Cognata con sorriso rosa: sfrutta la nostra fiducia in attesa dell’eredità.

La nostra nuora è una predatrice con un sorriso rosa. Aspetta la nostra morte per accaparrarsi l’appartamento.

Credetemi, mi pesa scrivere queste parole. Non perché voglia parlare male di qualcuno della famiglia, ma perché non capisco come si sia arrivati a questo punto: seduta in cucina, stringendo al petto il mio vecchio cuscino ricamato, sussurro a mio marito che, probabilmente, lasceremo l’appartamento… alla chiesa. Sì, non avete sentito male, non a nostro figlio, non ai nipoti, ma alla parrocchia. Perché altrimenti questa casa, che abbiamo costruito con le nostre mani, finirà nelle mani di una donna che è entrata nella nostra vita come un ladro nella notte: in silenzio, sicura e con un piano già stabilito.

Mi chiamo Vera Alessia, ho 67 anni e vivo con mio marito nel centro di Roma in un ampio trilocale che abbiamo comprato 22 anni fa. Allora vendemmo la casa in campagna, mettemmo da parte gli ultimi risparmi e facemmo un prestito: ogni metro di questo appartamento è impregnato di sudore, paure e speranze. Abbiamo cresciuto nostro figlio sognando che un giorno avrebbe portato a casa una sposa gentile, intelligente e affidabile. Una donna che non sarebbe entrata solo in casa nostra, ma anche nei nostri cuori. Ma è andata diversamente.

Cinque anni fa, il nostro unico figlio Stefano ci presentò per la prima volta Chiara. Avevo subito la sensazione che quella ragazza fosse un’estranea. Non per carattere, né per gusto o sguardo. Ma in essenza. Non si integrava. Semplice, rumorosa, con un sorriso altezzoso. Ma soprattutto, gli occhi. Non vi era rispetto, né sincerità. Solo calcolo e una falsa gentilezza.

Stefano, come ipnotizzato, ascoltava ogni sua parola. Parlava e lui era incantato. Propose di sposarsi e corse verso l’anagrafe. Ai miei avvertimenti che era presto e che avrebbero dovuto conoscersi meglio, si offese. Disse che era innamorato. E io… io tacqui. Non volevo perdere mio figlio.

Dopo il matrimonio, presero in affitto un appartamento. Non ci immischiammo, aiutavamo come potevamo, con soldi, prodotti, regali. Ma a ogni visita, Chiara si permetteva sempre di più. Rimproveri, scherni, allusioni. E il mio Stefano? Sedeva e sorrideva, come se davvero credesse che sua moglie fosse perfetta.

E lo scorso Natale accadde ciò che ancora oggi mi lascia un nodo in gola. Li invitammo a cena. Preparai i piatti preferiti di Stefano: anatra alle mele, insalata russa, focaccine fatte in casa. Volevo che si sentissero a casa. Durante la cena, quasi casualmente, dissi:
— Forse dovreste pensare a una vostra casa? Finché siete giovani, potete fare un mutuo. Vi aiuteremo.

Chiara, senza nemmeno scomporsi, rispose:
— E perché? Avete già l’appartamento. Tanto ci toccherà comunque.

Dentro di me tutto si è spezzato. Come un coltello freddo che passa nel cuore. La guardavo, e davanti agli occhi avevo non una nuora, non la futura madre dei miei nipoti, ma uno squalo con il rossetto. E la cosa più terribile era che Stefano non disse nulla. Neanche una parola! Si limitò a fare spallucce e a ridere.

Dopo la loro partenza, rimasi a lungo in cucina con Boris, mio marito. Lui, di solito calmo e riservato, per la prima volta in vita sua disse:
— Così non va. Non dobbiamo loro nulla.

E allora parlammo per la prima volta di fare testamento. Decidemmo: se continuerà così, l’appartamento andrà alla parrocchia accanto alla quale abbiamo vissuto quasi tutta la vita. Non perché siamo cattivi. Ma perché non vogliamo che un posto in cui abbiamo messo l’anima finisca a una donna che ha un calcolatore al posto del cuore.

Abbiamo sempre sognato di lasciare a nostro figlio una casa dove si sarebbe sentita la risata dei nipoti, dove si sarebbero conservate le tradizioni familiari. Ma non a questo prezzo.

Penso: dovrei dire tutto a Stefano? Ma se lo dico, distruggo i rapporti. E se non lo dico, mi troverò ogni giorno ad aspettare che Chiara si sfregoli le mani in attesa della nostra scomparsa. Mi pesa, sono amareggiata.

Spero solo in un miracolo, che lui apra gli occhi. Che capisca come lo stanno manipolando. Ma ogni giorno, questa speranza svanisce. È come un ragazzo incantato da una donna adulta. E lei… lo manovra a suo piacimento.

Forse qualcuno di voi è stato in una situazione simile? Forse potreste suggerirmi cosa fare? Perché è straziante vedere come tuo figlio si trasformi nell’ombra di se stesso… per chi aspetta che i tuoi occhi si chiudano, non per dolore, ma per liberarle la strada verso l’“eredità”.

Vi prego, datemi un consiglio. Finché non è troppo tardi. Finché siamo vivi.

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