Come mi sono liberata della suocera con astuzia e ho ritrovato la serenità

Ecco come mi sono liberata con astuzia della suocera e ho ritrovato la mia pace

Cinque mesi fa, nella nostra famiglia è accaduto un miracolo tanto atteso: è nato nostro figlio Matteo. Per me e mio marito Alessandro è stato uno dei giorni più felici della nostra vita. Ci eravamo preparati alla sua nascita leggendo libri, guardando video educativi, e quando è arrivato, anche se non è stato facile, cercavamo di cavarcela da soli. Ale mi aiutava in tutto: mi dava il cambio di notte, lavava i biberon, cullava il piccolo. Lavoravamo in sintonia, come una vera squadra.

Ma tutto è durato fino al momento in cui nella nostra casa è comparsa… sua madre. Due mesi fa, mia suocera — Maria Giovanna — è arrivata per “aiutarci”. Senza preavviso. Senza invito. Con le valigie e un’aria trionfante, come se ci stesse salvando da un disastro imminente.

“Resto per un po’!” ha annunciato sulla soglia.

All’inizio ho pensato: va bene, forse ci darà una mano. Ma mi sbagliavo. La vita è diventata un turbine infinito di critiche, controllo e mancanza di tatto. Nessun momento di pace. Ogni mia mossa era seguita da un commento:

“Ma che gli hai messo? Si raffredderà!”
“Hai dimenticato di dargli l’acqua di finocchio?”
“Ai nostri tempi i bambini li crescevamo diversamente, ecco perché adesso sono tutti così deboli…”

Ho provato a suggerirle delicatamente che forse era il caso di tornare a casa sua, che aveva un marito, impegni… Ma Maria Giovanna ha fatto orecchie da mercante.

“Giuseppe se la caverà! Voi avete più bisogno di me!” rideva, versandosi il tè e dandomi ordini.

Prima ho sopportato. Poi mi sono arrabbiata. Poi ho pianto di notte. E poi ho capito: non se ne sarebbe andata così facilmente. Così ho deciso di agire.

La mattina dopo mi sono avvicinata a lei con il sorriso più dolce:

“Maria Giovanna, ho pensato… tornerò a lavorare. Solo part-time, però. Visto che siete qui con noi, potreste occuparvi di Matteo mentre sono in ufficio? Solo sei ore al giorno…”

Il sorriso è svanito dal suo volto.

“Da sola? Con un neonato?” ha chiesto, spaventata.

“Beh, chi se non voi? Avete detto che volevate aiutarci, no? Ecco l’occasione di dimostrarlo! Sarete bravissima. Io mi svago un po’ e guadagno qualcosa. Dobbiamo fare dei lavori in casa, lo dice anche Ale.”

Quando mio marito è tornato dal lavoro, come speravo, la suocera è corsa da lui a lamentarsi. Ma Ale… mi ha appoggiata!

“Mamma, è una splendida idea! Francesca ha bisogno di respirare. Hai offerto il tuo aiuto, ora dimostralo. Sappiamo che sei capace!”

Maria Giovanna era sconcertata. Ma non ha protestato.

Il giorno dopo sono “andata” al lavoro. In realtà, sono andata da un’amica. A volte al parco, a volte a fare shopping. Ma ogni volta tornavo a casa stanca, con gli occhi cerchiati e ringraziandola:

“Grazie, Maria Giovanna, senza di voi non ce l’avrei fatta…”

Nel frattempo, mi assicuravo che non si rilassasse troppo. La cena non pronta?

“Tranquilla, sono stanca, penso io a qualcosa… ma domani potreste provare voi? Tanto siete a casa tutto il giorno…”

E nei weekend, cinema, caffè, passeggiate solo io e Ale. Mentre Maria Giovanna era col bambino. Con i pannolini, le coliche, i biberon e i sonagli.

È passata una settimana. Poi due.

E una sera Maria Giovanna ha annunciato:

“Scusate, ragazzi, ma Giuseppe da solo non ce la fa. La casa è allo sfascio. Devo tornare.”

“Ma davvero?” ho detto con falsa tristezza. “Contavamo su di voi… Ma se proprio dovete…”

Entro un giorno ha fatto le valigie ed è partita. E io… ho respirato di nuovo.

La casa si è riempita di pace e serenità. Sono tornata a prendermi cura di mio figlio. Ale era al mio fianco, eravamo di nuovo una famiglia, non ostaggi di un “aiuto” imposto. E sapete una cosa? Non mi pento affatto del mio “piano astuto”. Perché a volte una donna deve difendere non solo sé stessa, ma anche la sua tranquillità.

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