«Ho ospitato mio figlio con la sua famiglia, ma ora vivo in affitto mentre l’ex nuora vive nella mia casa con un altro uomo…»

«Ho lasciato che mio figlio e la sua famiglia venissero a vivere da me. Ora io vivo in affitto, mentre nel mio appartamento vive la mia ex nuora con un altro uomo…»

All’ultima riunione, il direttore non ha nemmeno fatto finta: «Ho solo due consigli: cercatevi un altro lavoro, oppure pregate per un miracolo», ha raccontato Uliana, lasciando cadere la borsa accanto alla scrivania con un sospiro stanco. «Capisco tutto… ma dove si trova un lavoro adesso?»

Entrò in ufficio con la faccia dura. Dentro di lei, tutto si stringeva dall’ansia. L’azienda stava affondando, era ovvio, ma sperava ancora che in qualche modo ce l’avrebbero fatta. E invece, quella frase era stata una sentenza. Per Uliana, il lavoro era necessario come l’aria: due figli, zero alimenti, genitori anziani che avevano più bisogno di aiuto che di darne.

Mandava curriculum a raffica, chiamava conoscenti, passava notti a cercare annunci. A volte rideva con i colleghi: «I nostri pensieri al lavoro sono solo su dove trovarne un altro». Alcuni già si erano sistemati, altri erano finiti nel nulla.

«Se ti va stretta, vieni al supermercato», le disse un’amica dell’altro reparto. «Lo stipendio è decente, gli orari flessibili. Ti faccio raccomandare.»

Prima, proposte del genere la facevano rabbrividire. Adesso… era pur sempre un’opzione. Qualcosa.

Un singhiozzo interruppe i suoi pensieri. Si girò: alla finestra c’era Tamara Igorevna, la contabile con trent’anni di esperienza, anziana, riservata, che mai si lamentava.

«Tamara Igorevna, cosa c’è?» Uliana si alzò di scatto. «È per i licenziamenti? Ma lei è già in pensione, non ha di che preoccuparsi. Facciamo un tè, ho ancora dei panzerotti. Parliamo un po’.»

«Pare che il mio riposo sarà sotto un ponte», sospirò l’anziana con amarezza.

«Come sotto un ponte? Lei ha un appartamento, suo figlio è grande, non vive con lui…»

«L’appartamento c’è, ma non è più mio. Ora pago un affitto. Cinquecento euro al mese, e mi è andata bene.»

Emerse che Tamara Igorevna aveva un bilocale, che aveva condiviso con il figlio vent’anni prima. Dopo il matrimonio, li aveva ospitati. Poi… tutto era precipitato. La nuora era rimasta incinta, l’avevano registrata lì, poi il bambino. La suocera sopportava litigi, urla. Il figlio scappava dagli amici. Dicevano fossero gli ormoni, la crisi di coppia.

Un anno dopo, un altro bambino.

«Non ce l’ho fatta più. Me ne sono andata», sussurrò. «Ho preso un monolocale. Pensavo fosse temporaneo.»

Ma il “temporaneo” durò anni. A Capodanno, tornò con i regali e vide la lista dei morosi nell’ingresso. Per il suo appartamento. Il debito: oltre settemila euro.

«Perché dobbiamo pagare noi?» aveva detto la nuora. «L’appartamento è vostro, pagate voi!»

Il figlio aveva alzato le spalle. «Non ho soldi», disse. Tamara Igorevna diede tutti i suoi risparmi, firmò un accordo: avrebbe ripagato il debito in quattro anni.

«Non mi sono mai lamentata…», disse voltandosi verso la finestra. «Chiamavo solo, chiedevo dei nipotini. Lui diceva: “Tutto bene”. Poi incontrai una vicina. Mi disse che mio figlio aveva divorziato. Un anno prima. E nell’appartamento c’era la nuora con un altro uomo. Di nuovo incinta.»

«E lui?»

«Disse: “Ho una nuova famiglia. Loro hanno bambini, non posso buttarli fuori”. Eh, già. Non può. Ma sua madre, sì.»

Ora Tamara Igorevna paga le bollette di una casa dove non vive più. La ex nuora e il suo nuovo compagno ci stanno comodi, mentre lei saltella tra lavoro e una stanza squallida. La pensione basta a malapena per medicine e affitto. Risparmi: zero. Aiuto: nessuno.

«Capisco che non riescano a trasferirsi… ma perché devo essere io in strada, mentre loro vivono nella mia casa?» La sua voce tremava. «Perché mio figlio non è stato dalla mia parte?»

Uliana ascoltava, senza parole. Cosa si può dire quando una madre diventa un peso per il proprio figlio?

«Ha… provato con un avvocato?» chiese cautamente.

«A che pro? Lei è registrata lì. E i bambini? Un giudice caccerebbe una madre con figli? Il debito è mio. Non è un reato. Tutto legale.»

E in quella frase c’era tutta la tragedia. Tutto “legale”, ma niente giusto.

Quella notte, Uliana non riuscì a dormire. Le tornava in mente Tamara Igorevna curva, e le sue parole: «Vorrei solo vivere da persona, una volta».

Dov’è il confine tra famiglia e tradimento? Quando un figlio decide che sua madre è solo una donna anziana che “sopporterà tutto”?

Forse quando smettiamo di chiamare? Di chiedere, di interessarci? O quando ci conviene credere che i genitori “stiano bene”, finché non ci danno fastidio?

Tamara Igorevna ora paga non solo per un appartamento. Paga per la fiducia, per la generosità, per aver voluto aiutare. E resta una domanda:

Cosa resta a una madre che ha dato tutto, e si ritrova con niente? **A volte, l’amore più grande diventa la ferita più profonda.**

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