“Figli miei mi vietano di risposarmi…” La storia di una donna in bilico tra passato e futuro
Mi chiamo Claudia e ho quarantaquattro anni. Mai avrei immaginato di ritrovarmi in una simile trappola emotiva. Ho vissuto quasi tutta la mia vita accanto a un solo uomo, mio marito, padre dei miei figli, mio compagno, mia roccia. Insieme da oltre vent’anni. Un anno fa è morto all’improvviso. Un infarto. Se n’è andato senza un addio, lasciando la casa vuota e un buco gelido nell’anima.
Abbiamo due figli. Luca, al terzo anno di università, già uomo, intelligente e razionale. Alice, appena diplomata, ora matricola universitaria, ancora così giovane e fragile. Sono il mio orgoglio, il mio mondo. Ma… per loro sono solo una madre. Una vedova.
Due mesi fa è entrato nella mia vita Davide. Un incontro casuale, a una mostra d’arte, dove ero andata solo per non impazzire di solitudine. Si è rivelato gentile, premuroso, un vero uomo. Senza pressioni, senza pretese, semplicemente presente. Abbiamo cominciato a vederci, prima passeggiate, poi cene, conversazioni fino a tardi. Nei suoi occhi ho ritrovato me stessa, donna. Viva. Desiderata. Amata.
Qualche giorno fa mi ha chiesto di sposarlo. Semplice, diretto: «Claudia, sii mia moglie. Ricominciamo da zero. Insieme». Ho pianto. Non di tristezza, ma di paura. Sapevo già cosa avrebbero detto i miei figli.
Ho aspettato, raccolto il coraggio, e alla fine ho parlato. Ci siamo seduti a tavola, come quando annunciavo loro una gravidanza, insegnavo a legarsi le scarpe, li accompagnavo al primo giorno di scuola. Ma questa volta era diverso.
«C’è una persona…» ho sussurrato. «Si chiama Davide. Stiamo insieme. E mi ha chiesto di sposarlo.»
Quello che è seguito non era un grido, ma un uragano. Rabbia, dolore, stupore.
«Quindi hai già dimenticato papà?!» ha urlato Alice, gli occhi pieni di lacrime.
«Vuoi portare a casa un estraneo?!» ha sbottato Luca. «Hai tradito papà!»
Mi guardavano come fossi un’estranea. Ho cercato di spiegare: non ho dimenticato. Ricordo ogni ruga del suo viso, la voce, la risata, il sapore del dopobarba. Ma lui se n’è andato, figli miei. E non posso riportarlo indietro, per quanto lo voglia. Io respiro. Vivo. E voglio stare accanto a qualcuno che mi fa sentire il cuore battere di nuovo.
Non mi hanno ascoltata.
Ora sono sospesa nel vuoto. Se sposo Davide, perderò i miei figli. Smetteranno di parlarmi, spariranno. Se rifiuto lui, resterò sola. Perché i figli non sono per sempre. Oggi sono qui, domani avranno le loro vite, le loro famiglie. E io? Sarò solo “la mamma che aspetta sola in un appartamento silenzioso”.
Ho detto a Davide: «Dammi tempo. Forse capiranno». Ha annuito. Mi ha abbracciato. Ha detto che aspetterà. Ma non so quanto durerà la sua pazienza. E ne ha tutto il diritto. Lui non condivide i miei ricordi, il mio dolore, i miei figli. Vuole solo amarmi. E non è un crimine.
Il dolore più grande per i miei figli è che non vedono in me una persona viva. Ho vissuto con onestà. Moglie fedele, madre devota. Non ho tradito, non ho abbandonato. Perché ora, se desidero essere felice, devo chiedere scusa?
Non li biasimo. So che hanno paura. Temono che Davide cancelli il ricordo di loro padre. Ma non accadrà. Lui resterà con noi, nelle foto, nei racconti, nella memoria. Ma io… io sono qui. Viva.
A volte, la sera, mi siedo alla finestra e guardo la città, dove ogni luce nasconde una storia. C’è chi si innamora, chi si sposa, chi mette al mondo figli. E chi semplicemente… vive. Anch’io voglio vivere. Non sopravvivere. Non esistere. Vivere.
Non so ancora cosa deciderò. Ma so che non sono una criminale. Sono una donna. E ho diritto alla felicità.