Non ho dimenticato nulla

“Non ho dimenticato nulla”

«Ultimamente vai sempre in ospedale da tua sorella, corri là ogni giorno con le borse piene», borbottò Andrea guardando la moglie Giulia che rientrava dall’ennesima visita alla clinica. Si sedettero a cena, lui continuò: «Perché questa ossessione? Caterina non è grave, ha il marito, i figli, la nuora… C’è forse un dottore affascinante che ti fa fare tutti questi giri?»

«Ma che sciocchezze dici!» lo rimbeccò Giulia. «Tra l’altro, il medico di Caterina è una donna. La tua teoria è già sfumata.»

Andrea scosse la testa: «Davvero, non capisco. Ti alzi alle sei per preparare brodi e spremute, dopo il lavoro voli a casa, prepari la borsa e corri da lei. Ti stai sfiancando, hai le occhiaie…»

«Va bene, ti spiego», sospirò Giulia sparecchiando. «Faccio il tè e parliamo.»

«Finalmente», sussurrò lui.

***

Diciassettenne, Giulia Rossetti lasciò il paesino montano in Calabria per studiare a Milano. I genitori, commercianti, non potevano mantenerla all’università, ma lei riuscì a entrare in un istituto tecnico giuridico. Determinata a non tornare tra i vigneti dove l’unico futuro era fare la cassiera come la madre, sognava il diploma e un lavoro in città.

Al liceo aveva frequentato Vittorio, ragazzo semplice che preferiva la vita rurale. Lui, ora impiegato in un’azienda vinicola, si era sposato con Elena, compaesana innamorata da anni. Giulia, invece, trovò una stanza nella residenza universitaria e studiò con dedizione, vivendo con la modesta borsa di studio e i soldi inviati dai genitori.

Quel giorno d’autunno le rimase impresso: tornava in autobus dalla biblioteca dopo aver studiato diritto civile. L’ora di punta trasformò il mezzo in una scatola di sardine. Quando scese, scoprì la borsa tagliata. Sudore freddo: il portafoglio era sparito.

Tragedia. Quel giorno aveva ritirato la borsa di studio e i 200 euro dei genitori, unica risorsa dopo che il padre le aveva confessato i ritardi nello stipendio. Ora, niente. Cibo in camera: margarina, due cipolle, tè, pasta. Come sopravvivere un mese?

«Perché piangi?» chiese Silvia, la coinquilina. Giulia raccontò.

«Colpa tua», commentò Silvia. «Chi porta tutti i soldi in giro? Dovevi nasconderli nel reggiseno. Sei una gallina senza cervello, però carina. Voglio presentarti un uomo facoltoso… in cambio di compagnia.»

Giulia rabbrividì: «No, grazie.»

«Allora chiedi ai genitori.»

«Non posso. Papà è in difficoltà.»

Silvia scrollò le spalle: «Io ho speso tutto in vestiti. Rifletti: quando si ha fame, i principi volano via.»

Giulia si girò verso il muro, lacrime silenziose sul cuscino. Dormì sfibrata, sognando soluzioni impossibili.

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