Un vecchio scapolo sereno nella sua solitudine.

Gianni era un vecchio scapolo. Viveva la sua vita, e la solitudine non lo opprimeva. Lavorava come un mulo, e amava il suo lavoro. Era abituato a fare tutto con precisione, perché tutto fosse in ordine. Eppure, nonostante avesse incontrato tante donne, quella perfetta non l’aveva ancora trovata.

Quell’anno, alla fine di luglio, Gianni decise di prendersi una vacanza al sud. Era stanco morto e voleva allontanarsi dalla civiltà per un po’. Aprì il computer e pubblicò un annuncio.

Rispose una donna con due figli, abitante di un paesino del meridione. Il mare era a venti minuti a piedi, ma il posto era lontano dalle località turistiche e dalle città: una stanza privata e, se avesse portato la spesa, avrebbero cucinato per lui gratis, cose fatte in casa. Insomma, si lasciò convincere.

Arrivò senza problemi, il navigatore non lo tradì. La casa era vecchia ma pulita, la camera accogliente e la padrona di casa gentile. In cortile correva un cagnolino, un volpino di Pomerania. Nell’orto maturava la frutta, e i due bambini, un maschietto e una femminuccia di nove o dieci anni, si davano da fare con le faccende. La padrona non lo infastidiva, gli chiedeva cosa volesse mangiare, lo riempiva di fragole e gli sorrideva dolcemente.

Gianni passava intere giornate al mare: nuotava, scalava le rocce, scattava foto e scriveva a un vecchio amico su Facebook. A volte si chiedeva come mai una donna di cinquant’anni avesse figli così piccoli. Ci pensò, ci pensò, e alla fine chiese.

«Anna Maria, questi sono i tuoi nipoti?»
«No», rispose lei, «sono mio figlio e mia figlia, solo che li ho avuti tardi. Il matrimonio non è mai arrivato, così ho deciso di avere dei bambini lo stesso. E poi, non sono così vecchia, ho solo quarantotto anni.»

Mentre parlavano, Gianni osservò meglio la padrona di casa: era piacevole, dolce, sempre sorridente. E quel nome gli piaceva. Anna Maria, come sua mamma. E da lei emanava un profumo di fragole e burro fresco. Il vino giovane era buono, le serate un po’ fresche e il cielo stellato. Nessuno dei due faceva storie, ormai erano adulti. Di giorno si comportavano normalmente, e di notte Gianni sgattaiolava nella stanza di Anna Maria. Poi tornava nella sua, zitto zitto. I bambini non dovevano svegliarsi.

Il cagnolino non abbaiava mai contro Gianni, lo guardava con aria furbetta, come se capisse. Buona bestiola, frugale: mangiava un paio di cucchiai di cibo, ma sorvegliava il cortile con dedizione. La chiamavano Lulù.

E Lulù cominciò ad accompagnare Gianni al mare, nuotava pure lei, poi usciva, si scuoteva, si asciugava al sole e correva a casa prima di lui. Lui la seguiva.

Ma un giorno Lulù non si presentò. Gianni si mise a cercarla, la chiamò, gridò, scrisse una decina di annunci e andò in giro ad attaccarli. Dove era finito quel cagnolino? Nessuno lo sapeva. Una vicina anziana gli disse che forse l’avevano portata via quelli che affittavano casa dall’altra parte del paese.

Gianni ci andò. Arrivò e gli dissero che se n’erano andati un’ora prima, con un cagnolino, in direzione della statale. Gianni tornò indietro, salì in macchina e partì a tutta birra. Li raggiunse dopo ottanta chilometri e gli tagliò la strada.

Dal SUV scesero due ragazze, giovani e sfacciate.
«Ehi, sposta quella macchina! Non sai guidare? Chiamiamo la polizia!»
«Chiamatela», rispose Gianni, «ma prima restituitemi il cane.»
«Ma ti pare, hai proprio la faccia tosta!» rise quella più alta. «È un randagio, lo stiamo salvando noi.»
«Non è un randagio», ribatté Gianni. «Ha una famiglia. Non è vostro.»
«Vattene!» strillò l’altra. «Se non ti sposti, ti rompiamo i vetri!»

Gianli le oltrepassò e chiamò: «Lulù! Lulù!» Il cagnolino abbaiò e cominciò a saltare sui sedili, cercando di infilarsi nel finestrino socchiuso. Le ragazze gli afferrarono le braccia, imprecarono e cercarono di prenderlo a pugni. Gianni non sapeva cosa fare, era confuso: mica poteva picchiare delle donne.

A salvarlo arrivò un vigile urbano, grasso, sudato e ansimante. Mentre si tappava le orecchie dalle urla delle ragazze, il tenente prese Lulù in braccio.
«Basta così. A chi va il cane, quello lo tiene. Tanto nessuno ha i documenti.»

«Briciola! Pucciotto!» si agitavano le ragazze, tirando fuori del salame. «Vieni qui, torna in macchina!»
«Andiamo a casa, Lulù», disse Gianni.

Il vigile posò il cane a terra. Lulù corse da Gianni, scodinzolando e abbaiando forte.
«Ecco, problema risolto», sbuffò il vigile.

«No, il cane è nostro!» urlavano le ragazze. «Non avete il diritto di portarcelo via! Parleremo con i vostri superiori! L’abbiamo salvato dal randagismo!»

Il vigile diventò paonazzo.
«Sentite, salvatrici. O ve ne andate per le buone, o vi controllo assicurazione, estintore, triangolo, kit di pronto soccorso. E controllerò pure tutte le pastiglie dentro. La macchina è sporca. E poi la devo controllare per vedere se è rubata. Il database è solo in caserma…»

Il SUV sparì in un lampo.
Gianni strinse la mano al vigile.
«Grazie, agente.»
«Figurati. Anch’io ho un cagnolino così. Un fifone, un furbacchione. D’inverno va in giro col giubbottino, che freddoloso. È una buona razza, fedele. E comoda per le dimensioni. Buona fortuna. Non infrangete il codice.»

Gianni risalì in macchina, Lulù si accucciò sulle sue ginocchia, piccola, calda, il pelo vellutato. Si sentì bene, da tempo non era così sereno. La strada era liscia, la macchina rombava piano e Lulù era adorabile.

E in quel benessere, all’improvviso, gli venne una stretta al cuore: tra poco sarebbe dovuto ripartire. Nell’appartamento vuoto non lo aspettava nessuno. Gli passò per la mente l’idea di fare retromarcia e portarsi via Lulù. Cosa gli importava di quelle poche cose, un paio di magliette, la biancheria e una tuta? L’idea gli sfiorò la mente. La annotò, sospirò e tornò da Anna Maria.

L’ultima settimana fu piovosa, ma Gianni andò lo stesso al mare. E Lulù con lui. Di notte sgattaiolava nella stanza di Anna Maria, e al mattino si sentiva sempre più triste.

Il giorno della partenza era soleggiato. Gianni aveva preparato le valigie la sera prima. Regalò qualcosa ad Anna Maria, si congedò, le lasciò il suo numero e si mise al volante. Accelerò piano, pensando che la vacanza era finita, e con lei la storia d’amore. Era ora di tornare alla solita vita.

Era già uscito dalla strada sterrata e si era immesso sull’asfalto, quando si accorse che Lulù correva dietro la macchinaGianni frenò di colpo, il cuore gli batteva forte mentre apriva la portiera e Lulù saltò dentro, scodinzolando come se sapesse che, questa volta, non sarebbero più tornati indietro.

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