– Sì, certo… Scusate… Mi sono confuso… – disse Stefano barcollando indietro.

Stava per accasciarsi, ma la donna lo sorresse e lo portò dentro.
– Giovane, ti senti bene? – chiese preoccupata la donna.
– Sì, non vi preoccupate… – mentì Stefano.
– Ma il tuo viso è paonazzo… Vieni, siediti.

La donna lo fece sedere e misurò la pressione. Poi, rivolgendosi alla figlia, disse:
– Vai a prendere il pressometro e la mia borsa in cui tengo le medicine! Svelta!

La figlia eseguì e la donna somministrò a Stefano una puntura.
– Non credo sia necessario chiamare l’ambulanza… – disse Stefano, spaventato.

– Dove alloggiate? – chiese la signora.
– Sono appena arrivato… non ho ancora trovato casa. Qui non conosco nessuno.

– Basta parlare, riposati un momento. – ordinò la donna. – Hai avuto altri episodi come questo?
– No, mai…
– Quanti anni hai?
– Venticinque…
– Hai problemi di cuore?
– No, sono sanissimo.

– Che strano che tu abbia visto la tua nonna… – intervenne la ragazza. – Vado a dare un’occhiata in cucina, così puoi tranquillizzarti.

Poco dopo, V era tornata in soggiorno con in mano una tazza sconosciuta.
– Mamma, cosa è questa?! – chiese stupefatta.

Stefano guardò la tazza e sorrise scioccato.
– Quella è la tazza della mia nonna… Doveva essere dentro la mia borsa…

Assieme controllarono la borsa, ma la tazza non c’era.

Per la madre di V era inspiegabile, ma dopo pochi mesi diventò suocera di Stefano. Un evento davvero misterioso…

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