— Ehi tu! Mascalzone, birbante! Vieni qui immediatamente!!!

— Gino! Accidente di un gatto! Vieni qui subito!!!

Nonna Anna spazzava abitualmente i cocci di una tazza rotta dal pavimento e continuava a rimproverare Gino, sapendo già che non sarebbe apparso fino al mattino successivo. In passato, quando Gino era giovane e ingenuo, correva subito ai richiami della nonna. Ma, dopo aver ricevuto un paio di sculacciate con lo strofinaccio, imparò a diventare più astuto. Ormai capiva dal tono e dai decibel la vera gravità della situazione. Quando era sicuro di poter tornare la sera stessa e quando invece sarebbe stato meglio aspettare due o tre giorni.

Questa volta, mentre inseguiva un topo, fece cadere accidentalmente una tazza lasciata sul tavolo. La volta precedente, aveva rovesciato un pacco di riso, e c’erano stati molti altri piccoli incidenti. Tutto a causa dei malefici topi. Ma nonna Anna continuava a rimproverare Gino, anche se in fondo non era colpa sua. Stava solo facendo il suo lavoro, portando con diligenza alla nonna topi, arvicole e ratti morti in segno di “rapporto”.

Al mattino, svegliandosi e trovando l’ennesimo “rapporto”, nonna Anna si faceva il segno della croce e ricominciava con il suo solito lamento:

— Gino! Accidente! Perché mi porti queste cose nel letto? Ti caccio, maledizione!

E vedendo la tazza rotta, si infuriava ancora di più. Ma, a onor del vero, in pubblico Anna elogiava il suo gatto. Diceva che era un eccellente cacciatore di topi, pulito e affettuoso. Gino si impegnava a non deluderla, proteggendo con zelo il piccolo raccolto della nonna. Altrimenti, i topi avrebbero devastato le patate e le carote della dispensa, e non avrebbero disdegnato nemmeno il riso.

I piatti rotti e gli altri inconvenienti, Gino li considerava inevitabili perdite collateralI.

Quella sera, nonna Anna versò del latte in un piattino e chiamò a lungo il gatto, ma lui era sparito e si rifiutava categoricamente di comparire:

— Micio, micio, dove sei, Gino? Il latte va a male. Beh, fa’ come vuoi…

Nonna Anna decise di cucinarsi delle patate per cena. Aprì la botola della cantina e, sforzandosi, iniziò a scendere i gradini. Curva come un vecchio ramo e strizzando gli occhi quasi ciechi, raggiunse la sezione delle patate. Quando gli occhi si abituarono alla penombra, vide Gino.

Respirava affannosamente. La zampa anteriore destra era gonfia, il doppio delle dimensioni dell’altra. E accanto, sui tuberi di patata, giaceva una grossa vipera morta.

«Signore! — esclamò nonna Anna, immaginando i denti velenosi affondare nella sua mano. La sola idea le fece alzare la pressione e il cuore le batteva furioso. — Ginetto, mio salvatore. Vuoi morire? Aspetta un momento. Tieni duro. Accidenti a te, come faccio senza di te?».

Solleva il gatto, nonna Anna uscì dal seminterrato, prese la borsa e, inveendo, corse dal vicino Marzio.

— Marzio! Marzio! Aiutami! Portami urgentemente in città.

— Che succede, nonna Anna? Perché tanta fretta di notte?

— Devo andare dal veterinario. Una vipera ha morso Gino. Portami, per l’amor del cielo. Poi ti pago per la benzina e il disturbo.

— Arrivo subito, nonna Anna. Avverto mia moglie e partiamo.

Davanti alla clinica veterinaria, nonna Anna scese dall’auto. Continuando a lamentarsi, prese il gatto, che respirava affannosamente come un panno risucchiato, e si affrettò verso la reception.

— Figlia, — si rivolse all’infermiera di turno. — Aiutami, ti prego. Salvate Ginetto, perché non ho nessun altro oltre a lui.

Uno sguardo al povero gatto bastò per diagnosticare il problema.

— Serpente? Quando è stato morso?

— Oggi. Non saprei dire l’ora esatta. L’ho trovato in cantina e sono venuta subito qui.

— Subito sotto flebo.

Portarono via Gino.

Dopo circa venti minuti, il veterinario tornò in sala d’attesa e si rivolse a nonna Anna:

— Procediamo con i documenti. Lei è la padrona? Come si chiama?

— Anna Rossi.

— Come si chiama il gatto? Quanti anni ha?

— Gino, credo che abbia sei anni. Vi prego, salvatelo. Con Gino parlo, guardo la TV, e d’inverno è caldo con lui. Dove lo trovo un altro cacciatore di topi così? Mi ha pure salvato dal serpente.

Nonna Anna scoppiò in lacrime.

— Si calmi. Faremo tutto il possibile. Dovrà lasciare il gatto in clinica per la notte. Torni domattina, vedremo come sta.

— Figlia, dimmi, è costoso?

— Non si preoccupi. Pagherà solo i medicinali. Sono sicura che andrà tutto bene. Ha un gatto forte! Ce la farà.

— E tu come ti chiami?

— Vera Santoro.

— Dio ti benedica, Vera.

In macchina, nonna Anna chiese a Marzio:

— Marzio, puoi portarmi di nuovo qui domani mattina?

— Nonna Anna, domani vado a lavorare alle sette…

— Bene, verrò con te.

— Ma la clinica apre alle nove.

— Non importa, aspetterò.

— Va bene. Domani passo.

Il giorno dopo, Vera, andando al lavoro, vide la sua cliente seduta su una panchina davanti alla clinica. La vecchia signora, speranzosa, le si alzò incontro:

— Come sta il mio piccolo?

— Andiamo a vedere.

Dopo mezz’ora, nonna Anna, stringendo il gatto al petto, si avviava alla fermata del bus, accarezzando Gino sulla testa e dicendo:

— Vedi, Gino, Vera ha detto che tra tre giorni sarai come nuovo. Ti comprerò della panna fresca. E anche della salsiccia. Te lo meriti. Ma devi vivere a lungo, accidenti a te!

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

17 + eleven =

— Ehi tu! Mascalzone, birbante! Vieni qui immediatamente!!!