Umiliato per le origini, ma l’ipocrisia viene dalla stessa terra.

Cresciuta in un paesino della Calabria, ho imparato fin da piccola il valore della terra e della fatica. La nostra famiglia non era ricca, ma dignitosa. Coltivare l’orto, raccogliere pomodori e basilico, era per me una terapia dell’anima. Quando mi sono sposata, ho insistito: «Dobbiamo avere un pezzo di terra, anche piccolo».

Mio marito, Luca, inizialmente scettico, cedette vedendo la mia passione. Comprammo una casetta con un ettaro vicino L’Aquila, in Abruzzo. Ma i suoceri, soprattutto Donatella, la madre di lui, mi guardavano come fossi una relicta. «Ancora con le tue zucchine? Sembri una contadina degli anni ’50», sbuffava, osservando le mie conserve. «Mio figlio ha studiato a Milano, non per finire a scavare come un bifolco!».

Serravo i denti, senza capire tanta cattiveria. Finché scoprii la verità: Donatella e suo marito Claudio venivano da paesini sperduti—lei da un borgo vicino Campobasso, lui dalla Basilicata. I loro genitori vivevano ancora in case di pietra, con galline e ulivi. Loro, trasferitisi a Roma da giovani, avevano seppellito le origini come un segreto vergognoso.

«Il tuo salotto sembra una stalla!», criticava Donatella, indicando i miei vasi di ceramica e le foto di famiglia. «Noi preferiamo il design essenziale, niente pacchianate». Io sorridevo: preferivo il calore dei ricordi al gelo del minimalismo.

Un giorno, dopo un commento velenoso sulla mia crostata di ribes, esplosi: «C’è un detto qui da noi: puoi portare la donna fuori dalla campagna, ma non la campagna dalla donna. Non parlavo di me, Donatella. Parlavo di te».

La sua guancia tremò. Tentò di ridere: «Che insolenza!».
«Io della mia terra ne vado fiera. Tu la nascondi. Questa è la differenza», replicai.

Da allora, silenzio. Non più insulti, solo sguardi evitati. A Natale, accettò persino un barattolo di mie conserve.

Non serbo rancore, ma mi duole: come si può disprezzare ciò che si è stati? Le radici non sono vergogna. Lavorare la terra non è indegno.

Sono una donna che ama il sapore della terra sotto le unghie, il profumo del rosmarino al sole. La mia casa è viva, piena di storie. Quelle case «moderne»? Senza anima, senza calore. Il mio cuore, invece, sa dove appartiene. E non scorderà mai.

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Umiliato per le origini, ma l’ipocrisia viene dalla stessa terra.